di LUIGI SCARDIGLI
Un Filippo Timi spaziale incanta il teatro Manzoni
PISTOIA. Somiglia vagamente Jean Maria Volonté, Filippo Timi, tanto
che potrebbe indossare gli abiti del Gringo
in un remake leoniano. E anche un po’
Javier Bardem e per questo potrebbe essere un altro serial killer in un
qualsiasi paese non adatto ai vecchi. Di sicuro ha studiato Carmelo Bene,
Vittorio Gassmann e Demetrio Stratos, deve essere amico di Alessandro
Bergonzoni, stimatore di Roberto Benigni e, oltre ogni ragionevole
contraddizione, è davvero una delle cose nuove del teatro italiano che merita
seguire da vicino.
Ieri sera, al Teatro di Pistoia, nella
prima delle tre rappresentazioni del Don
Giovanni, ha letteralmente sconvolto, otre che i piani sintattici dell’opera,
anche e soprattutto la leggera consuetudine di ridere del popolo manzoniano,
aprendo finalmente e, mettendola sarcasticamente alla berlina, la scatola dei
luoghi comuni. Senza però fare il minimo torto alla storia: è sufficiente
ricontestualizzare gli avvenimenti, così come Caetano Veloso sostiene per la
musica che basti rileggerla, visto che è già stata scritta tutta. Non a caso,
il sottotitolo dell’opera, da lui diretta e interpretata in compagnia di uno
stuolo di comprimari eccellenti, recita vivere
è un abuso, mai un diritto, un’apparente minima che è una indiscutibile
massima e che incarna, con spietatezza, il lento incedere esistenziale, ricco
di menzogne e paure, timori e ritorsioni, macigni dai quali è opportuno
liberarsi riconoscendo le nostre voglie e, possibilmente, consumandole fino in
fondo.
Certo, Filippo Timi se lo può
permettere, visto e considerato che lui è davvero un dongiovanni, ulteriormente istigato ad esagerare, a delinquere,
soprattutto alla luce del consulto medico che ha avuto in adolescenza - ma
forse si è trattato solo di una vecchia cartomante rom -, che gli ha predetto
un’improvvisa interruzione fulminante. Filippo Timi ha così deciso di spingere
fino in fondo il piede sull’acceleratore, portando con sé l’umanità tutta e
concedendo a questa l’impagabile opportunità di non pentirsi. Le sue preghiere
sono quanto di più commovente si possa laicamente imprecare; il suo rosario è
una sfilza di irriverenze e surrealismi, perché, sempre da bambino, una maga o
chissà, una fata, devono avergli portato in dono, la notte di un Natale, un
invisibile tapis roulant con il quale lui riesce a fare continuamente avanti e
indietro tra il camerino e la strada, passando, naturalmente, dal palcoscenico,
senza il minimo sforzo, dove porta se stesso e la sua vita, che è, senza meno,
una reincarnazione filosofica di un pensatore debole, ma sicuro, delle proprie
illazioni.
Per questo, a Ridi pagliaccio, si può tranquillamente abbinare un pezzo dub, passare dalla rapsodia boema dei
Queen e concedere l’onore della chiusa alla retorica di Renato Zero. Anche
perché, Filippo Timi, sa cantare, e a cappella, ballare, bene, alla stregua di
uno dei tanti impasticcati della
riviera romagnola il sabato sera, senza distinzione di sesso, età, piaceri.
Così come ha scarnificato prima l’Amleto
e poi Giulietta e Romeo, ora il
talento umbro si è messo all’anima di sberlinare
e sverniciare, lungo la statale
Romea, possibilmente di notte e con gli autovelox fuori uso, addirittura Mozart
o Strauss, scegliete voi, per dare al suo dongiovanni un’identità universale,
che non smetterà mai, comunque giri e vada il mondo, di privilegiare il
piacere.
A rendere tutto molto suggestivo, una
scenografia (sua) e dei costumi (Flavio Zambernardi e Lawrence Steele) estremi,
esasperatamente barocchi, con incursioni dialettali memorabili e un intricante
gioco luminoso (Gigi Saccomandi) di contrappesi, tutto condito dalla sapienza
costruttiva e recitativa di Filippo Timi e dei suoi colleghi di palcoscenico;
Fulvio Accogli, Matteo De Blasio, Roberto Laureri, Elena Lietti, Lucia Mascino,
Umberto Petranca e Alexandre Styker, citati in ordine alfabetico, l’unico
ordine, forse, che non si può sovvertire.
Stasera, alle ore 21, la prima replica,
alla quale seguirà la seconda e ultima domani pomeriggio, ore 16.
Oggi, alle
ore 17, Filippo Timi e tutto il cast si ritroveranno alla Biblioteca San
Giorgio per un altro bagno popolare di folla, quella che lo acclamerà a
prescindere, a prescindere, purtroppo, dalla sua inimitabile vena artistica,
che per un attimo, ma forse anche per un tempo più prolungato, verrà
risucchiata dalla sua bellezza, quella di un dongiovanni con il coraggio di piacere.
E piacersi.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 23 novembre 2013 | 07:30 - © Quarrata/news]
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