domenica 6 marzo 2011

ORA DI RELIGIONE: «IL TORO VA PRESO PER LE CORNA»


PISTOIA. Stamattina sui due giornali di cronaca locale campeggia il tema dell’ora di religione; e su La Nazione parlano il caposervizio Zetti e il vescovo Bianchi, con gli interventi che ribattiamo puntualmente:

Buona domenica
Il valore
della scelta

Che l’ora di religione avesse perso appeal non rappresenta una novità. La scuola di oggi è una scuola moderna e aperta ai valori di civiltà. Scegliere liberamente è una conquista, ma non scegliere rappresenta un passo indietro. Non discutiamo dei numeri, non vogliamo entrare nel merito di chi decide di non avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Ma non possiamo non soffermarci sul vuoto che certi numeri evidenziano. Dire no alla religione e optare per un insegnamento alternativo va bene. Dire no e scegliere di non far nulla non è invece accettabile. È il sintomo di un vuoto e di una mancanza di interessi che ci deve interrogare sul valore educativo della scuola. Non è facile prendere una decisione a 15 anni. Molto più semplice saltare la lezione e uscire con gli amici. Ma è il disinteresse che ci colpisce. Perché scegliere di non fare nulla significa rinunciare.
Cosimo Zetti
Caposervizio
La Nazione/Pistoia

L’intervento
Invertire la tendenza

In qualche diocesi toscana i dati sono peggiori, ma certo la situazione di Pistoia sulla frequenza alle ore di religione è problematica. Come comunità ecclesiale siamo chiamati a farci interrogare da questi numeri e dobbiamo capire cosa possiamo fare per invertire una tendenza preoccupante. Il toro va preso per le corna. Sono ancora tantissimi i ragazzi che scelgono di fare religione, ma resto preoccupato per i numeri, in crescita, di chi non solo abbandona questa materia ma addirittura la sostituisce con il nulla. In effetti va anche considerata la debolezza strutturale dell’alternativa: troppo semplice, per molti, limitarsi a uscire un’ora prima, ma anche troppo impoverente.
Come far capire che l’insegnamento della religione cattolica non ha valenza di indottrinamento ma è un aiuto per capire meglio una lunga storia di identità oggi preziosa anche per abitare insieme a persone di culture, e fedi religiose, diverse? Come raccontare ai giovani, in un contesto culturalmente sempre più debole, che la conoscenza sui fondamenti del cristianesimo è essenziale per entrare, ad esempio, in un qualunque museo? Come far riflettere sull’importanza di una dimensione anche verticale che sia di aiuto alla dignità stessa di un uomo che molti poteri, oggi, vorrebbero schiacciare a una dimensione solo orizzontale vedendolo come docile consumatore e obbediente suddito?
Mansueto Bianchi
Vescovo di Pistoia

Zetti si chiama fuori dal merito della questione; il vescovo, invece, parla – giustamente – della necessità di prendere il toro per le corna.
Sono d’accordo con lui: a condizione che anche lui, però, com’è suo preciso dovere di religioso e di vescovo, prenda il suo toro per le corna e lo domi.
Finora monsignor Bianchi, purtroppo, non lo ha fatto vedere, questo suo impegno; e pertanto non è del tutto convincente in queste sue giuste – almeno sotto il profilo logico – affermazioni.
È necessario dunque che, prima di chiamare a riflettere i suoi fedeli, sia lui, in prima persona, ad avviare un cammino di contrizione e di mea culpa: perché passa attraverso questa sua preventiva presa di coscienza quell’impegno morale che la chiesa – e in specie certa chiesa politicamente impegnata – chiede agli uomini, ai poteri e ai governi: che non sono solo quelli di Berlusconi, ma tutti i governi di tutto il mondo, di qualsiasi genere.
Ha ragione, sua eccellenza, quando dice che non si entra in un museo pretendendo di capire l’arte, se non si conoscono anche le fondamenta del cristianesimo.
Ma non tiene presente – o non vuole tenere presente – il fatto che i suoi docenti di religione, più che insegnare i fondamenti del cristianesimo, insegnano la morale cattolica, che è cosa ben diversa. E da qui l’impressione e l’idea, spesso fondata, dei ragazzi e delle famiglie, che si impongano condizionamenti alle coscienze e si conculchi la libertà delle idee di ciascuno. E da qui anche la fuga dall’ora di religione.
Non è la prima volta che, da insegnante, mi sono trovato in difficoltà affrontando Dante o anche semplicemente rammentando la parabola dei talenti, del figliol prodigo (perfino questa) o del buon Samaritano: perché molti docenti non insegnano a leggere il Vangelo e ritengono che Dante abbia fatto il suo tempo e debba essere messo da parte, dato che, se ne abbiamo bisogno, ce lo spiega Benigni! Ma non c’è solo Dante: c’è tutta la storia e la scienza del mondo occidentale in gioco. E per giunta la promozione della storia di Berlinguer (la ricordate?) è stata un fiasco assoluto.
Io mi chiamo laico, ma vengo da una esperienza cattolica, e di quelle veramente cattoliche fin dall’inizio. E mi preme chiarire, una volta per tutte, che ho sempre rimproverato ai miei studenti di essere dei perfetti ignoranti di religione; con due colpe: la presunzione di snobbare il cristianesimo su base puramente ideologica; la rozza arroganza con cui si pensa di poter fare guerra a qualcosa che si disprezza solo perché non si conosce.
Ma un’altra cosa non tiene presente, come dovrebbe, sua eccellenza Bianchi: il fatto che chiunque si renda latitante e contumace su aspetti qualificanti che riguardano la propria vita e la propria realtà, professione o fede, perde credibilità e non viene ascoltato come desidera o si aspetta.
Mi riferisco, per l’ennesima volta, alla vicenda Aias/Tvl/Fondazione Santa Maria Assunta in cielo, su cui Mansueto Bianchi finge di non sentire le domande che gli vengono rivolte e alle quali è suo dovere rispondere, sempre sia come religioso che come vescovo.
La chiesa evangelica degli umili, dei diseredati, degli operatori di giustizia non può fingere di non sentire le grida di chi, in mezzo alla folla, chiama Cristo come il cieco di Gerico in Marco, 10, 46 e seguenti.
Quella chiesa deve fare come Cristo: fermasi e dire chiamate chi mi chiama. E quando sente che le si chiede chiarezza, limpidezza, trasparenza, quella chiesa fa chiarezza, limpidezza e trasparenza. E parla ed esprime il proprio pensiero su ciò che non è chiaro e che ha in casa, all’interno di se stessa. E se ha un problema con un fratello, prima di tutto va e si riconcilia con quel fratello: non tira avanti chiudendo gli occhi e riservandosi di avvalersi del quinto emendamento, il diritto di non parlare; perché quel diritto è degli uomini e non del cristiano che invece deve farsi riconoscere nella e per la verità, secondo l’insegnamento di Paolo.

Finché sua eccellenza non prenderà questi tori per le corna, sarà difficile che possa essere ascoltato dai tanti ‘mendicanti’ e ciechi di Gerico che gridano per strada e che, purtroppo per loro – ma con le conseguenze che si vedono nella non-scelta dell’ora di religione –, restano assolutamente inascoltati da quanti dicono di amare i fratelli, di lavorare per l’affermazione della verità e della giustizia, di voler guidare il popolo dei credenti sulla strada segnata dal Vangelo.
Edoardo Bianchini

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[Domenica 6 marzo 2011]

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