di LUIGI SCARDIGLI
Jobim, Gershwin, Luttazzi, Arigliano,
Scotti e qualche brano memorabile di Jula De Palma
PISTOIA. Di signora in signora. Sotto il segno dell’eleganza,
anche perché, con Renato Sellani al piano e quel talento, sottile e naturale di
Nico Gori al clarino e al sax, difficile riuscire a sottrarsi. Il microfono è
il suo, di Stefania Scarinzi, un bellezza antica, sensualissima, che ha
sussurrato Jobim, Gershwin, Luttazzi, Arigliano, Scotti e qualche brano
memorabile di Jula De Palma, alla quale, ieri sera, al teatro Bolognini, è
stato dedicato un tributo, onorevolissimo.
Hanno iniziato, i tre artisti,
intonando Tua, brano-scandalo che
irretì, negli anni ‘50, il pubblico e la critica sanremese, tanto che quelli
dell’Ariston, sotto il controllo ecclesiale (certe cose non cambiano, mai),
decisero di censurarlo. Si possono strappare tutti i fiori, ma non si può
fermare la primavera e la signora De Palma continuò a cantare. Quel signore che
siede al piano, animato da un nostalgico senso dell’humor, è Renato Sellani,
che ha imparato a suonare dal maestro Trovajoli ed ha poi insegnato a farlo a
tutti quelli che son venuti dopo; settanta anni di musica, che gli hanno
curvato l’aspetto, ma non certo incrinato il suond, giovane e austero, ricco e
potente, puntuale e ritmico. Dall’altra parte del palcoscenico, Nico Gori, un
altro signore, che bacia sulle labbra la sua compagna nei camerini, le
accarezza il viso e le sussurra qualcosa, lasciandole il sorriso stampato nel
cuore: si capisce, se lo può permettere, di fare promesse; cinguetta con il
clarino come si fa con i richiami ad una incruenta battuta di caccia e si alza
dallo sgabello da dove emette lusinghe irresistibili solo per inchinarsi al
maestro.
Nel mezzo, c’è lei, Stefania Scarinzi,
una voce incantevole, un’eleganza chimica, un’adorabile discrezione: jazz o
bossanova, pop o vocalese fan lo stesso; il suo diaframma è abituato a sbalzi
ritmici ed umorali: arriva lontano la sua voce, mantenendo inalterata la
vibrazione, senza disperdere note, senza distorcere. Mai. Accompagna il suo
groove con impercettibili movimenti del corpo, ritmando il brano a suon di
battiti cardiaci, affidando al cuore le redini della serata.
La vita, del resto, oltre che teatri
pieni roboanti di applausi, le ha riservato le piccole e grandi intemperie che
le tre parche distribuiscono, distrattamente, a chiunque: il dolore dentro è
divenuto energia e la sua eleganza si è ulteriormente raffinata, anche quando
si sente in dovere di sottrarsi dal martirio delle scarpe – rosse - con i
tacchi e decide di restare scalza sul palcoscenico. Il rosso, che non può
mancare, è assicurato da un ciondolo che le danza, silenzioso, tra l’ugola e il
seno.
Se ne è andata così, ieri, la serata al
Bolognini, insonorizzata dalla calca psicotica del sabato. A noi, fortunati
spettatori di questi novanta minuti di rara leggerezza, il compito, arduo,
forse titanico, di rammentare, quando capita, cosa passi ancora il convento
della musica: saremo sicuramente ignorati. E a me, va bene così.
L’eleganza, del resto, è come il
coraggio.
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Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 14 aprile 2013 | 11:16 - © Quarrata/news]
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