PISTOIA. In allegato la lettera che potrete utilizzare come più
ritenete opportuno ai fini informativi che Massimo Toschi – Consigliere del
Presidente Rossi per la difesa dei diritti delle persone disabili – ha inviato
alla direzione aziendale della Ausl3 a seguito della sua visita al nuovo
ospedale San Jacopo di Pistoia svoltasi lo scorso 26 luglio.
Nella visita agli ambienti ospedalieri
Toschi era stato accompagnato dal direttore generale Roberto Abati, dal
direttore del presidio ospedaliero dottor Roberto Biagini e dall’ingegnere
Ermes Tesi dell’area tecnica aziendale e Commissario per l’alta vigilanza.
Nella lettera sono contenute le
considerazioni e le impressioni di Toschi sul nuovo presidio ospedaliero
pistoiese; egli riferisce – tra le altre cose – di aver constatato con grande
emozione l’applicazione di quel protocollo, con modifiche, che migliorano
fortemente l’attenzione alle persone disabili, dalla accessibilità, alla
accoglienza alla cura. Rispetto al passato, rispetto all’ospedale precedente.
Si ricorda che Toschi che è stato anche
assessore regionale, si è occupato per la Regione Toscana di cooperazione
internazionale, grande intellettuale e filosofo, proverbiale il suo coraggio.
Come messaggero di pace ha compiuto anche numerosi viaggi nelle zone di guerra.
Daniela Ponticelli – Asl 3
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IL NUOVO OSPEDALE
Sono stato a visitare alla metà di
luglio il nuovo ospedale di Pistoia, per vedere e comprendere se la sfida che
ci eravamo posti due anni fa era stata vinta :Finalmente ospedali a misura di
disabili.
Il percorso è iniziato e lo abbiamo
iniziato, convinti di dover realizzare una grande cambiamento culturale Oggi
dobbiamo fondare nella costituzione una nuova cultura della disabilità. Sta qui
davvero il nostro passare all’altra riva. Non solo parole, ma anche azioni
coraggiose e innovative.
Dobbiamo lasciare ogni umanitarismo compassionevole,
in cui i disabili appaiono residuali rispetto allo sviluppo sociale. Non si
nega un aiuto ai disabili, ma ci ricordiamo di loro come clientela politica e
non come soggetti di diritti. Al tempo stesso anche i disabili e le loro
associazioni sono chiamati a uscire da una visione corporativa e lobbystica
della disabilità, che spinge la politica alla scelta peggiore dell’
accontentare, senza costruire un grande disegno innovatore e di governo del
problema.
Ospedali a misura di disabili
La legge quadro sulla disabilità del
1992 pone la persona handicappata al centro dell’impegno della Repubblica e
come misura della autentica applicazione della costituzione. Il concetto di
persona apre orizzonti nuovi di dignità e di futuro a chi vive, nella sua carne
e nella sua storia, ferite difficilmente rimarginabili.. E proprio il concetto
di persona contiene in sé le parole della autonomia e della indipendenza, che
sono così sensibili per chi spesso vive la dipendenza dagli altri: dai loro
ritmi, dai loro tempi, dalle loro esigenze.
Il disabile vorrebbe poter vivere senza
scalini, senza barriere, senza ostacoli, senza impedimenti, così come la
costituzione indica. Vorrebbe poter decidere i tempi della sua giornata, senza
dipendere costantemente dai tempi e dalle scelte di qualcuno. Indipendenza non
come assenza di relazioni, ma come costruzione di libere relazioni, ogni volta
scelte nella libertà, non condizionate da ostacoli e da barriere culturali, fisiche,
psicologiche ed economiche.
Quando Enrico Rossi avvia tra il 2007 e
il 2008 una ricerca sulle barriere architettoniche presenti nella ASL, nei distretti,
negli uffici, negli ambulatori e nei laboratori, capisce che dalla sanità
doveva partire il buon esempio per un salto culturale e operativo, capace di
rendere la sanità toscana, non solo al meglio come competenze, ma anche come
civiltà. Non si volevano cambiare solamente degli uffici e dei luoghi, ma si
voleva cambiare il paese e la mentalità e la cultura del nostro paese.
