PISTOIA. Qui di seguito il testo integrale dell’omelia che il Vescovo Mansueto
Bianchi ha pronunciato oggi pomeriggio in Cattedrale durante la Messa per i
funerali di mons. Renato Gargini.
Sorelle e Fratelli miei,
solo poche parole perché davanti alla morte conviene la sobrietà ed è bello
il silenzio.
Poche parole per non coprire e non sciupare l’unica che merita di essere ascoltata e pronunciata: quella di Dio. Essa sola rimane per sempre ed ha la chiave, il codice della vita e della morte. Ma poche parole anche per non sottrarre spazio ed accoglienza verso quella parola “alta” e prolungata che il Signore ci ha detto attraverso la tua vita, don Renato. Dovranno esserci infine, altre e più articolate parole che la Chiesa e la città pronunceranno su di te e sulla tua opera, quando il tempo ne permetterà una lettura più nitida ed oggettiva.
Poche parole per non coprire e non sciupare l’unica che merita di essere ascoltata e pronunciata: quella di Dio. Essa sola rimane per sempre ed ha la chiave, il codice della vita e della morte. Ma poche parole anche per non sottrarre spazio ed accoglienza verso quella parola “alta” e prolungata che il Signore ci ha detto attraverso la tua vita, don Renato. Dovranno esserci infine, altre e più articolate parole che la Chiesa e la città pronunceranno su di te e sulla tua opera, quando il tempo ne permetterà una lettura più nitida ed oggettiva.
Solo questo oggi penso di poterti dire: dinanzi alla tua morte la Chiesa di
Pistoia confessa e proclama che tu hai risvegliato la vita. L’hai risvegliata
negli anni del tuo servizio pastorale, speso soprattutto con i giovani e con i
laici, quando hai impastato insieme sogno e fatica per tirar su una comunità
cristiana ricca di proposta e di vita, impegnata sulla strada della Comunione e
dell’assunzione di responsabilità dentro la città, secondo il magistero e l’esempio
del tuo amico, Giorgio la Pira.
Hai risvegliato la vita raccogliendo fino in fondo la sfida educativa:
sulla frontiera esigente ed esaltante della scuola, al Liceo Forteguerri, della
comunicazione attraverso il mezzo televisivo, dell’impegno catechetico anche a
livello nazionale, fatto di ricerca, di sperimentazione, di scelte coraggiose e
nuove perché le nostre Chiese riuscissero a raccontare una fede che persuade il
cuore e la mente, una fede che prende per mano la vita e le svela quell’Emmaus
che essa è.
Hanno incrociato la tua strada generazioni e generazioni di giovani
pistoiesi che in te hanno incontrato o almeno intravvisto una proposta di
umanità nuova e piena, un progetto che illumina l’intelligenza e scalda il
cuore, con la forza trasformante della verità e dell’amore.
Don Renato, tu l’hai ridestata la vita soprattutto facendoti compagno della
sofferenza, della solitudine, della marginalità; di mille deserti ti sei fatto
percorritore perché il deserto fiorisse, perché verdeggiasse la steppa
inaridita dello sgomento e della imprecazione. Quello che era vissuto come
motivo di nascondimento e di rossore tu l’hai fatto diventare spazio di
dignità, l’hai posto al centro perché fosse gloria per la nostra città. "Cambierò
il loro lutto in gioia” promette il Signore attraverso la voce del profeta
Geremia (31,13), e queste gemme di Resurrezione sono apparse, sono germinate,
sul tronco arido di tante vite e di tante famiglie.
Se oggi uno chiedesse: “ma dove abita la gioia a Pistoia?”, la
risposta sarebbe apparentemente paradossale ma alla fine condivisa e reale: la
gioia abita in quella che era la regione del pianto. Tu ed i tuoi ragazzi, ma
ultimamente il Signore attraverso di voi, ha trasformato il lutto in gioia, la
ferità è diventata sorriso, il muro sbrecciato della vita è divenuto la porta
della speranza: nell’Aias di un tempo e nell’ oggi dell’Apr tu hai riconosciuto
e segnato il dono per la nostra città. Un dono attorno alla quale si raccolgono
strutture e strumentazioni, umane professionalità, e la ricchezza stupefacente
della gratuità e del volontariato.
