La via più semplice alla ghettizzazione
– Oggi viviamo il fallimento delle passate politiche sociali – Il paradosso dei
nomadi rispetto agli extracomunitari
PISTOIA. Il consigliere Alessandro Tomasi, a proposito del nuovo
campo nomadi, ci scrive:
I lavori per la costruzione del nuovo
ospedale comportano la necessità ormai divenuta urgente di trovare una
soluzione per il campo Rom del Brusigliano.
L’intenzione dell’amministrazione è
quella di spostarlo di poche centinaia di metri attraverso la costruzione (alla
quale parteciperanno direttamente le famiglie) di case in legno per le quali
verrà fatto pagare un affitto simbolico. Questo progetto, necessario per
ottenere fondi regionali (attraverso un bando che era destinato alla
costruzione di alloggi di emergenza), è aggravato dal fatto di dover comperare
l’area interessata per un costo superiore ai 400.000 euro.
La situazione di questo campo è
particolarmente difficile rispetto a quella degli altri due presenti sul nostro
territorio, a testimoniarlo ci sono anche i recenti resoconti giornalistici
delle visite del Vescovo. Le famiglie vivono in condizioni igieniche
pericolose, la zona è a tutti gli effetti una discarica a cielo aperto, e sono
pochi i bambini che vengono mandati regolarmente a scuola.
Gli abitanti di questo campo, è giusto
ricordarlo, sono a tutti gli effetti cittadini pistoiesi con regolari documenti
che vivono qui da generazioni. Quell’insediamento, con le sue condizioni, è
oggi l’emblema del fallimento delle politiche sociali di inclusione fino ad ora
attuate e del continuo sperpero di risorse.
Per questo dobbiamo fare un ultimo appello
all’amministrazione affinché non costruisca il nuovo campo Rom. Non gettiamo
ancora denaro pubblico in un’ intervento che perpetua l’esclusione, l’assistenzialismo
e il controllo. Occorre superare i campi nomadi che sono ghetti ripugnanti che
producono effetti collaterali devastanti.
Il presunto nomadismo ha finora giustificato
la necessità di crearli, ma in realtà i Rom non sono nomadi per cultura. La
loro mobilità è sempre stata coatta e la conseguenza di politiche persecutorie.
I rom che vivono nei campi in Italia provengono in maggioranza dalla Romania e
dai territori dell’ex-Juguslavia dove in passato vivevano nelle case. La grande
maggioranza hanno cittadinanza italiana e ci sono esempi di una integrazione
perfetta.
Impossibile non avvertire il paradosso
tra le politiche sociali scelte per gestire i Rom e quelle per i molti
immigrati che sono arrivati negli ultimi anni nel nostro paese. Ci sono persone
tra queste che non parlavano la nostra lingua, che hanno una religione diversa
che condiziona molto la loro esistenza, che avevano bisogno di un aiuto economico.
La soluzione non è stata certo quella di recluderle in un campo, per loro si è
scelto di inserirli nei percorsi di aiuto classici che il Comune fornisce a
chiunque è in difficoltà attraverso gli uffici del sociale.
La via verso l’integrazione è lunga,
difficile e spesso registra fallimenti. Si deve però riconoscere anche dei
risultati: ci sono immigrati di seconda generazione, anche di culture
lontanissime dalla nostra, che si sono integrati perfettamente.
Come è possibile dunque che questo non
sia successo con i Rom nonostante le numerose risorse investite?
Le responsabilità vanno ricercate nelle
politiche degli enti locali e in alcuni casi sulle attività delle associazioni
assistenzialistiche con i loro progetti autoreferenziali che non hanno mirato a
risolvere il problema, ma che anzi hanno contribuito forse a mantenere questo
stato delle cose. I soldi pubblici che abbiamo speso per risolvere questa
situazione sono in realtà finiti per alimentare l’esclusione che insieme all’assistenzialismo
a conti fatti ci è costata e costa molto di più dell’integrazione.
Nel caso del campo del Brusigliano
dovremmo cercare di cogliere l’occasione del trasferimento per invertire la
logica che fino ad oggi ha guidato l’intervento pubblico.
Il rischio infatti è che in una
situazione di grave crisi come quella che attraversiamo alcuni interventi come
il costo spropositato di un nuovo campo per poche famiglie siano percepiti male
da chi vive problematiche gravi e non trova risposte dall’amministrazione.
Cerchiamo dunque di analizzare caso per
caso le condizioni delle famiglie che ci risiedono. Quelle che risultano avere
una condizione di autosufficienza aiutiamole a trovare e a pagare un
appartamento in affitto per un certo periodo. Se necessario inseriamole in tutti
quei percorsi di aiuto sociale ed economico di cui il nostro comune dispone con
gli stessi diritti e gli stessi doveri delle molte altre famiglie che vi si
rivolgono. Le atre famiglie, che presentano situazioni più difficili, invece
aggreghiamole temporaneamente negli altri insediamenti del territorio, ma con l’idea
di iniziare a muoversi per un’altra via all’inclusione sociale che certo non
passa per la costruzione di nuovi campi.
La compartecipazione dei Rom alla
costruzione delle case e il pagamento di un affitto come previsto dal progetto,
sono convinto non aiuterà certo a renderli più consapevoli e rispettosi (non
fosse altro che avviene con risorse pubbliche e non con il frutto del lavoro).
Personalmente anzi trovo ancora più abominevole vederli impegnati nella
costruzione del ghetto a cui sono destinati.
Sono certo che le normali politiche di
integrazione avranno un costo minore rispetto al nuovo campo che ad oggi a
conti fatti costerà oltre un milione e mezzo lasciando di fatto le
problematiche esistenti irrisolte con i relativi costi sociali ed economici.
La sfida, come ho cercato di spiegare,
è più difficile ma l’amministrazione sembra aver scelto di perseguire come
hanno fatto i loro predecessori la strada più semplice e non risolutiva.
Cons. Pdl Alessandro Tomasi
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[Lunedì 21 gennaio 2013 | 08:42 - © Quarrata/news]
Tomasi aveva già esposto la sua tesi in consiglio comunale,ed io mi ero già congratulata con lui per questa impostazione che è anche significativa di una visione della società che accoglie e non esclude, in modo intelligente e non demagogico. Dalla maggioranza ho sentito solo dire che insediare il campo nomadi all'ingesso della città è motivo di orgoglio e che chi non la pensa così si deve vergognare. In un democratico contraddittorio tappare la bocca del'avversario con una presunta superiorità morale è, quello sì, motivo di vergogna.
RispondiEliminaParola Fortunati.