sabato 26 marzo 2011

AIAS. DO IT YOURSELF!


T’amo, città di crucci, aspra Pistoia,
pel sangue de’ tuoi Bianchi e de’ tuoi Neri,
che rosseggiar ne’ tuoi palagi fieri
veggo, uom di parte, con antica gioia.

Come s’uccida in te, come si muoia
i Panciatichi sanno e i Cancellieri.
Fin quel de’ Sigisbuldi, tra pensieri
d’amor, grida: «Emmi tutto ‘l Mondo a noia!».

Vanni Fucci odo, come nell’Inferno
tra i sibili del serpe che l’agghiada,
«A te le squadro!» ulular furibondo.

Cino rincalza, folle del suo scherno:
«E’ piacemi veder colpi di spada
altrui nel vólto e navi andar al fondo».

Gabriele D’Annunzio





PISTOIA. C’è una città, in Toscana, che crede di essere al centro dell’universo e si sente, un po’ troppo spesso e un po’ troppo volentieri, ombelico del mondo.
È una città che si fregia del titolo di città a misura d’uomo, ma che dell’uomo ha – spesso e volentieri, nelle manifestazioni del potere – gran parte del peggio.
È una città rammentata da Dante per un personaggio che non si fece onore, perché rubò in chiesa. Ed è una città che gente di molto tempo dopo, con una definizione quasi profetica, relegò nel limbo delle città del silenzio, forse perché vi intravide davvero una casa della reticenza e dell’omertà.
Nelle manifestazioni del potere, questa città sembra davvero un ombelico della negazione del vero, del respingimento di una pur minima volontà di mettere a nudo i propri problemi, di metterli in discussione apertamente e – se del caso – di chiederne, al momento opportuno, quando la verità non può più essere respinta, perdono e venia pubblicamente: per reiniziare un percorso di verginità, credibilità, trasparenza e giustizia.
È una città che non ha informazione, non perché i suoi abitanti non amino essere informati, ma perché quelli che contano – e che fanno parte di un potere trasversale che salta non solo fossi, ma addirittura canali o interi fiumi più grandi di una Vistola, di una Neva o di un Volga – hanno deciso che di informazione in questa città si possa parlare solo per quanto riguarda le fiere di beneficienza, le sagre delle frittelle, gli eventi sportivi, le giostre del 25 luglio o le iniziative della Caritas: tutti sempre e solo argomenti importanti per promuovere immagini insostanziali, marginali ed evanescenti, ma certo non utili a informare il popolo di ciò che veramente accade sotto i suoi piedi o dietro alle sue spalle.
Se ne meraviglia persino Mauro Banchini (23 marzo 2011) quando scrive, in un post del sito del vescovo, rimasto senza séguito, ma che allude all’Aias:

Qualche esempio di “segreti” che ciascuno di noi vorrebbe vedere, localmente o globalmente, raccontati con onestà da un giornalismo la cui unica missione è aiutare il diritto dei cittadini a essere informati?

Pistoia è questa. I suoi organi di informazione sono questi. I suoi capi e le sue guide spirituali sono questi e tutto procede su questa strada sonnolenta, lungo la quale nessuno prende mai un toro per le corna – tanto per usare un’espressione già adottata dal vescovo Bianchi – e lo doma come dovrebbe, almeno per tentare di impedire che altri tori scappino dalla stalla e si scatenino.
In questa città da più di un anno si sta combattendo una guerra fiera e feroce, dura come quella irachena, irriducibile come quella afghana. Una guerra giocata su due piani: quello apparente e quello reale, ai quali i mezzi di informazione partecipano o non partecipano a seconda dei casi e delle persone attuali, come avrebbero detto i pistoiesi del dopoguerra.
Stamattina, 26 marzo, giorno di un’assemblea decisa da un giudice per un consiglio di amministrazione che l’organismo di cui faceva parte ha dichiarato decaduto, uno dei giornali, Il Tirreno, fa un cenno rapido e timido alla vicenda afghana.
Lo fa dopo aver contattato, nei mesi scorsi, persone a cui ha chiesto interviste che poi, però, non sono state pubblicate.
Lo fa dopo avere saltato, a piè pari, tutti i documenti che abbiamo pubblicato su questo blog, l’uno dopo l’altro: ma, alla fine, ha il merito di far dire a chi della guerra è stato il capofila, il generale, il duce – Luigi Egidio Bardelli – la verità, o almeno una verità parziale, sulle sue vere intenzioni: la volontà di sganciarsi dall’Aias nazionale come uno stadio di un razzo vettore, per iniziare una navigazione nello spazio autonomamente o troppo individualisticamente (rileggete Tito Rastelli nella sua intervista a Scardigli); una navigazione a vista e non strumentale, una navigazione cioè in cui nessuno venisse a ficcare il naso, a chiedere spiegazioni: ma badate bene, non di fatti interni e personali, bensì di passaggi di denaro pubblico (Aias) verso realtà private (Tvl e/o altro) non si sa bene a quale titolo.
Bardelli dunque voleva questo? Così parrebbe. E quei venti genitori di Quarrata che, parte del consiglio di amministrazione dell’Aias, chiusi in gattabuia come i bimbi del Cip & Ciop, sono stati fatti fuori nel 2009? Beh, quelli non contano!
E non contano perché non la pensano come il quarantennale benefattore dell’Aias e di tutte le famiglie dei bisognosi: il topànta che ha guidato, consolato e sorretto tutti come un vero taumaturgo, come un buon padre e un buon pastore; quell’indiscusso e indiscutibile Bardelli che, dall’alto della sua incrollabile fede, stamattina dichiara a Tiziana Gori sul Tirreno:

Gira voce che sarà chiesta l’uscita dell’Aias pistoiese dall’Aias nazionale. È vero?
«È un desiderio – risponde Bardelli – che in tanti manifestano. Tante persone che ho incontrato in questi mesi mi hanno chiesto che senso aveva continuare a rimanere nell’Aias nazionale. Ma non credo sia il momento. Poi sarà l’assemblea a valutare, se la questione sarà posta, il da farsi».
Ma la richiesta partirà da lei?
«No, non da me».

