AGLIANA. Mentre il mondo è quello che è, e non perché lo abbiamo
fatto noi; mentre tutto si sviluppa intorno alla comunicazione, benfatta o
malfatta non importa, ma è così; mentre il proposto di Agliana – mio vecchio
compagno di classe e di banco – è correttore morale della Misericordia,
ma non ci crede per nulla, perché la tradizione è vecchia, stantìa e superata: don
Paolo, invece di rispondere alle domande che gli sono state rivolte e fare – si
direbbe – come Cristo, suo nobile exemplar, che non si sottraeva ai
farisei nelle domande provocatorie che gli ponevano (e noi, nella sua mente di
parroco, farisei siamo: ve lo dimostreremo da ultimo…), don Paolo preferisce
distribuire documenti diretti ai parrocchiani senza prendersi direttamente le
sue personali responsabilità, come del resto è richiesto al cristiano, e come
il suo Maestro esigerebbe che fosse.
Ma in fondo gli uomini sono uomini e se
sbagliò Pietro rinnegando il Signore, si può pure perdonare a don Paolo se fa
così: peccato veniale (o è roba superata anche questa…?). Nessuno gli vuole
male: ma se sbaglia, sbaglia anche se è Don, perché – come si dice – sbaglia anche il prete dall’altare, figuriamoci se
don Paolo non sbaglia terra terra!
E sbaglia di netto – e ci dà
indirettamente, ma chiaramente ed evidentemente – di farisei, di confusori
e di maligni, quando, nella sua confessio humilitatis (= confessione di
umiltà), chiude il suo modesto e (solo apparentemente) dimesso discorso, con un
finale colpo di coda velenoso (se lo ricorda, Paolo, quando il prof. Noferini,
in prima media 1958, ci insegnava i proverbi latini: in cauda venenum…? “nella
coda [dello scorpione] il veleno”) laddove lui dice che lascia «a tutti i parrocchiani e non, il diritto di dissentire e
criticare pretendendo però almeno la buona fede e non i preconcetti
ideologici».
E qui non andiamo più d’accordo.
Io, noi, il blog di preconcetti ideologici
non ne abbiamo proprio, e siamo in assoluta buonafede: ma non ciechi. A don
Paolo l’onere certo della controprova: e pensi, lui, cosa si deve pensare di
chi riveste la carica di correttore morale in cui, solo ieri, ha scritto
e confessato di non credere affatto. E perché c’è stato e non se ne è andato?
Glielo ha forse prescritto il medico? E farebbe il prete anche se non ci
credesse?
Eppure quei preti vecchi e sorpassati
ai quali noi – io e lui – abbiamo servito la messa per anni, a me hanno
insegnato a non stare dove non so stare o non credo di dover stare. O era forse
il mio carattere, fatto così?
Don Paolo, invece, si presta alla
maschera del correttore morale senza convinzione e, secondo lui, fa
perfettamente il suo dovere di cristiano e di prete?
Gli sembra, insomma, perfetta buonafede
questa?
Edoardo Bianchini
P.S. - Questo non è un attacco, ma semplicemente una riflessione su pensieri, parole, opere e omissioni.
Ecco il documento diffuso dal proposto
di Agliana.
A tutti i parrocchiani
Poiché in questi
ultimi giorni più volte sono stato criticato come correttore per le vicende
della Misericordia voglio precisare per la comunità parrocchiale il mio punto
di vista.
Ho inteso la mia
presenza alla Misericordia per il fatto che la tradizione, ormai per me
ampiamente superata, esigeva la presenza di un prete. Credendo nella autonomia
dei laici io non mi sono mai sentito come “correttore”. Solo quando abbiamo
vissuto momenti liturgici io ho dato il mio contributo di riflessione
spirituale ma non ho mai inteso esercitare una funzione correttiva tanto è vero
che non ho partecipato mai o quasi mai né ora né in passato ai consigli della
Misericordia. Per me è superato da tanto tempo il fatto che le associazioni
laicali anche se di origine cristiana, abbiano bisogno di una tutela clericale.
Tanto più io ho sempre sostenuto che a causa dei miei numerosi impegni non
avrei potuto fare di più, come ebbi a ribadire anche l’ultima volta che fu
chiesta la mia presenza.
Il fatto che mi si
coinvolga in situazioni di cui io sono poco a conoscenza è, prima di tutto, per
una visione arcaica e nostalgica del ruolo di correttore che io non ho mai
pensato di esercitare. Inoltre ritengo che gli attacchi che mi sono stati
rivolti, a cui non voglio dare seguito, siano piuttosto strumentali, tesi a
mettere in discussione il mio modo di essere prete e svolgere questo servizio
qui a S. Piero.
Certamente la
Misericordia è una associazione che sta a cuore a tutti ed è giusto che svolga
un servizio bello per tutte le sofferenze che sono presenti sul territorio e
che ci sia una conduzione rigorosa senza pretendere la perfezione, ma per
questo ci sono le assemblee pubbliche e le votazioni dei soci per il consiglio.
Ci vuole anche un controllo della cittadinanza fatto però senza preconcetti.
Io non voglio fare
polemica e non mi interessa entrare nella rete dei blog prima di tutto per mia
incapacità e poi perché non mi è mai piaciuta la risonanza massmediatica e se
talvolta sono presente sui giornali è per problemi che sono particolarmente
stringenti, almeno per me, dal punto di vista ecclesiale.
Preferisco continuare
il mio impegno come meglio so fare pur in mezzo a tanti limiti, e per questo
cerco di capire i limiti di ognuno non disprezzando nessuno, e nella vita di
ogni giorno portare avanti le mie scelte non sempre capite ma di cui sono
profondamente convinto lasciando a tutti i parrocchiani e non, il diritto di
dissentire e criticare pretendendo però almeno la buona fede e non i
preconcetti ideologici.
Don Paolo
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 28 gennaio 2013 | 11:37 - © Quarrata/news]
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