di LUIGI SCARDIGLI
Direttamente in platea il rituale incontro degli artisti con
il pubblico
PISTOIA. Il prossimo fine settimana il Manzoni riaprirà di nuovo il
portone per ospitare il secondo allestimento stagionale, La torre d’avorio. Ma il solito e collaudato incontro con gli
attori non avverrà sabato pomeriggio, come di consueto, ma il giorno prima,
prima della prima, alla Biblioteca San Giorgio.
Non conosco i motivi dello spostamento,
ma sono d’accordo. Anche oggi pomeriggio infatti, la stragrande maggioranza di
coloro che hanno fatto impazientemente la fila sotto il porticato in attesa di
incontrare i propri beniamini teatrali, ieri sera, Zio Vanja, non l’ha visto. Manca, in parole povere, l’anima e il
significato di questi incontri: il confronto.
E allora, se è vero, da quanto ci
sembra di poter dedurre, che questa gemma
dell’Atp venga in realtà snaturata e trasformata in una vetrinetta, tanto vale farla il giorno prima e consentire così alla
troupe artistica, tra la prima e la replica, di riposarsi, ripassare il copione
o comunque pensare a tutto fuorché di farsi trovare il più o meno presentabile
possibile al pubblico.
Sono apparsi tutti un po’ stanchi, come
era facile prevedere, dal regista alla balia,
passando in rassegna uno ad uno i protagonisti, ma tutti visibilmente
soddisfatti.
In particolare Anna Della Rosa (Sonia,
la nipote di Vanja) e Lidiya Liberman (Elena,
la seconda moglie del professor Serebriakoff): la prima, come ha ricordato
Gherardo Vitali Rosati, il collega che ha condotto l’incontro, perché a
distanza di nove anni si ritrova di nuovo in scena a confrontarsi con l’opera
di Anton Cechov; la seconda perché il teatro era il suo desiderio più grande e
per lei, russa, debuttare sul palcoscenico al fianco di Michele Placido e
Sergio Rubini, sotto la regìa di Marco Bellocchio, ad interpretare un’opera di
uno dei suoi autori preferiti, Cechov, è veramente un sogno che si avvera.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 2 novembre 2013 | 19:59 - © Quarrata/news]
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