giovedì 18 luglio 2013

ARTISTI SI NASCE: E CONSUELO BELLINI LO NACQUE


di LUIGI SCARDIGLI

Seconda presentazione, nel giardino di Marty a Prato, della stravagante pittrice di Carmignano cresciuta tra Quarrata e gli Stati Uniti

PRATO. È una questione di predestinazione, di destini. Inesorabili. Difficile immaginare Consuelo Bellini fare una cosa diversa dalle molte che fa: dipingere, tessere fili e chiodi, disegnare abiti, inventarsi stili; ma anche vederla con un abito diverso, con uno spacco vertiginoso e con un taglio di capelli sobrio. La location della sua seconda inaugurazione, del resto, Sotto il vestito niente, è una culla inesorabile, anzi, pardon location, più che ideale: i suoi quadri sono appesi sui muri fatiscenti del giardino interno del negozio di abbigliamento Marty, a Prato, altro locale predestinato, come il mondo che ha guidato Consuelo Bellini fino a qui e dove l’accompagnerà per quello che le resta da vivere.

I dépliant della sua mostra sono appesi con delle mollette di plastica sui ramoscelli di un olivo che sembra essere parte integrante dell’esposizione. E lo è, ma anche no, forse. Gli allestitori dell’evento sono tutti in sintonia con la regina della serata: la banalità non abita qui, è poco più in là, lungo via Montegrappa, a Prato, che corre parallela, ma va da un’altra parte, ignorando, letteralmente, dove conduce quella che frequenta e si asfalta Consuelo Bellini, ormai da una vita, anche se a 40 anni suonati non ha ancora capito se questo sia il suo mondo. Per ora ci sta: ha le chiavi del suo appartamento e nessuno, fino ad oggi, le ha ancora detto di non essere gradita.
C’è anche della musica. E non in sottofondo, ma invadente, invasiva. Ad azionarla, modularla, sovrapporla ci pensa Silvia Cambi, una rossa che la mattina fa la maestra d’asilo, ma la sera, si trasforma in selector, che è una parente, un po’ meno professionale, dei Dj. O forse è la mattina che si trasforma davvero, chissà.
L’ambiente è stile tardo pop-art: i colori sono gli stessi lanciati in aria da Andy Warhol; non è cambiato nulla, da allora, figuriamoci i colori. Lei però, Consuelo Bellini, da quando ha deciso di lasciare la famiglia a Quarrata per andare a cercar fortuna negli States, nel 1993, è cambiata, soprattutto perché cresciuta. Lo avrebbe fatto anche restando a casa, certo, ma sarebbe evoluta diversamente e il coraggio, soprattutto il coraggio, sarebbe stato un altro. Quello di esagerare glielo ha dato l’America e ha imparato. È cresciuta tra i fili delle ricamatrici e almeno uno se lo è portato dietro fino a New York, a Miami, dove ha vissuto per circa venti anni, attrezzandosi a saper far tutto. Il campo è quello della moda, inteso nel senso più ampio del termine: dall’abbigliamento all’arredamento, tanto che nel 2002, al di là dell’Oceano che dista migliaia e migliaia di chilometri da Quarrata, Consuelo Bellini viene insignita da 2 premi internazionali, che la lanciano in quell’emisfero nel quale non ha ancora capito se vivrà il resto della sua via, ma che per il momento sono la sua abitazione, di cui possiede le chiavi. Per uscire, certo, ma anche per far ritorno.
Parlarne, però, è fuorviante: corro il rischio di non rendere l’idea – se di idee si tratta – perché Consuelo Bellini non scherza affatto, fa sul serio e anche le sue creazioni riscontrano tributi e gradimenti, quelli che si riservano a chi ha qualcosa da dire. Che non sia già stato detto. Per questo vi invito, soprattutto i suoi coetanei quarratini che le ricorderanno a stento e che ne hanno sicuramente perso le tracce a venire a vederla questa sua esposizione: nel corridoio in penombra che precede il giardino, Marylin Monroe, cromatizzata, come se si trattasse di una berlina d’epoca; chiodi, lustrini, paillettes e la sagoma di fondo, lo chassis, tanto per restare in gergo automobilistico.
Si continua con i fili e con i chiodi, con i colori, con la surrealtà che è così simpatica che finisce per essere credibile. Arrivano i primi visitatori e sono ideali, perfettamente incastonati nell’ambiente, come se fossero scappati dalle tele nascoste in un’altra stanza e fare festa al Marty.
Ma l’arte è anche questa: o si racconta la realtà e si trasuda sangue, o la si aggira del tutto. E ci si ride. A crepapelle.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Giovedì 18 luglio 2013 | 21:05 - © Quarrata/news]

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