martedì 11 gennaio 2011

UNA BALENA CHIAMATA ‘PANDA’


Una volta una cosa bianca per definizione avrebbe richiamato alla mente, di per sé, la terribile Moby Dick del capitano Achab.
Oggi invece, a Quarrata, quando si parla di cosa bianca, viene immediatamente da pensare alla famigerata Panda bianca del comandante Billi: sempre al centro dell’attenzione in un immaginario collettivo terrorizzato dal fatto che, mentre la balena di Melville si nascondeva, ma al momento opportuno e decisivo sapeva saltare fuori ed essere in bella vista, la Panda bianca di Billi risulta essere – almeno da quanto dicono le vittime, che prendono anche la ragione dal giudice di pace e dal tribunale – invisibile, forse perché, come accade spesso anche fra cane e padrone, la macchina da tortura dei vigili quarratini si fa invisibile come lo è, di solito, il sindaco della città del mobile.
Insomma: da anni si va avanti con questa storia e da anni non si riesce a trovare una soluzione all’enigma.
E allora viene da chiedersi se amministrazione e comandante dei vigili abbiano abbastanza discernimento per riuscire a chiudere definitivamente questa fonte di guai simile all’energia che tanto piace all’assessore Mauro: rinnovabile.
Ma al di là della facile ironia – peraltro amara, perché testimonia l’insoddisfazione generalizzata verso una pubblica amministrazione di cui il cittadino non può e non deve fidarsi –, quello che interessa mettere in luce sono alcuni particolari che emergono sia da quanto riporta Il Tirreno che da quanto scrive La Nazione. Particolari davvero emblematici.
Dal Tirreno ascoltate direttamente Billi, che contesta la contestazione del cittadino-vittima della Panda:

«Relativamente alle foto da lei inviateci – rileva Billi – la pregherei, la prossima volta, di effettuarle dalla sede stradale e non fuori dalla stessa. Infatti, le stesse immagini fotografate dalla corsia di marcia, allegate alla presente, evidenziano una realtà completamente diversa rispetto a quella che lei, premeditatamente, ha voluto evidenziare».

La domanda è questa: cosa prova, l’esimio comandante dei vigili, con le sue foto inviate al cittadino contestatore? Che la situazione reale non era quella documentata dal multato? E su quale base certa ciò verrebbe provato? Ma soprattutto: con quale divina autorità e certezza può asserire, Billi, che il comportamento del cittadino è stato frutto di assoluta malafede come si evince da quel premeditatamente piazzato in una risposta ufficiale di un pubblico ufficiale, che, più giustamente, dovrebbe essere portato a provare il fatto sia dinanzi a un giudice che davanti a una seria commissione di disciplina?
E, dunque? Il cittadino dovrebbe fidarsi di una pubblica amministrazione che agisce così? Che accusa di malafede senza uno straccio di prova inconfutabile?
Ma considerate, oltre a ciò, le fini capacità argomentative di questo solerte e austero comandante preventore e non repressore, come solitamente ama definirsi:

«Ritengo doveroso evidenziarle che durante tutta la durata del servizio, (intera mattinata), sono state accertate solamente 4 violazioni a fronte di un transito di veicoli sicuramente superiore a 700... circostanza questa che evidenzia in modo chiaro ed inequivocabile che la postazione era stata pre segnalata e collocata in modo da essere avvistata da tutti gli utenti in transito. Se così non fosse stato il numero delle violazioni accertate sarebbe stato abbondantemente superiore».

Sotto questo profilo, Billi merita davvero una laurea ad honorem per la sua finissima capacità deduttiva, che fa dipendere il corretto comportamento dei cittadini non dal senso di responsabilità dei medesimi, ma dal fatto che essi hanno solo paura di beccarsi portafogliate di euro di multa: il che potrebbe essere anche vero, ma non è di per sé assolutamente certo e probante. Insomma: una vera aquila del fine ragionamento deduttivo, l’eccellentissimo signor comandante.
Sul versante della Nazione è interessante leggere la parte finale del racconto di Giancarlo Zampini:

«Ma la Panda in questione è stata oggetto di una sentenza del tribunale, riportata alcuni giorni fa dal nostro giornale. Una cittadina di Quarrata, G.S., che contestò il comportamento dei vigili urbani, ebbe ragione dal giudice di pace. L’amministrazione comunale fece ricorso al tribunale che si è espresso ancora a favore della signora».

L’amministrazione comunale (leggi: Billi), condannata dal giudice di pace, fece ricorso al tribunale che si è espresso ancora a favore della signora: non vi sembra che voglia dire che la signora G.S. aveva ragione e che la collettività di Quarrata ha speso inutilmente altri quattrini in ricorsi sbagliati e onerosi e che, più giustamente, oggi, dovrebbero essere fatti pagare a chi (e leggi ancora: Billi), tira dritto per la sua strada senza porsi alcun problema tanto paga Pantalone?
E allora la soluzione quale potrebbe essere?
In una città in cui ci fosse una vera e seria amministrazione, la Panda sarebbe già stata rottamata e il comandante sarebbe già stato chiamato ai danni sui princìpi delle norme amministrative che risalgono al buio dei tempi del Dpr 3/1957. Perché non è giusto né morale che un funzionario si pavoneggi e si faccia bello impunemente coi quattrini – siano pur pochi quanto volete – dei cittadini di Quarrata.

Sempre se ci fosse una vera amministrazione, ovviamente…

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.

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