La tua formazione, la tua forte personalità, il coraggio della tua proposta
hanno fatto di te un naturale riferimento per la chiesa e per la città. Tu non
l’hai usata per ritagliarti spazi di potere o zone di influenza, non ti sei
collocato come alternativo a nessuno, hai invece posto al centro i piccoli ed i
fragili come evidenza del Signore Crocifisso in mezzo a noi.
Attraverso gli anni ed il dolore il Signore ti ha visitato, ti ha cambiato
in profondità, ti ha forgiato le mani ed il cuore: così anche nella tua vita la
nuda Croce si è alzata, ti ha chiesto l’abbraccio della fedeltà e dell’
abbandono, ti ha reso fratello dei tuoi ragazzi nel segno della infermità, del
limite, della necessaria e dolorosa dipendenza dagli altri. Il Signore ti ha
evangelizzato con la Croce come coloro per i quali tu avevi voluto essere un
evangelico dono ! Il padre configurato ai figli ! E così fino all’ultimo
abbandono, alla totale consegna di te nella serena lucidità della morte.
Solo una parola ci rimane stasera: grazie!
Grazie Signore per il dono di questa vita, di questo prete che ha
riannodato il filo tra la Croce e la Resurrezione, tra la sofferenza e la
speranza. Grazie don Renato, antico padre, uomo austero e sorridente, prete
esigente ed umorista: tu hai vinto la notte qui a Pistoia, l’hai vinta in tante
vite, nella tua vita; tu hai consegnato il dolore all’amore e così hai acceso
la luce mattinale della speranza nel cielo di questa nostra città.
Mansueto Bianchi
PER CHIARIRE MEGLIO
Per dovere di informazione – per riferire, cioè a chi non c’era, quello che
il Vescovo ha detto in cattedrale – riporto il testo integrale del suo discorso.
Personalmente, e con i diritti ancora garantiti dall’art. 21 della nostra
da tutti disattesa Costituzione; e approfittando del fatto che, almeno per ora,
ancora non finiamo al confino per aver detto quello che pensiamo, io ringrazio
Dio – problema nei confronti del quale sono molto più che scettico, ma non ancora
del tutto negazionista – di essere un laico, profondamente laico, convintamente
sempre più laico: e di riuscire a distinguere perfettamente l’oggettività dalla
agiografia banale e mistificante.
Personalmente non mi sarei mai permesso – fossi stato io a parlare – di avventurarmi
sul terreno dell’attribuzione della paternità dell’Apr a don Renato: perché
potrò anche sbagliarmi – e se così fosse faccio preventivo atto di ammenda –,
ma ho sempre saputo (e in mille e in centomila abbiamo sempre saputo) che le
condizioni di salute di don Renato, all’atto della costituzione dell’Apr, non
gli permettevano certo di farsi mentore e pronubo di idee ‘rivoluzionarie’.
Come laico, del resto, seppur detestato e malvisto, definito massone e scostante
– come qualcuno del tutto erroneamente pensa per idea preconcetta –, mi pongo
un problema che, evidentemente, la Chiesa pistoiese, nella persona del suo
presule e Vescovo stesso, non intravede neppure: il fatto che l’Apr,
sconfessata da un’ordinanza del Tribunale Civile di Roma che dice che l’Apr in
questo momento non esiste, sta ricevendo e sta spendendo, in maniera molto
disinvolta e come se fossero suoi e dovuti gratia Dei, oltre mezzo
milione di euro al mese percepiti dall’Asl 3 (e quindi dai contribuenti
toscani), con la benedizione di Mansueto Bianchi, come ognuno può vedere dalla
sua omelia ufficiale.
Evidentemente il principio di dover dare a Cesare quello che è di Cesare e
a Dio quello che è di Dio, è tale da dover valere per tutti i fedeli, tranne
che per i Vescovi e per quei potenti della terra che dai Vescovi vengono
riconosciuti a prescindere dal rispetto della legalità.
È per questo che – non me ne voglia Mansueto, che io mi auguro che lo sia
di nome e di fatto – ringrazio Dio (se c’è) di non avermi inserito nell’alveo
di questa Chiesa e di questi presuli e potenti.
Lo dico, forte e chiaro, con la più profonda amarezza per la memoria del
prete e dell’uomo don Renato.
Edoardo
Bianchini
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[Mercoledì 31 ottobre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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