«La Procura di Torino ha creato intorno a questa indagine un muro di
negazione» – «Se vuoi riprendere il tuo lavoro devi
rinnegare le tue Idee» – «Spinto dalla mia repulsione dei soprusi, dell’arroganza,
della sopraffazione che mi ha sempre guidato nella vita e nella Militanza»
PISTOIA. Qualche minuto fa è giunto questo lungo intervento
di Antonio Ginetti che parla delle sue disavventure e della sua visione della
vita e del mondo.
Crediamo che sia il caso di pubblicarlo senza alcun intervento né
taglio.
Leggiamolo così com’è. E magari riflettiamoci sopra.
e.b. blogger
Ecco il testo:
In questi primi giorni fuori dalle mura di una casa divenuta carcere,
camminando per le vie della mia piccola cittadina, molti mi fermano e si
complimentano della mia determinazione, della Forza nell’aver portato avanti lo
sciopero della fame per oltre 20 giorni. E della Libertà ritrovata.
Mi necessita rompere il silenzio che mi ero imposto dopo tanto parlare,
per cercare di comprendere, e in questa mia ricerca coinvolgere coloro che mi
hanno supportato, dove abbia attinto la Forza e la determinazione che mi ha permesso
questa azione, oltretutto senza causare danni al mio corpo.
Il signor Caselli, può dire tutto ciò che vuole, ma quando si apre una
indagine, considerato che sussiste la “presunzione d’innocenza” e considerato
che “la giustizia è uguale per tutti” (almeno il Caselli ci dice), dovrebbe
avere un atteggiamento un po’ meno repressivo e punitivo nei confronti di
persone solo indagate.
Il rifiuto totale e assoluto manifestato in questi quattro mesi di
ACCANIMENTO GIUDIZIARIO, ancorché di provvedimenti cautelari, contro persone
sottoposte a indagini, denota che la
Procura di Torino è comandata da teorie ben diverse dalla
ricerca della sola verità.
Dopo sei mesi dai fatti contestati nessuna Procura affermerebbe che sussista
il pericolo di fuga, e non lo può fare neppure quella di Torino.
Quando le prove sono semplicemente alcuni video, e solo questi, già in
possesso della Procura, quale sarebbe il pericolo di “inquinamento delle
prove”?
La reiterazione del reato, considerato che trattasi di Manifestazioni di
opposizione ad un progetto che riguarda una specifica zona territoriale. È
sufficiente impedire il frequentare tale zona agli indagati. E questo ci è
dimostrato anche da diversi provvedimenti che sta prendendo una diversa istanza
del Tribunale di Torino.
Il signor Caselli può affermare tutto ciò che vuole, ma non può negare
che non sussiste alcuno degli elementi che determinano la necessità della
detenzione.
Ma è ovvio che il signor Caselli interpreta la Legge come meglio gli
aggrada, e soprattutto la plasma per i suoi obiettivi.
Di essere garantista è evidente non gli importa assolutamente niente.
Per lo meno per quanto riguarda il Movimento No Tav. Ma questo lo sapevamo già:
ci vogliamo dimenticare di Sole e Baleno? Assolti… ma dopo che li hanno “suicidati”!
Ma si limitasse solo a non essere garantista, ancora si potrebbe
discutere. No! Il signor Caselli e la sua Procura vanno ben oltre. Respingono
ogni richiesta, senza neppure valutare la situazione specifica del soggetto che
la richiede. Non gli serve sapere il motivo per cui una persona, che seppure No
Tav, rimane pur sempre un cittadino di questo paese (di maniche larghe verso
politicanti mafiosi, loro amici e amici degli amici, pardon: siamo garantisti e
sussiste la “presunzione d’innocenza”), che, tuttora, ci dicono garantista.
E non solo, ma ha coinvolto in questa operazione anche l’ ufficio del
GIP.
