PISTOIA. L’Intersindacale Media ha tracciato il seguente quadro
delle criticità del nuovo ospedale San Jacopo, cercando di allertare chi di
dovere:
Nei sistemi complessi non sempre il
cambiamento e l’innovazione comportano un miglioramento in termini di efficacia
nei risultati o di efficienza nell’organizzazione. In Sanità, forse il più
complesso fra i sistemi pubblici, ciò risulta essere particolarmente vero,
soprattutto se si considera che in una realtà avanzata come quella del nostro
paese un elemento imprescindibile deve essere la sicurezza degli operatori e
dei pazienti. La dimostrazione “in vivo” della centralità di questo principio
sta in ciò che, di negativo, sta accadendo a Pistoia, nel nuovo ospedale “San
Jacopo”.
A CHI È INDIRIZZATA LA LETTERA
DELL’INTERSINDACALE
S.E.
Sig. Prefetto di Pistoia
Dott.
Mauro Lubatti
Piazza
Duomo 10, 51100 Pistoia
Presidente
Regione Toscana
Dott.
Enrico Rossi
Piazza
duomo 10 - 50122 Firenze
Assessore
al Diritto alla Salute
Dott.
Luigi Marroni
Via
Taddeo Alderotti, 26 -Firenze
Direttore
Generale ASL 3 Pistoia
Dott.
Roberto Abati
Via
Pertini, 708 - 51100 Pistoia
Al
Sindaco del Comune di Pistoia
Dott.
Samuele Bertinelli
Piazza
del Duomo 1 - 51100 Pistoia
Al
presidente dell'Ordine dei Medici della Provincia di Pistoia
Dott.
Egisto Bagnoni
Viale
Adua 172 - 51100 Pistoia
Al
Direttore del Centro Gestione Rischio Clinico Regione Toscana
Dott.
Riccardo Tartaglia
Direzione
generale dei Diritti di Cittadinanza e Coesione Sociale
V.
Taddeo Alderotti, 26 N - 50139 Firenze
Risk
manager asl 3 Pistoia
Dott.
Ivano Cerretini
Via
Pertini, 708 - 51100 Pistoia
Tribunale
dei diritti del malato
Dott.
Vitale Mundula
Piazza Giovanni XXIII°
Al
Responsabile Codacons PISTOIA
Avv.
Rossella PANATTONI
UZZANO
c/o Pubblica Assistenza - via Aldo Moro,5
|
È ovvio che alcuni elementi di
miglioramento sono apprezzabili rispetto alla struttura del “Ceppo”, vecchia di
centinaia di anni. Ma è altrettanto vero che agli errori ed alle carenze di
programmazione, di gestione che ci corre l’obbligo di rendere noti, la
direzione dell’Azienda Sanitaria ha provato a rimediare con l’applicazione di
una strategia che sarebbe stata inaccettabile anche se si fosse trattato del
semplice trasloco di una privata abitazione: “…prima entriamo e poi vediamo di
sistemare e riparare quello che c’è da sistemare e riparare.” Però, quando il
tema è la salute delle persone tutto diventa particolarmente delicato,
soprattutto se si considera che in un ospedale le disfunzioni, i ritardi e gli
imprevisti possono ridurre drammaticamente i livelli di sicurezza. Il carrello
per le urgenze che non passa agevolmente nello spazio di una stanza di degenza
e che costringe il personale a spostare il letto prima di poter avviare le
manovre di rianimazione, la porta del bagno che si blocca intrappolando il
medico di guardia, il telefono mobile personale o il telefono portatile del
reparto in uso allo stesso sanitario che non comunicano in tutta la superficie con
il resto dell’ospedale, le porte del Servizio Psichiatrico che non possono
essere chiuse a tutela di malati fragili cosi come invece dovrebbe essere sulla
base di precise norme di legge (Ministero della salute – “Sicurezza dei
pazienti e gestione del rischio clinico” raccomandazione n. 4, Marzo 2008) sono
tutte realtà sussistenti che rendono palese a chi lavora all’interno di un
contesto che dovrebbe essere perfettamente operativo, un livello estremamente
preoccupante di problematicità. E se la salute è il bene prezioso che è,
risultano incomprensibili la fretta e l’improvvisazione che sono stati
applicati nel passaggio alla nuova struttura.
Inoltre, all’avvio dell’attività nel “San
Jacopo” si è voluto far coincidere l’implementazione di una nuova
organizzazione: l’intensità di cure. Modello poco compreso, perché in larga
parte ignoto e poco conforme ai percorsi formativi del personale ed alla cultura
della sanità pubblica italiana, basato sulla rivisitazione pleonastica e
pretestuosa di un principio – “il cittadino al centro del sistema” – sul quale,
fin dal 1978 con la riforma 833, è incardinata la sanità pubblica nel nostro
paese, sta producendo una articolazione dei carichi di lavoro ed un livello di
confusione che, in particolare in alcuni “setting”, possono comportare un
aumento della probabilità di errore.
Eventi realmente accaduti sono:
– ostetriche che non sono riuscite a
contattare telefonicamente la guardia di anestesia o la rianimazione per
un'urgenza in sala parto, evento che avrebbe potuto determinare gravi rischi
per la salute del bambino;
– infermieri della rianimazione che non
riescono a rintracciare il medico di guardia per una improvvisa emergenza che
si viene a creare nel reparto (nel caso paziente con tracheotomia che si era
decannulato), perché cordless wifi della rianimazione non dava segnale e il
cellulare personale del medico non aveva campo.
– ostetrica della sala parto che
dovendo, a fronte di un'urgenza, chiamare uno dei ginecologi impegnati in sala
operatoria per due cesarei, non sapendo come farlo per la mancanza di segnale,
contatta i medici della rianimazione chiedendo a loro di andarli a cercare non
sapendo che nel nuovo ospedale non è stato previsto un passaggio diretto tra
rianimazione e sala operatoria.
