di Lorenzo Cristofani
SAN MOMMÈ. Sabato 23 giugno, all’Hotel Arcobaleno di San Mommè, nell’ambito della
manifestazione “Ecologia e Sapori di Montagna”, si è tenuta la conferenza la
conferenza “Il territorio della
Montagna Pistoiese, una grande risorsa da salvaguardare e valorizzare”.
Ha introdotto e coordinato il dibattito Antonio Sessa, il presidente di
Legambiente, la persona grazie a cui, in questi anni, si è sviluppato il seme
fecondo dell’ambientalismo, del coinvolgimento e della cittadinanza attiva. Una
realtà, per entusiasmo e nel fare squadra, insolita per la città dei crucci e delle contrapposizioni.
Ci sono stati gli
interventi di Sandro Orlandini (CIA), Piero Baronti (Legambiente Toscana),
Alessio Bartolini (Dottore Forestale) e Fabio Zucchi (Legambiente Pistoia).
In questi anni non
solo non si è speso niente per la montagna, in termini monetari e di idee, ma
addirittura si è penalizzato questi territori con scelte scriteriate, come il
rifiuto, a cose fatte, del parco delle Limentre – che avrebbe portato centinaia
e centinaia di migliaia di euro di investimenti – e come l’attuale opera di boicottaggio della ferrovia Porrettana.
Infatti mentre questi
territori si stavano ripopolando, magari per il minor costo delle case e per la
comodità comunque garantita dal servizio ferroviario, sono partiti i tagli dei
treni, il cui vero obiettivo è ritenuto, a detta di alcuni, la chiusura di
quello che già da decenni è considerato dalla Regione Toscana un ramo secco. Il
servizio sostitutivo su bus si commenta da solo: 1 ora e 40 minuti da Pistoia a
Porretta, e nel 2012 non è un gran che. In più i ragazzi che frequentano i
centri estivi montani non hanno più il treno delle 17:20 per tornare in città e
ciò colpisce ulteriormente la filiera dell’accoglienza montana, che in altri
contesti viene decantata a parole.
Heinrich Rot,
presidente regionale della Toscana lo rammenti: nel 2014 alla scadenza del
contratto di gestione delle ferrovie, tra Trenitalia e Regione, e con i nuovi
bandi di gara, le genti di montagna, di Emilia e Toscana, delle proloco e dei
piccoli paesi, non intendono certo essere discriminati.
La Toscana ha 1.100
ettari di bosco, un record nazionale, sfruttati, nell’uso del legname, solo al
40 % mentre in Europa lo sono al 65%. La bio architettura, termine inesistente
sui dizionari fino a 10 anni fa, è veramente innovazione e crescita: chi
l’associa alle baite trentine e alle tettoie, dimentica che gli edifici in
legno sono antisismici e termicamente isolanti, la classe energetica più alta
ed economica. Vengono poi montati e smontati a fine vita, per riciclare le
componenti, non costruiti e demoliti: per cogliere il particolare si faccia
riferimento ai report di Legambiente sui rifiuti inerti da costruzioni, una vera
piaga, per quantità e complessità, nazionale già da anni.
Le Foreste
Casentinesi devono essere un modello per la gestione partecipata delle foreste
e per il prelievo venatorio. Attualmente il sistema di risarcire gli ingenti
danni degli ungulati non risolve il problema a monte ed è oneroso: nella
gestione della fauna selvatica sarebbe meglio coinvolgere le aziende
agricole-forestali, ed eventualmente imitare quel sistema dei recinti e chiuse
di cattura, da cui sviluppare un mattatoio locale, un marchio di filiera e
commercializzare carni di cinghiale certificate sanitariamente. In effetti a
Pistoia, relativamente alla caccia, prevalgono polemiche e disorganizzazione:
c’è un unico ATC (ambito territoriale caccia ), che comprende una provincia non
omogenea, a cui si aggiunge una litigiosità spasmodica tra categorie sul cui
indirizzo e organizzazione l’ente Provincia ha fatto acqua.
Le biomasse
forestali, infine dovrebbero trovare, dentro uno sviluppo locale, di risparmio
e di filiera, la valorizzazione che hanno nei piccoli impianti di produzione di
energia termica (teleriscaldamento) associata a quella di elettricità, elementi
che caratterizzano la Garfagnana. Modello sbagliato quindi quello dei
cogeneratori di Livorno e Val di Cornia che vengono alimentati con olio di
palma di provenienza extracontinentale.
Ultima curiosità: il
muflone e il daino sono specie legate al Mediterraneo e importate
sull’Appennino, potrebbero essere quindi tranquillamente eradicate.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Lunedì 25 giugno 2012 - © Quarrata/news 2012]
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