Il GIP nel suo rigetto alla richiesta dei miei avvocati non si era limitato,
anzi proprio non lo ha fatto, a dare un parere sulla consistenza delle prove che
la Procura
gli ha presentato. Che questo, sarebbe il suo ruolo Istituzionale: valutare le
necessità di misure cautelari o altre forme di controllo in virtù della
consistenza del reato e soprattutto delle prove addotte.
L’Ufficio GIP non si è basato sulla valutazione delle prove, ma si è
sempre poggiato, nei suoi rigetti, al solo fatto che l’indagato, e sottolineo:
ancora indagato, non si sia pentito di “quanto commesso”.
E qui subentra una vera e propria “ILLEGALITÀ’” dell’ufficio GIP: il
voler affermare la colpevolezza dell’indagato, cosa che non è nella sua
competenza istituzionale.
Inoltre la pretesa di un Pentimento, nel momento che si tratta di reati
(presunti!!) legati a delle Opinioni e delle Idee, reati (presumibilmente)
commessi durante una manifestazione per la tutela del territorio.
Si vuole forse dimostrare che in questa Società non vi possono essere
persone che dissentono dal loro Potere? Che la loro repressione deve farci
arretrare dalla nostre IDEE? Si guardi bene! La GIP vuole il Pentimento non di un reato, che solo
il giudice deciderà se veramente commesso, ma dalle proprie Opinioni e Idee. Il
mio e il nostro rifiuto del Pentimento, molto enfatizzato dall’ufficio GIP è
preso, con ILLEGITTIMITÀ, quale motivazione di rigetto di ogni istanza di
alleggerimento dei provvedimenti cautelari o alla stessa richiesta di permessi
per recarsi a lavorare. Se vuoi riprendere il tuo lavoro che ti permette di
mantenere la tua famiglia, devi rinnegare le tue Idee. Mi pare di sentire la GIP.
Inoltre devo anche partire dal triste comportamento della Procura di
Torino che ha enfatizzato il mio (presunto) essere ex-terrorista (dico:
MARCHIATO come ex-terrorista), e su questo, invitare i loro strumenti della
disinformazione ad imbastire una schifosa campagna d’infamità, basata solo sul
fango che a piene mani riescono, solo loro, a tirare in faccia al “mostro”.
Su questa mia MARCHIATURA vorrei riportare una non piccola vicenda, non
tanto per ripulire la mia persona, che di questo non vi è necessità, data la
mia Militanza lunga quarant’anni, e tutta alla luce del sole e basata, e non
cesserò mai di ripetermi, sulla sola e grande FORZA delle IDEE. Ma piuttosto per
chiarire quanto ingiustificato e illegittimo sia stato il comportamento di
Procura e GIP torinesi.
Venni arrestato (una prima volta) il 23 aprile 1981. Dopo un primo
interrogatorio in cui non potevo fare altro che dichiarare la mia Innocenza, ma
soprattutto, in questo frangente, i Sostituti Procuratori della Repubblica sig.
Vigna Pierluigi e sig. Chelazzi Gabriele si dimostrarono per quello che erano, affermando
spudoratamente il falso allorché così si espressero (verbale d’interrogatorio):
“...facendo anche presente che numerose persone imputate di fatti anche assai gravi, hanno reso ampie
e dettagliate dichiarazioni.”
Il 7 luglio successivo vengo interrogato dal Giudice Istruttore (dott.
Vincenzo Tricomi) il quale, il giorno 21 dello stesso mese, firma la “ORDINANZA di SCARCERAZIONE per MANCANZA di
INDIZI”.
In questa Istanza possiamo leggere: “rilevato
che gli elementi a carico di Ginetti sono costituiti dalle dichiarazioni di
Marco Donat Catin, che riferisce genericamente
della sua conoscenza… risalente a diversi anni fa…” (dove sono finite le
“numerose persone”?)
e più oltre: “Questi però per la
loro genericità e indeterminatezza non sono tali da
giustificare
il mantenimento dello stato di carcerazione preventiva.” (dove sono le
”ampie e dettagliate dichiarazioni”?)
