di MAURO BANCHINI
Hector Castillo Berthier ha illustrato
i metodi utilizzati per una ricerca sui raccoglitori nelle grandi discariche di
rifiuti nel mondo – Farsi spazzino e raccoglitore in discarica, a Città del
Messico, per studiare meglio il fenomeno
NAPOLI. Una tavola rotonda sulle ecomafie. In questo momento. A
Napoli. Con il Procuratore nazionale antimafia, il vescovo di Aversa, il
presidente Commissione Ambiente della Camera e un ricercatore italo-statunitense
(originario di Mergellina ma di antiche origini senesi). Mentre poco prima un
medico dell’Istituto nazionale per la ricerca sul cancro (Genova) aveva
riempito i taccuini di noi cronisti: con gli ultimi dati circa le conseguenze,
sulla nostra salute, del cattivo smaltimento dei rifiuti. Direi che questo, in
effetti, significa stare sulla notizia.
La sala del Castel dell’Ovo dove, sullo
sfondo di Capri e del golfo napoletano, si sta svolgendo il decimo forum di
Greenaccord quest’anno intitolato (con l’ottimismo della volontà) “un mondo
senza rifiuti”, si è riempita fino all’inverosimile. Non solo con i circa 50
giornalisti stranieri, davvero da ogni continente, che formano la rete globale
di Greenaccord. Non solo con gli altrettanti giornalisti italiani e con le
decine di studenti qui impegnati per lavori multimediali sul tema rifiuti. Ma
anche con cittadini e rappresentanti di associazioni campane, comprensibilmente
interessati all’argomento.
La “chicca” iniziale è però venuta da
un sociologo messicano, il prof. Hector Castillo Berthier, che ha raccontato le
affascinanti modalità da lui utilizzate per una ricerca sui raccoglitori nelle
grandi discariche di rifiuti nel mondo.
Ha scelto di farsi lui stesso spazzino
e raccoglitore in discarica, a Città del Messico, per studiare meglio il
fenomeno. Ed è venuta fuori non solo una robusta ricerca sociologica ma pure un
affascinante quadro umano con volti e storie di povertà ma anche, avrebbe detto
Totò, di nobiltà. Un solo dato – riferito dal “Tacchino”, questo il nome d’arte
di Hector, affibbiatogli dai colleghi spazzini nella enorme discarica della
capitale messicana. Sono circa 15 mila le persone che, ogni giorno, qui
lavorano e qui traggono sostentamento con gli scarti altrui.
Hector a parte, a “rallegrare” gli
animi sulle cattive conseguenze dello smaltimento dei rifiuti, in particolar
modo con gli inceneritori e soprattutto con gli inceneritori più vecchi, ci ha
pensato il prof. Federico Valerio (Incr di Genova). Impossibile qui dar conto
di tutti i dati (chi è interessato può trovarli su http://federico-valerio.blogspot.com).
Il senso, fidatevi, é che anche gli inceneritori migliori, quelli delle ultime
generazioni, bene bene proprio non fanno. Anzi fanno proprio male. Con una
postilla: la soluzione, per i rifiuti, é almeno doppia: produrne di meno e
valorizzarli per il valore che essi hanno. Non sono solo “scarti”.
Intensa la tavola rotonda fra Ermete
Realacci (deciso il suo appello perché venga istituito, finalmente, il reato di
“avvelenamento ambientale”. Oggi non esiste. Trafficare con i rifiuti sporchi
può risultare assai più conveniente e molto meno rischioso che trafficare in
cocaina), Franco Roberti (fra i tanti spunti possibili del Procuratore ne
raccolgo solo due: bloccare la prescrizione dei reati perché oggi é troppo
facile farla franca; non scordare mai gli intrecci tra mafie e colletti
bianchi, massonerie comprese), mons. Angelo Spinillo (troppo spesso il
riconoscimento della natura di “peccato sociale” verso i comportamenti della
criminalità organizzata é stato, nella Chiesa, limitato purtroppo solo ai
documenti scritti. Ma ora si fa sul serio).
Ad appassionare i napoletani e i
comitati della Terra dei fuochi é stato soprattutto il prof. Antonio Giordano,
direttore dello Sbarro Institute di Philadelphia, con i suoi dati sullo stretto
rapporto fra cattivo uso dell’ambiente e malattie tumorali (“qui tutti sapevano
e qui tutti hanno volutamente ignorato il problema. Bisogna colpire in alto, perché
é in alto che stanno menti molto sofisticate”).
I cinque “consigli” finali di Ermete
Realacci, sul nostro rapporto di cittadini consapevoli con un ambiente spesso
purtroppo avvelenato, hanno un valore universale.
Valgono, ad esempio, anche in Toscana
(a proposito: il Procuratore antimafia ha citato la nostra regione non solo
come terra che, in passato, esportava i suoi rifiuti tossici ma anche, oggi,
come terra che – grazie a un certo know how raggiunto dalle mafie – certi
smaltimenti criminali finisce per ... ospitarli), valgono anche in Toscana i “consigli”
di Ermete: tenere gli occhi sempre aperti, amare la propria terra, combattere
per la propria terra, cambiare i nostri personali comportamenti, tenere stili i
vita diversi.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Mauro Banchini.
[Venerdì 8 novembre 2013 | 10:25 - © Quarrata/news]
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