lunedì 29 agosto 2011

MA INSOMMA, FEDERICA, CHI È CHE SPRECA?


PISTOIA. Ieri mattina abbiamo avuto il piacere di leggere questo commento di Paolo Magli su La Nazione:



La crisi si fa sentire. Arriva lentamente come una morsa leggera. Prima si rinuncia ad alcune spese, che si giudicano inutili; poi si riducono alcuni consumi; poi ci imponiamo altre limitazioni. Agli inizi si ha l’illusione che tutto sia come prima, e che questi tagli non producano particolari conseguenze. Anzi li accogliamo come un’occasione per eliminare il superfluo.
Ma con il passare del tempo ci si rende conto che le cose stanno in modo diverso. Questi piccoli cambiamenti incidono gradualmente sulla qualità della vita: impongono un’austerità che per molti era sconosciuta, fanno riemergere in molte famiglie quello spettro della povertà che ritenevano definitivamente sconfitto.
Eppure, nonostante questa situazione la classe politica ancora fatica a mettersi in sintonia con i cittadini. Si continua a protestare contro i tagli imposti dal governo (giusti o ingiusti che siano), che costringerebbero a una riduzione dei servizi, senza mai chiedersi se questi servizi siano davvero utili.
Anzi spesso viene il dubbio che molti servizi siano solo un pretesto per tenere gli organici gonfiati e continuare a spendere come in passato. In un momento di difficoltà generale anche gli enti locali dovrebbero pensare a ridurre le loro spese, eliminando il superfluo, come ormai fanno tante famiglie.

Venerdì 26 scorso avevamo letto, invece, sempre sulla Nazione, questo intervento di Federica Fratoni, sull’abolizione delle Province:

«Le Province sono disposte a fare la loro parte, come del resto hanno sempre fatto, ma che non si continui a illudere la gente con false demagogie al posto dei veri sprechi» afferma Federica Fratoni Presidente della Provincia di Pistoia, presente ieri a Roma alla riunione convocata dall’Upi nazionale con i presidenti delle province a rischio abolizione, per fare il punto della situazione.
«La riorganizzazione del sistema istituzionale, che prevede la soppressione delle province con meno di 300mila abitanti o 3mila chilometri quadri di superficie, non solo adotta un criterio del tutto discutibile per ridisegnare i confini dello stato, senza considerare i territori e le loro peculiarità, ma soprattutto non comporta risparmi.
È scritto nero su bianco nella relazione accompagnatoria alla manovra, a pagina 69».
«Sono i tecnici del Ministero del Tesoro a dirlo, che hanno prospettato addirittura un aumento delle spese. Spese che, come al solito, andranno a cadere sulle spalle dei cittadini, insieme al venire meno di tutta una serie di servizi e la perdita di presidi di riferimento, per la sicurezza, lo sviluppo del territorio e l’economia locale».
«Conti alla mano: eliminando la rappresentanza politica (presidenti, assessori e consiglieri) è meno di 20 milioni di euro il presunto risparmio che si otterrebbe dall’abolizione delle 22 province, soggette per numero e metri quadri alla mannaia del governo. Peccato che nessuno dica agli italiani che i referendum che seguirebbero all’abolizione e le spese per i trasferimenti di uffici ne costerebbero complessivamente molti di più».

Dal che si deduce, senza tanti discorsi filosofici, che la presidente, in buona sostanza, non ama perdere i suoi 75mila euro l’anno di compenso.
Provi a pensare a quanto sarebbe il risparmio – lei che è laureata in economia e commercio – se tutti i provinciali andassero a casa. Tutti. Dirigenti inutili (ma costosi) compresi.

E la finisca di tirare l’acqua al suo personale mulino.

e.b. blogger
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[Lunedì 29 agosto 2011 – © Quarrata/news, 2011]

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