Ed ancora: “Nessun altro elemento
circa la concreta partecipazione alla Banda Armata emerge dagli atti non potendosi ritenere prova la generica affermazione
“egli poi faceva parte del gruppo intorno al Gianluca e uscì da P.L. con lui”
in quanto non emerge concretamente la prova che il Ginetti abbia svolto
un qualche ruolo nell’ambito della Banda Armata tale da qualificarne la
partecipazione.”
Come si vede, in un periodo (primi anni 80) di “emergenza nazionale”, un
periodo in cui si svilupparono leggi speciali, in un periodo in cui per
condannare erano sufficienti “generici indizi” e pur mancando alcunché da
“qualificarne la partecipazione”, si condannava solo e solamente per necessità
di “Marchiare” i Militanti.
Nonostante il periodo, ripeto “Speciale”, il Giudice Istruttore comunque
si guarda bene da dare suoi giudizi sui reati imputati e si limita, secondo i
suoi obblighi istituzionali, alla sola valutazione delle prove e se in virtù
delle medesime vi sia la necessità di provvedimenti cautelari.
Cosa che non ha fatto l’Ufficio GIP di Torino, pur essendo in diversa
situazione politica, magari per mandarci a dire che per il Movimento No Tav si
è in “emergenza”. Come dirà più tardi il Ministro della Giustizia: i NO Tav
sono la madre di tutte le preoccupazioni.
Nell’istanza di rigetto in mano al sottoscritto, ma vale per tutti i
miei coindagati, da parte dell’Ufficio del GIP non vi è alcuna valutazione
delle prove presentate. E sostiene il suo rigetto sulla sentenza che
illegittimamente emette; cioè che avrei commesso i reati imputatimi.
Trasformando così il suo parere sulla validità delle prove in vera
condanna e pertanto ritenendosi nel giusto, trasforma e utilizza le misure
cautelari (che in quanto tali devono rispondere a ben precise e definite
esigenze, che come detto sopra non sono mai esistite), in vera e preventiva
pena detentiva.
Da questo utilizzo spregiudicato della Giustizia, da questo ILLEGITTIMO utilizzo
delle misure cautelari, da questo ACCANIMENTO GIUDIZIARIO e REPRESSIVO è nata in
me l’esigenza di non subire passivamente e di voler dare a questa pretesa
Giustizia una qualche, nonché adeguata risposta. Se vogliamo neppure tanto presa
in riflessione, ma piuttosto spintovi da quella mia repulsione dei soprusi,
dell’arroganza, della sopraffazione che mi ha sempre guidato nella vita e nella
Militanza.
Non avevo altro strumento che lo sciopero della fame. La forma più
pacifica e non violenta, almeno se si considera la violenza contro altri, ma
autolesiva, dunque violenta contro se medesimi. Eppure la GIP ha avuto modo di
esprimermi il suo disprezzo pure di questa forma di Lotta, apponendo a questo
un brutto c.d. (cosiddetto). Non perdendo occasione di dimostrarmi/ci il suo
totale disprezzo contro chi esprime dissenso, o chi intenda Lottare e
Resistere.
In una riflessione tranquilla e dopo aver percorso questa esperienza
devo dire che i risultati sono andati ben oltre le mie aspettative, forse anche
perché non ne avevo. Con questo mio piccolo gesto, seppur nella sua modestia e
semplicità, penso (e spero) di aver dato un contribuito al Movimento No Tav.
Ricordando, che non le grandi gesta di pochi, ma il piccolo contributo di
milioni di formiche possono abbattere la Grande Quercia ,
gloria dell’Imperatore.
Antonio
Ginetti
Pistoia 4 giugno 2012-06-04
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[Lunedì 4 giugno 2012 - © Quarrata/news 2012]
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