Dopo il post Aias, io non la penso così, ecco un nuovo intervento che arricchisce ancor più il dibattito e che affronta il tema della fondazione presieduta e diretta da don Diego Pancaldo.
Caro Bianchini,
ho letto quanto le ha scritto il medico Fantacci e penso di condividere il suo pensiero.
In effetti, l’Aias di Pistoia si è sviluppata in modo affatto originale rispetto ad altre associazioni, anche consorelle.
Non fu tanto l’imporre gli spastici sulla spiaggia di Ronchi che dette la misura della novità, quanto l’ispirazione generale di quel gesto e cioè la convinzione che non vi è progresso se qualcuno resta indietro, che non si fa carità vera dalle scrivanie e con le conferenze stampa, che occorre “compromettersi” e prendere su di sé un po’ di peso vero, un po’ di fardello reale.
Non so se Bardelli lo abbia fatto. Sicuramente lo hanno fatto tante delle persone formate da monsignor Renato Gargini (don Renato).
Spirito cristiano di servizio, ecco l’espressione che ha improntato l’azione dell’Aias di Pistoia. Non so se il commissario Bagnale possa capirlo e se sia in grado di conservare tale spirito. Comunque, non vedo perché chi si è speso fino ad oggi nell’Aias secondo quello spirito e quella dedizione non possa farlo anche con il commissario e, un domani, con i nuovi organi rappresentativi.
Non capisco nemmeno perché sia stata messa in piedi una fondazione e perché non all’Aias, che ha titolo e prestigio consolidati, ma a quella stessa fondazione siano stati intestati tutti i beni.
Alle sezioni locali lo statuto nazionale riconosce la possibilità di avere un patrimonio proprio. Perché tale patrimonio non appartiene all’Aias, che pure funziona da potente attrattore della solidarietà pubblica e privata, ma ad una fondazione del tutto svincolata e autonoma?
In definitiva, non vedo come tale soluzione immobiliare possa avere un nesso con lo spirito di servizio e con l’incondizionata dedizione ai meno fortunati fra gli uomini.
Antonio Nardi
Pistoia
Pistoia
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