– chirurgo di guardia in ospedale che
non essendo stato possibile rintracciare mediante il cordless wifi né su quello
personale (che pur indossava) per assenza di linea viene cercato al proprio
domicilio dove la moglie basita e preoccupata risponde che il marito è assente
perché in servizio proprio nell'ospedale da cui riceve la chiamata.
– Nelle aree di degenza mediche e
chirurgiche “aperte” con bancone di lavoro infermieristico/medico piazzato in
un corridoio dove di continuano squillano telefoni sia per chiamate
esterne/interne sia come ripetitore delle chiamate di richiesta dei campanelli
dei degenti e dove si affolla personale di servizio che necessita di informazioni
su pazienti da visitare o per prestazioni da effettuare (consulenti,
portantini, OSS, fisioterapisti, personale della manutenzione, operatori delle
pulizie, amici e parenti di ricoverati ) comporta una continua persistente
interruzione dell'attività degli operatori del reparto (medici ed infermieri)
che rende estremamente difficile la concentrazione e l'esecuzione di procedure.
Il caso di Grosseto relativo all'attribuzione di una sacca di sangue dovrebbe
essere emblematico degli errori che si possono commettere quando la stanchezza
e la concentrazione vengono a mancare. Al San Jacopo la tragedia su errata
trasfusione è stata evitata per un soffio e solo grazie al giusto “maniacale”
controllo dei colleghi del trasfusionale.
– persistenza dell’impossibilità di
chiudere porte che da progetto dovrebbero stare chiuse poiché non è ancora
funzionante l’accesso elettronico.
In questo stato di confusione “ambientale”
devono lavorare ogni giorno medici ed infermieri, i cui carichi di lavoro sono
aumentati ed aggravati da una sempre maggiore carenza di personale, che li
costringe a dover lavorare in fretta, per poter eseguire tutti i compiti
previsti nel turno, compiti che per la loro natura sono già complessi perché
non ripetitivi e pieni di “imprevisti”, come nuovi ricoveri, o aggravamento di
pazienti e che pertanto richiedono un costante ed elevato livello di
attenzione.
Anche la diversa numerazione dei letti
di degenza, non più numerati in ordine progressivo (1,2,3,4...) ma per camera
(letto 1-1, letto 1-2, letto 3-1, letto 3,2, letto 3.3 etc.), contribuisce
notevolmente alla confusione e facilita errori e scambio di paziente. All'OBI
la situazione è ancora più paradossale, con camere a posti letto più numerosi
perché le numerazioni si incrociano quasi in diagonale. Errori di attribuzioni
di terapia e di esami sono quasi all'ordine del giorno comportando rischi per
il paziente, errori o ritardi di diagnosi con potenziali effetti avversi anche
gravi.
Errori di attribuzioni di terapia e di
esami sono quasi all'ordine del giorno comportando rischi per il paziente,
errori o ritardi di diagnosi se non effetti avversi talora gravi.
Tutto questo delinea il profilo di una
situazione, a nostro parere, paradossale: ai professionisti resta comunque,
perché non differibile, tutta la responsabilità civile e penale pur essendo
costretti ad agire in un contesto strutturale ed organizzativo deciso in larga
parte da terzi soggetti che operando prevalentemente in base a vincoli
economici e non sono implicati direttamente nelle attività assistenziali.
Infatti, risorse professionali e strumentali, contenitori organizzativi, flusso
informativo ecc. sono tutti elementi che nell’organizzazione aziendalistica
della Sanità competono ad un soggetto (la direzione aziendale ed il “management”
che dovrebbe farle da supporto) che ha pochissimi interfacciamenti con la
componente professionale fino al punto di eludere o forzare perfino le
prerogative di rappresentanza.
E quando avviene che la riorganizzazione, invece
che essere il motore di un miglioramento reale diviene una sovrastruttura
impiegata per perseguire scopi non esplicitamente dichiarabili (riduzione del
personale, indebolimento o chiusura di strutture ritenute ridondanti o
superflue, ad esempio) e che spesso nulla hanno a che fare con la qualità
stessa dell’assistenza, è inevitabile che si generi confusione e con la
confusione che si genera possa diminuire la sicurezza.
Pertanto, in queste poche note
l’Intersindacale Medici di Pistoia ha cercato di dare voce alla preoccupazione
dei professionisti che operano negli ospedali della ASL 3 portando
contestualmente all’attenzione delle SS.LL. alcuni problemi. Il tutto nella
assoluta convinzione di agire esclusivamente con finalità di tutela
dell’interesse generale.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Sabato 14 settembre 2013 | 19:44 - © Quarrata/news]
A questo documento "allucinante" manca un indirizzo ( forse perchè tanto.....) : Al Procuratore Capo della Repubblica - Piazza Duomo Pistoia.Non ce ne è abbastanza?????
RispondiEliminaConfermo in pieno quanto detto da Bonacchi. Qui, le ipotesi di reato spuntano fuori ad ogni angolo come funghi. Ce ne potrebbe essere per chi l'ospedale lo ha progettato, per chi lo ha materialmente costruito, per chi ha omesso, durante la costruzione, una oculata e precisa sorveglianza, e chissà per quanti altri.
RispondiEliminaSe ad avvisare la Procura non ci ha pensato l'Intersindacale Medica, ci può però pensare qualunque cittadino; oppure è pensabile ed auspicabile che la Procura stessa, all'interno della quale questi sfaceli sono senz'altro già noti, sia in condizioni di agire d'ufficio senza ulteriori tentennamenti.
Piero Giovannelli