L’Idv di Quarrata si mobilita per l’istituzione del registro con un comunicato stampa che segue una iniziativa svoltasi nella mattinata di oggi, 22 gennaio.
Ecco il testo trasmessoci da Domenico Pagliaro.
Chiediamo a tutti i partiti rappresentati sul nostro territorio di portare in Consiglio comunale e di approvare un ordine del giorno per l’istituzione nel nostro comune del registro di Testamento Biologico.
Auspichiamo che di fronte a tale richiesta si mettano da parte gli steccati ideologici e che tutti insieme iniziamo un percorso di conoscenza. La prima cosa da fare sarebbe la convocazione di un Consiglio comunale aperto in modo che tutti abbiano la possibilità di esprimere la propria opinione, la seconda coinvolgere la Commissione della Partecipazione in modo da coinvolgere il più possibile tutta la cittadinanza, coinvolgere le Associazioni presenti sul nostro territorio, e poi arrivare alla definitiva approvazione in Consiglio Comunale.
Questo permetterebbe, attraverso la discussione fra i partiti, le Associazioni e la cittadinanza di colmare un vuoto legislativo che è un caso solo italiano.
Il testamento biologico è la logica conseguenza della progressiva valorizzazione nel nostro ordinamento del principio del consenso informato, che sostanzia il diritto del cittadino all’integrità della persona e al rispetto delle proprie decisioni, in una sfera che tocca intimamente il proprio destino.
Con l’espressione “testamento biologico” (o anche testamento di vita, dichiarazione anticipata di trattamento) si suole indicare il documento con il quale una persona, in previsione della sua futura incapacità – per l’eventualità di una malattia o per traumi improvvisi – detta delle disposizioni inerenti alle cure mediche cui intende o non intende sottoporsi.
L’art. 32 della Costituzione sancisce che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, in accordo con il principio fondamentale (affermato dall’art. 13 della stessa carta costituzionale) della inviolabilità della libertà personale intesa anche quale libertà morale, vale a dire il diritto dell’individuo all’autodeterminazione e all’integrità della propria coscienza.
Dalle norme costituzionali discende la regola generale secondo cui qualsiasi intervento sanitario necessita del consenso della parte interessata e connota il rapporto tra medico e paziente: la “facoltà di curare” del medico – di attuare, cioè, i trattamenti che ritiene opportuni nell’interesse del malato – incontra quale limite invalicabile il consenso del paziente, il quale ha diritto di essere adeguatamente informato, perché possa esprimere coscientemente e liberamente la propria volontà.
Allo stato il testamento biologico non ha valore giuridico.
L’Italia ha ratificato nel 2001 la Convenzione di Oviedo del 1997 sui Diritti dell’uomo e la biomedicina (L. 28 marzo 2001, n.145) che stabilisce “che i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione” (art. 9). Tuttavia, occorre precisare che, nonostante la legge del 2001, non sono stati ancora emessi i decreti legislativi previsti per l’adattamento dell’ordinamento italiano ai principi e alle norme della Convenzione, né pertanto è stato depositato lo strumento di ratifica.
L’art. 32 della Costituzione sancisce che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, in accordo con il principio fondamentale (affermato dall’art. 13 della stessa carta costituzionale) della inviolabilità della libertà personale intesa anche quale libertà morale, vale a dire il diritto dell’individuo all’autodeterminazione e all’integrità della propria coscienza.
Dalle norme costituzionali discende la regola generale secondo cui qualsiasi intervento sanitario necessita del consenso della parte interessata e connota il rapporto tra medico e paziente: la “facoltà di curare” del medico – di attuare, cioè, i trattamenti che ritiene opportuni nell’interesse del malato – incontra quale limite invalicabile il consenso del paziente, il quale ha diritto di essere adeguatamente informato, perché possa esprimere coscientemente e liberamente la propria volontà.
Allo stato il testamento biologico non ha valore giuridico.
L’Italia ha ratificato nel 2001 la Convenzione di Oviedo del 1997 sui Diritti dell’uomo e la biomedicina (L. 28 marzo 2001, n.145) che stabilisce “che i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento non è in grado di esprimere la propria volontà, saranno tenuti in considerazione” (art. 9). Tuttavia, occorre precisare che, nonostante la legge del 2001, non sono stati ancora emessi i decreti legislativi previsti per l’adattamento dell’ordinamento italiano ai principi e alle norme della Convenzione, né pertanto è stato depositato lo strumento di ratifica.
L’art. 34 del Codice di deontologia medica prevede che “Il medico deve attenersi, nel rispetto della dignità, della libertà e dell’indipendenza professionale, alla volontà di curarsi, liberamente espressa dalla persona. Il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo di vita, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso. Il medico ha l’obbligo di dare informazioni al minore e di tenere conto della sua volontà, compatibilmente con l’età e con la capacità di comprensione, fermo restando il rispetto dei diritti del legale rappresentante; analogamente deve comportarsi di fronte a un maggiorenne infermo di mente”.
Si tratta di norme da cui non discende la vincolatività della volontà espressa dal paziente: da qui l’esigenza del passaggio dal piano etico-deontologico, a quello giuridico.
Il governo Berlusconi si appresta ad approvare una legge che potremmo definire contro il testamento biologico perché di fatto vieterà la sospensione della nutrizione e dell’idratazione forzata in pazienti a fine vita, anche nel caso in cui essi abbiano dato disposizioni in merito e abbiano sottoscritto una Dichiarazione anticipata di trattamento” (DAT), redatta in piena facoltà di intendere e di volere, dando mandato al medico curante di attenersi alle disposizioni ivi contenute.
Si tratta di norme da cui non discende la vincolatività della volontà espressa dal paziente: da qui l’esigenza del passaggio dal piano etico-deontologico, a quello giuridico.
Il governo Berlusconi si appresta ad approvare una legge che potremmo definire contro il testamento biologico perché di fatto vieterà la sospensione della nutrizione e dell’idratazione forzata in pazienti a fine vita, anche nel caso in cui essi abbiano dato disposizioni in merito e abbiano sottoscritto una Dichiarazione anticipata di trattamento” (DAT), redatta in piena facoltà di intendere e di volere, dando mandato al medico curante di attenersi alle disposizioni ivi contenute.
Questo progetto di legge, se venisse approvato, rappresenterebbe una gravissima violazione di quei diritti primari garantiti dalla Costituzione e previsti in tutti gli stati di diritto che vogliono tutelare le scelte etiche di ciascuno.
Voglio concludere con le parole di Massimo Donadi prese in prestito dal libro di Ignazio Marino, Nelle tue mani. Medicina, fede, etica e diritti: In nessuno altro paese al mondo si è riusciti a scrivere in una legge che l’idratazione e la nutrizione artificiali non sono trattamenti sanitari, perché nessuno ha avuto l’arroganza di affermazioni così contrarie alla conoscenza scientifica. Nella maggior parte dei casi le leggi sono state scritte chiedendo aiuto alle persone che conoscono la scienza e possono essere di conforto per evitare di produrre l’obbrobrio legislativo a cui siamo arrivati. Purtroppo questa legge così dibattuta non servirà a nulla. È una legge “contro” la libertà di scelta, contro i medici, contro i malati e i familiari, contro chi si confronta con la malattia, che avanza inesorabilmente sulla fine della vita.
Domenico Pagliaro
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