venerdì 11 marzo 2011

PORTE APERTE, MA ANCHE FINESTRE SULL’AIAS


PISTOIA. Davvero lodevole l’iniziativa delle diocesi di Pistoia e Pescia, che oggi ci viene proposta e pubblicizzata dal Tirreno.
Sarebbe ormai l’ora che la fede, smettendo di occuparsi di politica e di partiti da sostenere o combattere – partiti sui quali, però, non si sputa quando concedono l’esenzione dall’Ici: e di questo don Sciortino, forse, dovrebbe ricordarsi più spesso –, tornasse a guardare ai valori dichiaratamente evidenti e fondanti nel Vangelo.
È una strada tutta in salita, però. E ciò si sente anche da cosa dice Pierattini allorquando rileva che il discorso delle porte aperte trova ostacoli e resistenze nelle singole parrocchie.
Anche la chiesa, in Italia, soffre dell’assunto temporale di cui patisce la stessa giustizia, da stamattina ‘teoricamente’ riformata: la comunità di Dio ha un impianto sostanzialmente accusatorio; sa puntare il dito più alla svelta e meglio più che trovare (e vivere) i veri parametri e intendimenti di quel Cristo a cui prelati, religiosi e secolari praticanti troppo spesso si richiamano, ma che troppo spesso travisano attraverso la superbia dell’arroganza e della presunzione di sapere essere ortodossi e teologi ufficiali e autorizzati al tempo stesso.
Speriamo che questo ripensamento sia sincero e non solo una mossa per riportare all’ovile pecorelle smarrite.
Ma speriamo anche che, oltre ad aprire le porte agli smarriti, la chiesa Pistoiese sappia aprire anche le finestre e tenerle ben spalancate per mostrare come si vive dentro ad essa, secondo l’indicazione di un filosofo pagano, ma dal quale predicatori e moralisti cristiani tanto attinsero: quel Seneca, che invitava a vivere a porte aperte e finestre spalancate perché tutti potessero osservare e misurare la coerenza fra le parole e i fatti.
Nella fattispecie – e lo ripetiamo anche stamattina e per l’ennesima volta – inizi il vescovo Mansueto a far vedere come e cosa ha in testa riguardo all’AIAS.

È la miglior maniera che ha, per rendere una testimonianza (finora negata) non solo di fede, ma anche di giustizia. Di cui il mondo – compreso quello dei suoi fedeli – è irrinunciabilmente assetato.

e.b. blogger
* * *
Incontri di spiritualità per coniugi,
saranno coinvolte anche le parrocchie
Porte aperte ai divorziati
Nuova iniziativa delle diocesi di Pistoia e Pescia

PISTOIA. Nuovo incontro formativo di spiritualità nel cammino per coniugi separati o divorziati. L’appuntamento, promosso dagli uffici che nelle diocesi di Pistoia e Pescia si occupano di pastorale familiare, è al Castellare di Pescia (nella parrocchia) sabato prossimo.
Altri incontri sono programmati per il 16 aprile e il 21 maggio.
«La Chiesa non vi abbandona – spiega Piero Pierattini che con la moglie Paola dirige l’ufficio pistoiese – purtroppo è passata una idea del tutto sbagliata: che i divorziati, i risposati, i conviventi siano peccatori, quasi irrecuperabili, persone che non hanno più accesso alla comunità cristiana. Ciò non è ovviamente vero perché la Chiesa non rifiuta nessuno. Anzi: dato che sono fratelli e sorelle in sofferenza è anche e soprattutto a loro che la Chiesa deve essere più vicina».
Pierattini sottolinea uno specifico aspetto di tale rapporto. «Essere vicini significa essere accoglienti, avere la “porta aperta”, far capire che nessuno deve sentirsi emarginato. La comunità parrocchiale deve sapere accogliere, deve invitare tutti a vivere la pienezza della vita parrocchiale».
Il cammino proposto da questa iniziativa delle due diocesi si concretizza in incontri mensili dove «c’è davvero posto per tutti: lo stile è quello dell’accoglienza familiare, tanto che ogni pomeriggio si conclude con una cena vissuta in modo frugale; chi apparecchia, chi dà una mano in cucina, chi si preoccupa di mettere a posto alla fine».
In una seconda fase del percorso – aggiunge Pierattini – sarà previsto uno specifico coinvolgimento delle parrocchie. «Riuscire a coinvolgere le parrocchie delle coppie interessate è fondamentale perché troppo spesso, troppe volte, passano messaggi errati tipo “sei separato e dunque non puoi fare la comunione”».
«C’è invece un forte bisogno – conclude Piero Pierattini – di educare le nostre comunità in questo senso: dobbiamo far capire meglio che la “porta aperta” di cui si diceva prima non è virtuale ma reale. Quante volte, invece, le nostre parrocchie, purtroppo, additano i divorziati quasi come fossero peccatori sociali!».

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 11 marzo 2011]

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