Commentando il 5 maggio del Manzoni, Attilio Momigliano, in un libretto scolastico di quarant’anni fa, scriveva che le grandi emozioni sono sempre senza parole.
Emozione non significa, necessariamente, qualcosa di positivo.
Può essere anche lo stupore di chi resta basito – o il muto e composto silenzio con cui una qualsiasi persona, un uomo comune, non riesce a capacitarsi di qualcuno o di qualcosa che gli ruotano intorno.
Come noi, in questo caso, frastornati da tutto il baccano – che ogni giorno si risveglia e ogni giorno richiede attenzione – sollevato da parte di un ex-c.d.a. dell’Aias che non tollera di poter essere stato vittima della sorte o della capricciosa incoerenza del mondo. Che non vuole comunque saperne.
Ecco: stamattina muti ci chiediamo se e come questa baccanicità micidiale, che a volte pare rasentare una forma di frenetica affermazione tribale, sia in linea e risponda pienamente e con coerenza allo spirito di servizio cristiano a cui l’ex-c.d.a dell’Aias dice di servire in perfetto spirito paolino.
E ce lo chiediamo con la stessa domanda con cui gli ateniesi – in un famoso aneddoto – chiesero ad Apollo, a Delfi, perché gli dèi non dessero successi e prosperità a loro, che erano i difensori della fede e dell’Olimpo, mentre li concedevano a larga mano agli Spartani, che non erano altrettanto rispettosi e solerti ‘farisei’.
Il dio, senza tante parole, rispose che alla divinità non piacevano quelli che facevano troppo baccano: ma che essa apprezzava soprattutto il religioso e pio silenzio degli spartani…
e.b. blogger
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