PISTOIA. Stamattina sul Libro aperto di Mauro Banchini, direttore dell’Ufficio Comunicazioni Sociali della diocesi di Pistoia, è comparso questo post:
Se bombardiamo Gheddafi
dopo averci fatto affari
Accolto un anno fa come un leader con il quale fare affari e al quale perdonare tutto – comportamenti a dir poco stravaganti compresi, ricordate la tenda? ricordate le ragazze da convertire? ricordate i caroselli dei Carabinieri? – adesso facciamo parte della coalizione che vorrebbe eliminarlo.
Siamo in guerra con il colonnello Gheddafi, passando dalla politica del baciamano e dei risarcimenti miliardari alla politica dei missili e delle bombe. Gli abbiamo venduto le armi che adesso, Dio non voglia, lui potrebbe “restituirci” indietro nel corso di un’avventura bellica che – come tutte le avventure belliche – si sa quando comincia ma mai quando (e come) finisce.
Giustamente diciamo di voler difendere le libertà dei “risorgimentali” libici, la loro voglia di democrazia. Ma in quante altre parti del mondo altri “risorgimentali” combattono per gli stessi ideali – in territori magari privi di petrolio – e noi non interveniamo?
So bene che questo tipo di vicende, come tutto del resto, ha molte sfaccettature. Ma continuo a sentire una vocina, dentro, che mi mette dubbi. Mi crea disagio. Mi rende difficile restare tranquillo.
C’era una volta una famosa barzelletta sui carabinieri che andavano in giro su una delle vecchie pantere.
Il maresciallo, in curva, chiedeva al brigadiere: «Brigadiere, guardi se la freccia sta funzionando».
E il brigadiere, messa la testa fuori del finestrino, guardando la lampadina gialla posta sul parafango anteriore, rispondeva al superiore: «Ora sì, ora no… ora sì, ora no…», continuando ossessivamente all’infinito.
Anche noi non siamo particolarmente felici della scelta di scendere in campo contro il colonnello.
A nostro avviso tutto questo andava fatto prima, molto prima. Addirittura quando il colonnello – che si crede, come ogni stupido dittatore di questa terra, l’ultimo della fila, ma l’unico in grado di essere eterno: e, come vedete, la storia non insegna un bel nulla – ci buttò, tout court, a calci nel sedere, fuori dalla Libia, più o meno ai tempi di Moro, se non sbagliamo.
Anche noi non siamo particolarmente felici del fatto che l’Italia sia stata fedele baciapiedi del colonnello-caporale delle stravaganze. Per niente.
Ma ci sentiamo ancora una volta a disagio (e lo abbiamo scritto e comunicato anche al blogger del vescovo) non solo dinanzi a questo fatto, bensì pure anche dinanzi al colpevole silenzio del vescovo e delle gerarchie pistoiesi (se non anche universali) dinanzi alla vittoria (taciuta) del crocifisso, o alle vicende, davvero poco chiare, dell’Aias – alle quali il palazzo di via Puccini ha comunque partecipato, non importa a che titolo e non importa con quanto coinvolgimento.
Non può esistere solo la ‘vocina del fanciullino pascoliano’ che si fa viva quando si parla di Gheddafi e che si fa morta quando si parla di crocifisso e/o di Bardelli-Pancaldo.
No. Non può esserci una vocina ora-sì ora-no, ora-sì ora-no, ora-sì ora-no…
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[Domenica 20 marzo 2011]
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