di Luigi
Scardigli
«Vorrei potermene sbattere di tutto e
di tutti e invece continuo a incazzarmi»
PISTOIA. Buon sangue – blu, blu cobalto – non mente e allora, cosa
avrebbe mai potuto fare Lucrezia Lante Della Rovere? L’attrice!
In questi anni, però, di cinema, teatro e televisione, ad
essere onesti, ha anche dimostrato di non essere una semplice predestinata, anche se a fare la falegnama, come mi ha detto nell’intervista
rilasciata nel pomeriggio, non riesco nemmeno ad immaginarla.
Venerdì sera, però, saremo in parecchi, probabilmente, a
vederla per la prima volta all’opera e dunque a battezzare la sua vis,
visto e considerato che sarà lei, al fianco di Massimo Popolizio e il resto del
cast, a dare il via alla stagione teatrale del Manzoni con l’interpretazione,
in anteprima nazionale, di John Gabriel Borkman, di Ibsen, una tragedia
tristemente attuale.
«Faccio l’attrice e vivo di copioni – racconta e sorride – e
questo è un lavoro che mi interessa. Per questo non mi sono tirata indietro. La
vita, del resto, è un flusso continuo di emozioni, sensazioni, insegnamenti,
prove: fondamentale è essere sempre pronti a cogliere attimi e suggerimenti,
con l’animo di chi ha voglia e bisogno di imparare, mettere a fuoco e poi
riprodurre. Amo questo lavoro perché credo e lo reputo una forma meravigliosa
di artigianato: lo siamo artigiani della parola, degli sguardi, delle emotività,
ma non possiamo sottrarci al compito di costruire; puntelliamo un personaggio
nel quale viviamo il tempo della sua esibizione e poi ci spogliamo per
immedesimarci in un altro. Amo la creatività e paragono il mio lavoro a quello
di un falegname, intento a scolpire nella materia la sua idea, la sua determinazione».
Tra la
Sandrelli, la Deneuve e la De Sio, attrici con le quali hai lavorato, chi ti ha
lasciato i segni più profondi?
«Tutte gli stessi, indistintamente. Torno a ripetere che la
vita, come le emozioni che la tengono in piedi, vada annusata di continuo e che
non ci si possa permettere il lusso di stabilire, a priori, quali siano le
cose, le persone e le situazioni che ci forgeranno: tutto ciò che ci succede
credo vada giustamente analizzato, scorporato e conservato».
Infatti, dopo essere stata guidata dall’incommensurabile
Monicelli, Lucrezia Lante Della Rovere è anche finita su un’isola di quelle che
contano e immagino proprio, vista la risposta, che sia dunque inutile chiederle
anche, chi, tra i suoi uomini, abbia avuto un’impronta maggiore.
‘John Gabriel
Borkman’ è un copione di passaggio… Anche la vita è un periodo transitorio?
«Mi piacerebbe risponderti sì, ma non credo. Sono una laica
razionalmente convinta e coerente; per questo credo che ogni suggerimento
esistenziale vada preso per buono, perché il giorno della fine, sarà la fine
veramente».
L’atea dichiarazione mi scatena l’equazione che Lucrezia
Lante Della Rovere sia una donna di sinistra.
Bersani,
Vendola o Renzi, alle Primarie…?
«Nessuno dei tre. Non andrò alle Primarie del
Centro-sinistra, così come non andrò a votare alle elezioni. Però tengo a
precisare di non appartenere al corposo magma dei menefottisti, quanto a quello, forse meno numeroso, ma non per
questo meno arrabbiato, degli indignati.
In questo Paese si è veramente superata la soglia dell’umana sopportazione, con
un livello di amoralità incalcolabile: vorrei potermene sbattere di tutto e di
tutti, e invece continuo ad incazzarmi. Lo sono così tanto che ho pensato che
la forma più cruda per rappresentare il mio disagio sia tacere, non scegliere,
bypassare. Aspetto che rinasca la politica e i politici e allora riprenderò a
selezionare».
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[Mercoledì 10 ottobre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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