Allora si scopre in questa ricerca
esigente che anche gli ospedali non sono a misura dei disabili. Non solo quelli
vecchi, ma anche quelli più recenti, non solo gli ospedali generalisti ma anche
il Meyer, fiore all’occhiello della pediatria italiana non solo toscana, piuttosto
che il nuovo don Gnocchi per la riabilitazione. Certo molto si è fatto, ma
moltissimo c’è ancora da fare.
Ad Arezzo nel gennaio 2012 abbiamo
realizzato un seminario, per aprire una discussione, che mettesse ciascuno di
fronte alle sue responsabilità, soprattutto cercando di intercettare le buone
pratiche per generalizzarle.
D’accordo con l’assessorato al diritto
alla salute ci siamo misurati con la sfida dei quattro nuovi ospedali (Pistoia Prato,
Lucca Massa).le strutture materiali erano già in atto, ma qualcosa si poteva
cambiare. Si è avviato un dialogo con le associazioni dei disabili e si è
arrivati alla firma di un protocollo (Sior /Associazioni die disabili
FISH/FAND) condiviso per indicare una serie di modifiche e di miglioramenti,
che avrebbero dato anche il segno di un rinnovamento culturale e civile. Potevamo
fare di più ? Forse. Ma comunque abbiamo avuto la forza di porre il problema e
di ottenere importanti risultati, dalla accessibilità alla funzionalità delle
strutture.
L’ospedale è una grande comunità e
appare per molti versi una parabola della società. L’ospedale di Pistoia è
parabola della comunità di Pistoia e del suo territorio.
Abbiamo accettato la sfida dei quattro
nuovi ospedali (Lucca, Massa Pistoia, Prato).Abbiamo lavorato con le associazioni,
con il Sior, con i progettisti, per modificare quello che era possibile, tenendo
presente, che partivamo con un certo ritardo e dunque le strutture portanti
erano già definite.
Non è questa la sede per fare la storia
degli ospedali o, come veniva detto nel tempo medievale, dell’Hospitia
hospitalitatis. Essi nascono lungo le principali vie di comunicazione come
opera di soccorso dei viandanti, che venivano assistiti spiritualmente e
fisicamente.
Nascevano da confraternite religiose,
che poi garantivano anche il personale infermieristico, mentre l’intervento del
medico e del chirurgo avveniva saltuariamente e a pagamento. Dopo il concilio
di Tours nel 1163 nascono dei veri e propri ordini ospitalieri, perché c’era l’obbligo
morale di prestare assistenza agli infermi.
Non solo il corpo, ma anche l’anima e
il cuore venivano curati. Quello che anche noi vogliamo fare oggi e domani. Per
questo vogliamo e speriamo ospedali a misura di disabili, perché nessuna si
senta umiliato, ma tutti siano rispettati nei loro diritti e nelle loro
sensibilità.
Un disabile ha diritto ad una toilette adeguata,
piuttosto che a prendere un caffè al bar dell’ospedale, senza dover
continuamente chiedere aiuto.. Ha diritto ad una segnaletica, rispettosa delle
sue difficoltà visive ed auditive, piuttosto che ascensori degni di questo
nome, Deve potersi muovere liberamente, senza dover domandare assistenza, in
quegli spazi che non sono vincolati alla cura diretta dei malati.
Deve accedere all’ospedale senza fare
percorsi lunghi, faticosi, talora di guerra., deve poter accedere agli uffici e
alla amministrazione, senza particolari difficoltà o senza banconi così alti
che impediscono il rapporto diretto con il personale.. Deve vivere una ospitalità,
che non gli ricordi costantemente la sua disabilità.
L’ospedale è un grande luogo di incontro,
è una comunità con le sue regole in cui ciascuno va per se, per altri, per
vivere i tempi decisivi della vita: il nascere e il morire, il curare e l’essere
curati, il guarire e il misurarsi con la fragilità del corpo. È parabola per la
vita di tutti. Allora il paziente disabile, l’operatore sanitario disabile, il
parente o l’amico disabile hanno diritto di sperimentare questa comunità, non
vivendo umiliazione, ostacoli, difficoltà, ma essendo rispettati e accolti
nella loro libertà di disabili.
