Il presidio di ‘Liberetutte’ |
di LUIGI SCARDIGLI
Manifestazione organizzata dal centro ‘Liberetutte’ per
testimoniare solidarietà e coraggio al processo per l’omicidio di Beatrice
Ballerini – Il presentatore siculo: «Sono sereno. È stata solo una frase
innocente che non voleva alludere a nulla»
PISTOIA. Massimo Parlanti, l’omicida reo confesso di sua moglie
Beatrice Ballerini, è arrivato a bordo del cellulare della polizia
penitenziaria con oltre mezz’ora di ritardo sull’orario previsto per l’udienza.
Hanno forse voluto evitare, le autorità, che l’unico imputato del processo in
sede dibattimentale venisse, seppur per pochi istanti, a contatto con i
familiari della vittima e con tutte le persone che stamani, in piazza del
Duomo, hanno voluto testimoniare la loro solidarietà ai parenti della donna
brutalmente uccisa, e la loro ferma volontà di non dimenticare.
Ma alle donne del centro antiviolenza Liberetutte, presenti in modo massiccio
in piazza del Duomo dinanzi all’ingresso del Tribunale, a partire dalle 10, non
interessava incrociare lo sguardo dell’assassino.
«I processi sui casi di violenza
femminile – tengono a sottolineare alcune rappresentanti di Liberetutte – sono orami un fatto quasi
esclusivamente mediatico, che si esaurisce con lo scemarsi dell’emozione. Siamo
qui, oltre che per dare il nostro sostegno morale ed affettivo ai familiari di
Beatrice, soprattutto perché vogliamo che i processi per violenza sulle donne
non vengano depauperati della loro crudele bestialità, né derubricati in sede
processuale, e che la pena agli imputati, quasi sempre uomini, non goda di
attenuanti dettate da una lettura distorta e demagogica dei rapporti umani».
L'arrivo di Massimo Parlanti |
C’è il fratello, di Beatrice Ballerini,
a sostenere uno dei lenzuoli affissi sull’intonaco del muro del Tribunale sui
quali si chiede giustizia, e ci sono tante, tantissime donne: qualcuna ha gli
occhi inumiditi dal pianto, altre dalla rabbia. Nel più totale silenzio.
Nessuna ha voglia di parlare, nessuna vuole che questa dimostrazione venga in
alcun modo distorta, folklorizzata.
Il cellulare che porta Massimo Parlanti
dalla casa circondariale di Santa Caterina in Brana tarda ad arrivare;
l’udienza, la seconda udienza, che fa seguito alla prima nella quale l’imputato
ha confessato l’assassinio, è fissata alle 11. Le donne sono lì da un’ora.
Aspettano, ma senza impazienza. Vogliono che si sappia che questa spirale
brutale e perversa non cada nel dimenticatoio e che una donna uccisa non sia
soltanto la vittima di un raptus o di una lite sfociata in male: è la
sottocultura maschista che vogliono che sia una volta per tutte annientata, e
che i mariti, i compagni e gli ex di turno carnefici paghino il dazio che
spetta loro.
Pippo Baudo. Dal fondo della piazza, proprio prima delle 11, arriva un
elegante signore con impermeabile marrone chiaro: è Pippo Baudo. Coincidenze
dibattimentali hanno voluto che il giorno della seconda udienza del processo
Ballerini coincidesse con la querelle giudiziaria che vede il noto
presentatore accusato di diffamazione dall’ex Sindaco di Montecatini, Ettore
Severi, in relazione ad una battuta che avrebbe pronunciato, a dire del primo
cittadino termale, infelice e
denigratoria sulla massiccia presenza delle donne dell’Est nella cittadina di
Valdinievole.
Giunge Pippo Baudo |
«Sono oltremodo sereno – ha esordito
Pippo Baudo ai giornalisti che l’hanno pacificamente assalito –. La frase
attorno alla quale si è scatenato questo putiferio era una innocentissima
battuta che ho fatto senza il minimo tentativo di allusioni. Montecatini è una
delle mie seconde città natali, dove ho condotto decine e decine di spettacoli.
Mi sembra che si sia voluto esagerare».
Fotografi e giornalisti, còlto il secondo piccione con una fava, tornano a
piantonare la piazza, in attesa di Massimo Parlanti: si sono posti
strategicamente all’angolo di via degli Orafi, temendo che l’imputato
accompagnato da agenti di custodia raggiungesse il Tribunale non dal portone di
piazza del Duomo, ma da quello laterale.
Le donne riarrotolano le lenzuola dove
avevano disegnato la loro paura, la rabbia e il coraggio; anche i curiosi,
nonostante la temperatura primaverile, decidono di allontanarsi.
Poi il cellulare blu arriva. Una
piccola manovra in retromarcia ed ecco che arriva l’imputato. Si guarda intorno
per vedere chi c’è: le donne se ne sono andate, quasi tutte.
Loro aspettavano la giustizia, non lui.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Giovedì 7 novembre 2013 | 15:34 - © Quarrata/news]
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