lunedì 21 gennaio 2013

TOMASI SUL CAMPO NOMADI DEL BRUSIGLIANO: «UN INTERVENTO CHE PERPETUA L’ESCLUSIONE»


La via più semplice alla ghettizzazione – Oggi viviamo il fallimento delle passate politiche sociali – Il paradosso dei nomadi rispetto agli extracomunitari

PISTOIA. Il consigliere Alessandro Tomasi, a proposito del nuovo campo nomadi, ci scrive:

I lavori per la costruzione del nuovo ospedale comportano la necessità ormai divenuta urgente di trovare una soluzione per il campo Rom del Brusigliano.

L’intenzione dell’amministrazione è quella di spostarlo di poche centinaia di metri attraverso la costruzione (alla quale parteciperanno direttamente le famiglie) di case in legno per le quali verrà fatto pagare un affitto simbolico. Questo progetto, necessario per ottenere fondi regionali (attraverso un bando che era destinato alla costruzione di alloggi di emergenza), è aggravato dal fatto di dover comperare l’area interessata per un costo superiore ai 400.000 euro.
La situazione di questo campo è particolarmente difficile rispetto a quella degli altri due presenti sul nostro territorio, a testimoniarlo ci sono anche i recenti resoconti giornalistici delle visite del Vescovo. Le famiglie vivono in condizioni igieniche pericolose, la zona è a tutti gli effetti una discarica a cielo aperto, e sono pochi i bambini che vengono mandati regolarmente a scuola.
Gli abitanti di questo campo, è giusto ricordarlo, sono a tutti gli effetti cittadini pistoiesi con regolari documenti che vivono qui da generazioni. Quell’insediamento, con le sue condizioni, è oggi l’emblema del fallimento delle politiche sociali di inclusione fino ad ora attuate e del continuo sperpero di risorse.
Per questo dobbiamo fare un ultimo appello all’amministrazione affinché non costruisca il nuovo campo Rom. Non gettiamo ancora denaro pubblico in un’ intervento che perpetua l’esclusione, l’assistenzialismo e il controllo. Occorre superare i campi nomadi che sono ghetti ripugnanti che producono effetti collaterali devastanti.
Il presunto nomadismo ha finora giustificato la necessità di crearli, ma in realtà i Rom non sono nomadi per cultura. La loro mobilità è sempre stata coatta e la conseguenza di politiche persecutorie. I rom che vivono nei campi in Italia provengono in maggioranza dalla Romania e dai territori dell’ex-Juguslavia dove in passato vivevano nelle case. La grande maggioranza hanno cittadinanza italiana e ci sono esempi di una integrazione perfetta.
Impossibile non avvertire il paradosso tra le politiche sociali scelte per gestire i Rom e quelle per i molti immigrati che sono arrivati negli ultimi anni nel nostro paese. Ci sono persone tra queste che non parlavano la nostra lingua, che hanno una religione diversa che condiziona molto la loro esistenza, che avevano bisogno di un aiuto economico. La soluzione non è stata certo quella di recluderle in un campo, per loro si è scelto di inserirli nei percorsi di aiuto classici che il Comune fornisce a chiunque è in difficoltà attraverso gli uffici del sociale.
La via verso l’integrazione è lunga, difficile e spesso registra fallimenti. Si deve però riconoscere anche dei risultati: ci sono immigrati di seconda generazione, anche di culture lontanissime dalla nostra, che si sono integrati perfettamente.
Come è possibile dunque che questo non sia successo con i Rom nonostante le numerose risorse investite?
Le responsabilità vanno ricercate nelle politiche degli enti locali e in alcuni casi sulle attività delle associazioni assistenzialistiche con i loro progetti autoreferenziali che non hanno mirato a risolvere il problema, ma che anzi hanno contribuito forse a mantenere questo stato delle cose. I soldi pubblici che abbiamo speso per risolvere questa situazione sono in realtà finiti per alimentare l’esclusione che insieme all’assistenzialismo a conti fatti ci è costata e costa molto di più dell’integrazione.
Nel caso del campo del Brusigliano dovremmo cercare di cogliere l’occasione del trasferimento per invertire la logica che fino ad oggi ha guidato l’intervento pubblico.
Il rischio infatti è che in una situazione di grave crisi come quella che attraversiamo alcuni interventi come il costo spropositato di un nuovo campo per poche famiglie siano percepiti male da chi vive problematiche gravi e non trova risposte dall’amministrazione.
Cerchiamo dunque di analizzare caso per caso le condizioni delle famiglie che ci risiedono. Quelle che risultano avere una condizione di autosufficienza aiutiamole a trovare e a pagare un appartamento in affitto per un certo periodo. Se necessario inseriamole in tutti quei percorsi di aiuto sociale ed economico di cui il nostro comune dispone con gli stessi diritti e gli stessi doveri delle molte altre famiglie che vi si rivolgono. Le atre famiglie, che presentano situazioni più difficili, invece aggreghiamole temporaneamente negli altri insediamenti del territorio, ma con l’idea di iniziare a muoversi per un’altra via all’inclusione sociale che certo non passa per la costruzione di nuovi campi.
La compartecipazione dei Rom alla costruzione delle case e il pagamento di un affitto come previsto dal progetto, sono convinto non aiuterà certo a renderli più consapevoli e rispettosi (non fosse altro che avviene con risorse pubbliche e non con il frutto del lavoro). Personalmente anzi trovo ancora più abominevole vederli impegnati nella costruzione del ghetto a cui sono destinati.
Sono certo che le normali politiche di integrazione avranno un costo minore rispetto al nuovo campo che ad oggi a conti fatti costerà oltre un milione e mezzo lasciando di fatto le problematiche esistenti irrisolte con i relativi costi sociali ed economici.
La sfida, come ho cercato di spiegare, è più difficile ma l’amministrazione sembra aver scelto di perseguire come hanno fatto i loro predecessori la strada più semplice e non risolutiva.
Cons. Pdl Alessandro Tomasi
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[Lunedì 21 gennaio 2013 | 08:42 - © Quarrata/news]

1 commento:

  1. Tomasi aveva già esposto la sua tesi in consiglio comunale,ed io mi ero già congratulata con lui per questa impostazione che è anche significativa di una visione della società che accoglie e non esclude, in modo intelligente e non demagogico. Dalla maggioranza ho sentito solo dire che insediare il campo nomadi all'ingesso della città è motivo di orgoglio e che chi non la pensa così si deve vergognare. In un democratico contraddittorio tappare la bocca del'avversario con una presunta superiorità morale è, quello sì, motivo di vergogna.
    Parola Fortunati.

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