mercoledì 3 aprile 2013

VILLA ENEL, VILLA VERGOGNA


di LORENZO CRISTOFANI

Dai socialisti al Decreto Bersani, la storia di un ammasso di errori di sistema ai danni della gente per la difesa di privilegi di casta

PISTOIA. Tra viale Arcadia e via dei Gelli si trova, vuota e sfitta da sette anni almeno, una lussuosa, nel suo piccolo, villetta di 700 mq calpestabili: appartiene ad Enel.
Ce ne sono a migliaia, di simili, in quasi tutti i comuni italiani: erano riservate ai direttori, al tempo che Enel era monopolista di Stato. Attualmente una o due volte l’anno una squadra di giardinieri del nord Italia capita in viale Arcadia per la manutenzione dell’edificio ed evitare che la vegetazione lasciata a se stessa invada la proprietà confinanti e relativi contenziosi.

ENEL, ELETTRICITÀ E REPOWER

Il Partito Socialista Italiano si batté e ottenne la nazionalizzazione dell’energia elettrica come precondizione per l’entrata nel governo: Enel nacque così dalla fusione forzata di società elettriche diverse per dimensione e livello tecnologico. Fino al 1992 rimase quindi il monopolista di Stato, un’azienda verticalmente integrata, che si occupava di tutta la filiera: dalla frantumazione del carbone, passando da centrali, elettrodotti, stazioni di trasformazione fino alla lettura del contatore di casa.
Col decreto Bersani, sull’onda delle nuove politiche europee, cambia lo scenario: la produzione elettrica vera e propria viene liberalizzata e forzatamente viene creato un mercato di produttori, Enel è dunque divisa in soggetti minori ed indipendenti.
Mantiene però il servizio di distribuzione al cliente finale, a cui fattura la bolletta col contatore elettronico (vedi). Il servizio di trasmissione rimane invece un monopolio naturale: è Terna, partecipata totalmente dal ministero dell’economia, che gestisce gli elettrodotti ed i flussi sulla rete.
Nei paesi Ocse il sistema elettrico è interconnesso –non esistono confini geografici cioè, un black out in Germania si ripercuote fino a Brindisi, come successo – e la politica elettrica funziona secondo meccanismi di mercato, che, in teoria, dovrebbero favorire la concorrenza e l’acquisto di elettricità dal produttore più conveniente.
In questo senso si deve ribadire, per precisare alcune affermazioni più volte comparse anche su questo blog in merito a Repower e dintorni, che l’Italia non deve importare elettricità dall’estero per insufficienza impiantistica, è proprio il contrario: è la Francia che si vede costretta a esportare e a vendere sotto costo l’elettricità generata dagli impianti nucleari che, non permettendo la regolazione, erogano elettricità anche quando non c’è alcuna domanda nazionale da coprire.
Lo affermano anche due nuclearisti insigni come Corbellini e Velonà, ex presidenti di Enel, in una loro pubblicazione (fatta acquisire dal sottoscritto alla biblioteca comunale di Pistoia) utilissima –per la Cgil Pistoia – a far luce sul complicatissimo mondo del mercato e della produzione elettrica.
In sostanza, per tornare alla Repower, l’impianto ipotizzato a Canapale non risponde ad alcuna reale esigenza energetica o di mercato elettrico: è questo il vero motivo, tecnico e politico, per cui non entrerà mai in funzione.
lo. cri.
Ebbene sì, mentre migliaia di pistoiesi si trovano a lavorare anche dieci ora al giorno per pagare un mutuo, chi se lo può permettere ovviamente, c’è chi ha talmente tanti soldi e rendite consolidate da non esser costretto a operare le svariate spending review, tagli di sprechi e inefficienze, dismissioni di settori non strategici che, nella fase attuale, sono richiesti, in maniera massiccia e talvolta giustamente, non a tutti ma sempre ai soliti noti.
Enel è diventata, da monopolista di Stato che era, una multinazionale dell’energia operante in quasi tutti i continenti, spesso anche con molte contestazioni  (vedi 1 e vedi 2)– basta fare un giro in rete – per presunte violazioni varie di diritti di popoli e territori, specie in America latina.
In Italia, nonostante la scandalosa censura dei media di regime, i tragici episodi di suicidi –4000 in un anno – in continuo aumento dimostrano come la crisi dell’ attuale modello economico-politico-finanziario sia ormai socialmente insostenibile.
La ricchezza, nel belpaese del cinepanettone, è distribuita in maniera paurosamente sempre più iniqua e contrariamente ai vari proclami e impegni per invertire la tendenza sembra proprio che si debba arrivare alla violenza per avere un cambiamento.
Si pensi solo alle pensioni milionarie di dirigenti pubblici ed ex politici – la vergogna nazionale delle pensioni di Amato e Prodi, per esempio – all’ad di Fiat che, mentre l’azienda perde quote di mercato in tutta Europa e il 50% dei dipendenti è in cassa integrazione, a carico dello Stato quindi, arriva a raddoppiarsi lo stipendio portandolo a sette milioni e mezzo di euro; per quanto ancora si potranno sopportare simili situazioni?
La vicenda della villetta dell’ Enel – soggetto con interessi peraltro lontani, per statuto societario, dal settore immobiliare – che può permettersi di tenere da anni un’immobile sfitto, è la metafora, nel piccolo mondo locale, delle ingiustizie sociali di questa società malata e incapace, per il momento, di curarsi.
Ovviamente si auspica che qualcuno, nel mondo politico e delle associazioni, si faccia autenticamente carico di simili e perduranti oscenità e sia conseguente: in questa fase fondata sulla svalutazione del lavoro e sulla difesa di assurdi e ingiustificati privilegi, tutto il resto sarebbe la solita retorica e autoreferenziale manfrina di chi non intende o di chi è complice.





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[Mercoledì 3 aprile 2013 | 09:45 - © Quarrata/news]

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