Un ospedale, un distretto sociosanitario,
una casa della salute, un ufficio, se saranno a misura di disabili, non solo
rispetteranno la legge e la costituzione, ma creeranno anche nuova cultura e
nuova mentalità. nella specificità di ciascuno, diventeranno parte di una
grande comunità, dove tutti hanno diritti e doveri, rimuovendo le difficoltà di
chi porta nella sua carne e nella sua psiche lo stigma del dolore e della prova.
L’ospedale è chiamato ad essere un
luogo di grande inclusione. Il principio è molto semplice: se una camera, un bagno,
un ufficio, un bar funziona per i disabili, funziona anche per gli abili. Non è
vero il contrario. Se faccio qualcosa solamente per gli abili, i disabili
saranno sempre e comunque abbandonati e lasciati per strada.
Dei quattro ospedali, quello di Pistoia
è stato il primo ad essere inaugurato. Con grande emozione ho potuto constatare
l’applicazione di quel protocollo. con modifiche, che migliorano fortemente l’attenzione
alle persone disabili, dalla accessibilità, alla accoglienza alla cura rispetto
al passato, rispetto all’ospedale precedente.
Siamo consapevoli che tutto questo è un processo,
che non c’è un punto di arrivo a breve termine, che non faremo l’ospedale perfetto,
anche perché non esiste. Ciò che dobbiamo fare e costruire, anche attraverso le
strutture materiali, una comunità di guarigione.
Partendo dai disabili motori e
psichici. dobbiamo cambiare la nostra mentalità e quella di tutti e di
ciascuno, in modo da poter riconoscere la fatica e il dolore dell’altro. Allora
avverrà il grande miracolo che tutti guariscono tutti, costruendo insieme una
nuova cultura della hospitalitas, che fonda e alimenta la libertà di
ciascuno.
È quello che la costituzione chiede. È
quello che la Toscana porta alla realizzazione e di un paese rinnovato, riconciliato
e non umiliato. Allora fare quattro nuovi ospedali significa costruire una
nuova cultura dell’inclusione, di cui tutti abbiamo bisogno, uscendo da
interessi corporativi di associazione e di gruppo, per pensare in grande e
guardare lontano.
I disabili non sono una minaccia alle
nostre vite affrettate e frettolose, un pericolo da evitare e da mettere in un
angolo, un nemico che ci rallenta, al contrario diventano i maestri di una vera
cultura della costituzione, perché ci impongono di riflettere sulle nostre cecità,
sulle nostre zoppie, sulle nostre sordità, sulle nostre lebbre culturali, sulle
nostre incapacità di relazioni e ci chiamano alla conversione.
Fare quattro ospedali, non è solo
mettere mattoni e macchinari, ma costruire una comunità di carne, dove, come
nelle nostre famiglie i più fragili sono al centro e indicano il futuro.
Pistoia ha inaugurato questo percorso. Ne dobbiamo dare atto, senza
trionfalismi e massimalismi.
Molto resta ancora da fare. Siamo stati
i primi in Italia a porci il problema dell’ospedale a misura di disabili. Ci
siamo assunti una responsabilità a cui non ci vogliamo sottrarre Costruiremo
una cultura della costituzione anche nel diritto alla salute, se ci affideremo
al dialogo e non alla protesta massimalista e corporativa.
Massimo Toschi
Consigliere del Presidente Rossi
per la difesa dei diritti delle persone disabili
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 16 settembre 2013 | 10:58 - © Quarrata/news]
Nessun commento sull'ospedale, uno dei quattro in costruzione in Toscana.
RispondiEliminaSi presume che, da quanto descritto da Massimo Toschi, il nuovo ospedale è funzionale e fruibile dai disabili, in modo perfetto.
A completamente smentito in pubblico alcune voci in circolazione.
Non avendo visitato il nuovo ospedale se, qualcuno per gentilezza può essere utile a tutti di chiarire le idee.
Sarebbe grave che il Consigliere, avesse mentito pubblicamente ai cittadini, anche se, le bugie hanno le gambe corte.
In attesa,fiducioso di quanto chiesto un cordiale saluto
Pier
Ma questo Tosi è o ci fa? Simpatico, ecumenico e "consigliore" sopratutto quando dice che con i progettisti è sato cambiato quello che si poteva. Speriamo almeno che faccia il consigliere del Granduca gratuitamente, anche se ne dubito.In che mani siamo! Miserere nostri,domine!
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