di LUIGI SCARDIGLI
“La vita dei bicchieri e delle stelle” presentata nel
pomeriggio allo Spazio
PISTOIA. Uno pensa che a sentirne tessere le lodi con tanta riconoscenza,
di Giuseppe Grattacaso versione poeta, siano due amici parecchio generosi. E
invece, leggendole, le poesie, non solo quelle raccolte ne La vita dei bicchieri e delle stelle (Campanotto editore, 11 euro),
presentate nel tardo pomeriggio nella sala più accogliente della città, la
libreria Lo Spazio, a Pistoia, ti
accorgi che quel che è stato detto a proposito non contempli del tutto e fino
in fondo la musica e la teatralità dei suoi versi.
Asciutti, diretti, simpatici e ludici, mai
volgari, men che tendenziosi, seppur arditi; intimi, scorrevoli, delicati, ma
fieri, spesso presuntuosi, ma arricchiti dall’eleganza di chi chiede permesso
dopo essersi accomodato; dunque, originali, personali, che possono non piacere,
ma piacciono, che non vogliono scoprire nulla, inventando assonanze e
bisettrici galattiche, quelle che avvicinano le stelle, distanti anni luce
dalla nostra vita, ai bicchieri, così umani e alla nostra portata, spesso da
farsi rompere, dopo aver specchiato le nostre illusioni tra i riverberi di un
buon rosso. E le nostre paure, in agguato, che in qualche modo cerchiamo di
metabolizzare, inventandoci rime. E divinità.
La bellezza delle poesie di Giuseppe
Grattacaso, esaltato dalle parole di conforto e credito offerte dai due insigni
relatori, nonché colleghi, che l’hanno affiancato nella presentazione del suo
ultimo volume in libreria, risiede soprattutto nell’effimera profondità dei
suoi dubbi, che diventano piacevoli filastrocche da raccontare ai papà dei
bambini, ché non capirebbero; un incalzare teatrale, probabilmente amenamente
condizionato da tanta presidenza all’Atp, un ritmo parecchio musicale – e qui
mi sfuggono gli agganci -, un piacevole tramonto esistenziale al quale,
nonostante tutto, non si riuscirà a dare una risposta capace, prima che degna,
di far sopire i tormenti, metterli a riposo, dimenticandoli.
Sono poesie senza titolo, suddivise in
cinque capitoli (Bava di vento; La vita dei bicchieri e delle stelle;
L’atomo la polvere le spore; L’anima e Quartine d’agosto)
virtuali cadenzati da un riferimento puntualmente tradito dai versi, che
globalizzano gesti quotidiani, micro angosce personali, risoluzioni domestiche
con l’afflato di grandi progetti: versi ad elastico, che tendono a raggiungere
picchi inarrivabili attraverso piccole scale quotidiane delle quali ci serviamo
abitualmente nella nostra impari lotta diurna per la sopravvivenza.
La notte, però, porta consiglio, il
consiglio di arrendersi. Scrivendolo.
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[Venerdì 20 settembre 2013 | 21:08 - © Quarrata/news]
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