mi salutasti – per entrar nel buio.
E. Montale
PISTOIA. Un anno fa scompariva Antonio Nardi. Se ne andava in punta
di piedi, com’era suo costume.
Pe ricordarne il modo, l’unica
espressione possibile in una lingua che Antonio conosceva bene e che resta e
resterà sempre una chiave di accesso al sapere, il latino, dovremmo dire obdormivit
in Domino, si addormentò fra le braccia del Signore.
La sua vita e il suo silenzio, il suo riuscire
a starsene nell’angolo ad ascoltare e a riflettere in disparte, per poi,
magari, esplodere in una sua nota acuta e analisi definitiva, sono sempre state
le caratteristiche che io ho apprezzato di più.
Eravamo amici anche per questo,
oltreché per molti altri aspetti e interessi, pure in una diversità che non ci
faceva per niente assomigliare.
In questo anno di silenzio, quello che
mi è pesato di più è stato, appunto, il silenzio fisico di Antonio.
L’altro no: quello spirituale non c’è
stato, perché spessissimo, di settimana in settimana, si è fatto sentire il
vuoto fin troppo loquace di chi, per un caffè, camminava con me nelle viuzze
oscure e muffite di Pistoia.
A tempo buono la nostra camminata
prevedeva una sosta alla piazzetta dinanzi al Manzoni e una passata fino in
piazza San Francesco. Altrimenti il giro era più modesto e breve: sulla Sala.
È un anno che Antonio se n’è andato.
A primavera del 2012 parlava di pensione.
E allora cominciai a chiedergli di iniziare a scrivere con me, su questo blog
libero.
Rideva. Mi rispose di no dicendo che,
se avesse scritto con me, alla fine avremmo litigato.
Ovviamente scherzava.
Poi decise di restare ancora in
servizio perché a palazzo glielo avevano chiesto. Ma alla fine era certo che,
appena pensionato, gli avrei dato carta bianca per condividere i pensieri su
questo sito garibaldino. E l’idea non gli dispiaceva affatto.
Questo silenzio fisico di un anno e
questo dialogo muto, nel cervello e nel cuore, con Antonio – un dialogo che condivido con amici e colleghi di lui –, stamattina pesa ancora di più in un anniversario che
nessuno si sarebbe mai messo in testa di dover segnare o rammentare.
Lo rammento nel nostro ultimo dialogo,
al momento in cui mi salutò per andarsene verso casa, camminando a testa china
sotto una pioggerellina leggera leggera.
E voglio ricordarlo per la moglie, la figlia
e il figlio.
Perché sappiano che Antonio non è vivo
soltanto nel loro cuore.
e.b.
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[Giovedì 21 novembre 2013 | 08:21 - © Quarrata/news]
ANDREA BETTI SCRIVE
RispondiEliminaC’è chi parla di libertà... Antonio era la voce della libertà in questa Tristoia di conservatori.
Grazie, Antonio, per il tempo che mi hai dedicato.
Andrea Betti