Ingenua, Tiziana Gori, a chiedere a Luigi Egidio se sarà lui a porre la questione fuga da Alcatraz.
Ingenua, ma dunque è tutto vero quello che abbiamo sentito dire per quasi un anno sulla nuova struttura che sarebbe stata già pronta a sfilare dalle tasche dell’Aias la Schindler’s list degli assistiti della provincia per portarseli via e chissà dove.
Epperò nessuno che abbia detto una frase, una parola, prima di oggi. Nessuno che abbia informato. No. Ma… scherziamo? direbbe Bersani.
E tantomeno ha parlato quella realtà, Tvl appunto, di cui Bardelli sarebbe il dominus et deus, il padrone e il garante, l’alfiere e il re al tempo stesso. Quella tv che dà, sì, lavoro a 5 giornalisti con annessi e connessi, ma che glielo dà – non c’è dubbio e basta vedere il tipo di informazione che porta avanti – secondo le regole ferree del suo persiano monocrate: regole di rigido aut-aut, o silenzio o fuori sùbito. E gli esempi i pistoiesi li hanno avuti con la caduta di teste e nomi illustri, per i quali rimandiamo all’intervista di ieri di Luigi Scardigli.
Stamattina – con un timido accenno del Tirreno, con il silenzio più ermetico della Nazione, partita bene, ma poi finita alla pistoiese, cioè nel silenzio – all’auditorium ci sarà quello che ci sarà. In giornata vedremo.
Sarà un’ovazione per Bardelli: e non potrebbe essere difficile, visto che presenti saranno solo i bardelliani o quasi. O ci sarà un cambio di guardia – fra le vocine, che sono circolate, c’è stata anche quella di un avvicendamento di presidenza da Luigi Egidio a G(iorgio) F(ederighi), favorito da Bardelli ovviamente. Ma una cosa è certa: che in questa confusione di sacro e di profano, di indignazione e di esasperato individualismo, di epurazioni mediatiche e di sostegno all’epuratore, potrebbe non essere fatto quel taglio, quella amputazione che – non nascondiamoci dietro un dito – sarebbero necessari e visti come tali da gran parte degli uomini di buona volontà, di quelli che – sempre secondo le parole di Rastelli – vogliono bene all’Aias e ne auspicano un radicale ammodernamento, una assoluta sprovincializzazione, che in altri termini è possibile definire sbardellizzazione dell’Aias.
Se nel pomeriggio, però, saremo tornati ai santi vecchi, Pistoia continuerà ad avere silenzio in cambio di soldi.
Continuerà ad avere una Tvl ‘della collettività’ (come ama dire Bardelli coi suoi proclami di non-scoop e di rispetto della personalità), ma in realtà ‘molto privata’ e poggiante sul principio che, chi chiede alla De Sio se conosce il problema delle morti per amianto alla Breda, viene preso a calci in culo e mandato via.
 Continuerà ad avere una Tvl che ingoia quattrini che partono dall’Aias (soldi pubblici) e finiscono in via Monteleonese 95/21 non si sa a quale titolo.
Continuerà ad avere un Bardelli che, chiamato a spiegare certe sue mosse, assumerà atteggiamenti simili a un Mosè che lancia l’anatema contro il vitello d’oro quando discende dal Sinai, con accanto un don Pancaldo-Aronne che lo sosterrà in ogni modo e ad ogni costo, anche perché condivide, con Bardelli, la proprietà di Tvl – su cui, fra l’altro, non sarebbe male aprire un appropriato capitolo, perché questo è il dovere dell’informazione, di quella vera e non di quella addomesticata e agli ordini dei signori del silenzio.
E se domani Pistoia avrà ancora una situazione di questo genere, potrà ringraziare la sua non-stampa o scarsa informazione, i suoi poteri pubblici, il suo vescovo e quanti se ne sono rimasti zitti e cheti, aspettando gli eventi e giudicando che tutto fosse un arrosto che non toccava loro.

Buongiorno Pistoia, allora. Ed àbbiti quello che ti vai cercando nel tuo condannato silenzio da questo momento (ore 9,45 circa), in cui i cardinali si stanno ritirando in conclave all’auditorium per partorire un loro adeguato... Sommo Pontefice!
e.b. blogger

P.S. – Uno dei documenti a corredo, mostra l’acquisto di azioni di Tvl da parte di don Diego Pancaldo (25.822, 84 €, per un totale di 55.680 azioni) che, stando a ciò, avrebbe interesse a che tutto restasse com’è.
* * *
Una doverosa precisazione

Qualcuno ci fa notare che,  nel passaggio che segue, c’è una imprecisione:
E quei venti genitori di Quarrata che, parte del consiglio di amministrazione dell’Aias, chiusi in gattabuia come i bimbi del Cip & Ciop, sono stati fatti fuori nel 2009? Beh, quelli non contano!
Correggiamo sùbito il tiro: quei venti genitori non erano parte del consiglio di amministrazione, ma soci dell’Aias.
Ciò non modifica, tuttavia, la sostanza di una epurazione che comunque c’è stata.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Sabato 26 marzo 2011 - Il giorno della civetta]

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