di Edoardo Bianchini
PISTOIA. Per il titolo di questo mio personale ricordo di don Renato,
rubo – lo dico senza mezzi termini – un’espressione a Antonio Nardi che, ieri,
ha dato la sua versione dei fatti sull’uomo e sul prete più discusso di tutta
Pistoia (vedi):
«Leggeva la storia tenendo aperto il vangelo», scrive appunto Antonio. E io intendo leggere quella figura
di religioso e di professore di religione, con il vangelo in mano: credo che mi
sia consentito anche se sono considerato un miscredente – specie in quella chiesa che molti corteggiano, che
accarezza il capo di molti, ma che di chiesa di Cristo, a mio avviso, non ha
nemmeno un misero pelo.
Sarò odioso, come al solito, ma non
sono mai stato perfettamente entusiasta di don Renato. C’è sempre stato
qualcosa che non ho condiviso nel suo modo di agire: ma questo è logico e
umano. Eppure con lui e con la San Vincenzo de’ Paoli di sua ispirazione, ho
collaborato – pur se i pistoiesi non se lo ricorderanno o non vorranno
ricordarselo –, perché anch’io vengo, e non ho assolutamente vergogna di dirlo coram
populo, da esperienze cattoliche e di azione cattolica di una chiesa, dalla
quale – grazie anche a quello che ho visto e continuo a vedere ancor oggi – me ne
sto volentieri, e senza fatica, lontano.
Accanto all’umanità di don Renato, che
non voglio discutere, c’era un aspetto del suo modus operandi che mi ha
sempre frenato e reso perplesso: il fatto che talvolta confondeva il magistero
esercitato con la certezza della sua indiscutibile giustezza di posizione. E
qui – come potete vedere, sconcordo in perfetta rotta di collisione col caro
amico Antonio Nardi: don Renato, per i mei ricordi, ha sempre teso a imporre,
talora con dolcezza, talaltra con raffinato, ma coartante intellettualismo, il
suo punto di vista: e spesso, come professore del Forteguerri – di lui io sono
stato allievo e collega per diversi anni – confondeva comprensione umana e
buonismo sociale, in certi casi con una piccosità che si rendeva irritante e, a
volte, ingiusta. Ma era un uomo e per ciò stesso è scriminabile.
Con quest’uomo mi sono scontrato
spesso: di quest’uomo non ho condiviso tutto, ma poco. Assolutamente no l’esperienza
delle Casermette, la ‘lacerazione progressista’ della e nella
chiesa pistoiese. Un’esperienza che, alla fine, se i pistoiesi non si tappano
gli occhi, si renderanno conto a quale livello di involuzione controrivoluzionaria
sia arrivata negli esiti a cui è approdata e entro i quali sta navigando con il
beneplacito della Curia e dell’allora “gente delle Casermette” che, nel passar
degli anni, da forza rivoluzionaria s’è trasformata – e ciò era storicamente e
marxianamente necessario – in potere allo stato puro: un potere che, a sua
volta, passo passo, ha epurato l’epurabile con il fine ultimo dell’autoconservazione
– insomma da venditori di cavalli come i Gonzaga, a Signori e
padroni del baccellaio, come si dice a Pistoia.
Se dovessi dire che non ho voluto bene
a don Gargini, direi una bugia. Gli ho voluto bene, per chiarezza, con riserva.
Un bene contrastato. A volte con molta riserva. Ma l’ho sempre rispettato – nonostante
possa avergli fatto qualche dispettuccio, come, per esempio, fargli perdere un
aereo per Palermo o Catania (non ricordo più molto bene) quando, in uno
scrutinio, al Forteguerri, si era fatto così pesante, pressante, esigente,
impositivo, raccomandatorio – su certi risultati – da non poter essere
ascoltato in nome di quella che è la giustizia evangelica dei puri e dei mondi.
Intendo questo per “storia con il
vangelo in mano”: il rispetto di una verità che non può – solo per il fatto che
don Renato è scomparso – essere tradìta o mistificata.
Perché è insopportabile – per esempio –
sentir ripetere pubblicamente che don Renato è stato promotore dell’Aias e,
poi, anche dell’Apr.
Quando è nata l’Apr, lo scorso 16
aprile 2011, mi risulta che don Renato stesse già così male da non essere più
fisicamente presente sulla scena come, con certe dichiarazioni, si cerca di
voler accreditare.
Credo che su don Renato si possa dire –
come su tutti – il tutto e il contrario di tutto. Ma sono convinto che non si
rispetti la sua vera memoria senza leggere la sua “storia con il vangelo in
mano” e secondo i dettami di Cristo: con il massimo rispetto, cioè, della
realtà.
Molti ne hanno parlato, di lui. Molti
lo hanno seguito e amato.
Ma non sono mancati anche quelli che lo
hanno tradito, come sempre accade: sia nello spirto che nella lettera.
Io lo voglio ricordare così e così mi
unisco al cordoglio dell’amico avvocato Mario Bercigli, suo nipote e mio carissimo
compagno di liceo.
Requiescat in pace et lux perpetua
luceat ei.
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[Martedì 30 ottobre 2012 - © Quarrata/news
2012]
DON GARGINI, L’AIAS-APR, IL VICARIO GENERALE E IL VESCOVO…
RispondiEliminaIl Vicario Generale, don Paolo Palazzi, traccia un profilo storico di don Renato Gargini, ripercorrendone tutte le tappe della vita e della carriera (vedi a: http://www.diocesipistoia.it/news.asp?id_news=1580&lingua=ITA).
È distaccato, don Palazzi: razionale, non si lascia mai andare a onde di sentimento, a stati emotivi.
Rammenta l’Aias, ma tace – e fa molto bene, credo – l’infelice parentesi di Luigi Egidio Bardelli che, parlando ai giornali locali, attribuisce a don Renato anche l’ultima sua invenzione risalente al 16 aprile 2011, se non sbaglio. Voglio dire l’Apr.
È difficile che la Chiesa non stia estremamente attenta alle cose che dice.
È difficile che Bardelli stia attento a ciò che dice – e dovrebbe averne avuto riprova anche di recente (ma, per ora, prendetelo solo come un accenno a future ‘rivelazioni’).
Nell’ingordigia di far vedere che a lui è tutto concesso quasi per volontà divina, Bardelli mette bolli di ceralacca utilizzando anche i defunti.
Non mi sconvolge Bardelli, perché è questo.
Mi sconvolge il Vescovo Mansueto, che fa finta di non vedere, di non sentire e di non parlare.
Lo farà per il bene della Chiesa?
Io, al contrario, credo che le faccia del male, alla Chiesa.
Ma lui è un Vescovo e io un nessuno. E meno male.
Perciò lui… perdonerà questa ‘pecorella smarrita’ che gli bela da lontano (anche se non lascerà, certo, le sue altre 99 per venire a cercare proprio me).
Edoardo Bianchini