lunedì 21 marzo 2011

TOGETHER, MA SOLO SULL’ICI E POC’ALTRO… (OVVERO: UNA VOCINA POCO FA)

 PISTOIA. Un lettore scrive:


Caro Bianchini,
ho letto il suo commento alla “vocina” di Banchini.
Perfetto! Meglio non poteva rendere lo stato di incertezza del giornalista: ora sì, ora no, ora sì...
Io però mi chiedo perché Banchini si trovi in tale stato di sospensione. Poderosi giornalisti ci stanno spiegando in questi giorni che non vi è differenza fra la partecipazione occidentale alla guerra contro l’Iraq di Saddam Hussein e l’attuale contro la Libia del colonnello Gheddafi. Eppure, nel primo caso, Banchini inalberò sul campanile del Duomo la bandiera arcobaleno.
Ora, invece, è la volta del dubbio, della vocina, del fòro interiore turbato, della coscienza perplessa. Eppure, le bombe di Sarkozy (uno senza scrupoli ma anche senza infingimenti) e compagnia metteranno fine, con la Libia di Gheddafi, alla madre di tutti i bunga bunga.
Don Sciortino, che è vezzeggiato a Pistoia, dovrebbe fare salti di gioia e affilare la punta dei Tornado. Invece, sono tutti perplessi.
Non sarà mica che il Pd questa volta è bombarolo, il che rende imprudente protestare apertamente e fino in fondo? In certi partiti, quando non dissentono tutti, dissentire non sta bene, non è educato.
Tutte le guerre sono stramerdose, ma gli esponenti, antenati compresi, del Partito Democratico possiedono un’arte del distinguo che non ha pari:

  1. Vietnam americano no
  2. Afghanistan sovietico sì, va bene
  3. Cile di Pinochet no
  4. Ungheria 1956: una dura necessità del progresso dei lavoratori
  5. Polonia 1969: una mezza necessità, e comunque Ian Palach era un disturbato
  6. Iraq e Afghanistan talebano: una prepotenza yankee
  7. Serbia di Milosevic e Libia di Gheddafi: bombardabili, divenendo la prima, una non guerra dalemiana, la seconda una non guerra napolitana!

Sanno sempre come argomentare, come esporre, et est bona expositio, se poi non si annuncia tale, c’è sempre la “vocina” a trarre d’impaccio e a darti il tempo di imparare ad odiare.
È d’accordo, professore?
Suo
Nardi Antonio

Caro Nardi,
sono perfettamente d’accordo con lei. Su tutto. Tranne su due cose, che lei mi perdonerà.
La prima è che, d’ora in poi, d’autorità, le invertirò il cognome-nome. Non se la prenda.
La seconda è che mi farà davvero piacere se scorderà di chiamarmi professore.
All’amico Marzio Pieri, ordinario di Letteratura Italiana all’Università di Parma, all’inizio degli anni 80 io scrissi chiarissimo professore: e lui mi rispose chiedendomi di non farlo mai più, perché – scrisse – «lei non sa quanto poco mi illumina quell’aggettivo».
Lo comprendo bene oggi, a distanza di quasi trent’anni.
E, ammesso che mi sia mai sentito professore, sapesse quanto poco mi sento tale ora che, nonostante tutti gli attacchi alla Gelmini (che pure ha un sacco e una sporta di vizi) da parte di molti prof. impegnati a sinistra, la realtà è tale che, su ogni libro che viene immesso nel circuito della scuola, le case editrici sono costrette a stampare la guida per il docente, forse perché molti docenti sono così saputi e imparati che leggono sul libro per spiegare alle classi, e che, per citare Quintiliano – che quasi più nessuno conosce –, finiscono per insegnare solo la loro inammissibile e violenta imperizia.
Sul resto non discuto, caro Nardi.
Tutta la chiesa è un disaccordo su tutto, in tutte le anime che presenta. E tutti i cattolici sono un disaccordo su tutto, per le anime tri-partite (o trinariciute come i comunisti degli anni del dopoguerra alla Guareschi?) fra cattodestristi, cattocentristi e cattocomunisti. Ormai la chiesa non è più Cristo, ma è un catto+qualcosa. E non mi pare davvero poco.
Il governo, poi, è comunque da sparare – si direbbe un po’ alla romanesca. Per questo lei cita opportunamente don Sciortino, così caro ai pistoiesi.
Di buono il governo avrebbe fatto solo tre cose: ha tolto l’Ici alla chiesa, ha immesso in ruolo i prof. di religione, ha vinto il ricorso sul crocifisso (ma meno male che la notizia è arrivata insieme alla guerra a Gheddafi, così si può far finta di non accorgersene e si può tirare innanzi come Amatore Sciesa).
Già, i prof. di religione… Che con molta cristiano-sociale solidarietà, invece degli usuali 25-30 allievi per classe che toccano agli altri docenti, ne hanno spesso, anche solo 1 o 2. E che – sempre con molta cristiano-sociale solidarietà – hanno il privilegio di far punteggio per poi passare, dall’insegnamento della religione (se è tale e non è, invece, morale cattolica), a quello delle materie in cui sono laureati, scavalcando in sorpasso tutti gli altri in fila.

Anche questa è dottrina sociale, o no? Che ne dice? È d’accordo, dottor Nardi?
Suo
e.b. blogger

P.S. – Lo so che la cosa è odiosa e impopolare: ma perché anche di questo il vescovo e la curia non parlano mai?

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 21 marzo 2011]

Nessun commento:

Posta un commento

MODERAZIONE DEI COMMENTI

Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.