PISTOIA. Pubblichiamo volentieri un comunicato stampa di Daniela Simionato – inviato anche agli organi di stampa strutturati –, ma lo presentiamo nella sua forma integrale, dal momento che ci sembra una buona (tragica) analisi della condizione di questa città in asfissia.
Come giustamente sottolinea la rappresentante della Lega, i guai di Pistoia sono infiniti, specie per la miopia di una classe (?) politica che, in 70 anni di governo, non è riuscita a darsi una mossa, finendo con l’ingessare la città in milioni di divieti, trucchi e trappole attraverso una gestione della cosa pubblica che, oltre a non aprire alla produzione, ha favorito la disincentivazione dell’industria e, neoplasticamente, la proliferazione di una terziarizzazione che sta portando tutti alla fossa.
Insomma: troppa Breda e pubblico e poca produzione.
E una orribile e quasi generalizzata mentalità da piccoli impiegati sempre più poveri.
e.b. blogger
Problemi tanti, prospettive poche
Qualche giorno fa leggevo sulla stampa che la Breda, o quello che ne resterà, aveva suscitato l’interesse della General Electric che poteva candidarsi ad acquirente dell’azienda.
Quelle poche righe mi hanno fatto riflettere. Non ho simpatia per le multinazionali, che considero l’espressione compiuta di un capitalismo selvaggio e genocida. Pensare alla Breda come ad un puntino su una carta geografica mondiale, di un ufficio all’ennesimo piano di un grattacielo popolato da manager multilingua (italiano escluso) offre un’immagine drammatica ma dannatamente probabile del futuro della nostra azienda. In quelle stanze dei bottoni, con una sigla o con un tratto di penna si tagliano centinaia di posti di lavoro, laddove alternative più convenienti si rendano disponibili sul globo terracqueo. Sapeste quanto importa a loro dei presìdi, delle occupazioni e del futuro delle famiglie di chi potrà trovarsi dall’oggi al domani in mezzo ad una strada. Rimettere in sesto un’azienda con trascorsi così disastrati, ammesso che sia possibile, costerà lacrime e sangue ai lavoratori e produrrà un ulteriore impoverimento del nostro territorio.
Da una recente indagine riportata dal “Sole 24 Ore” sulle variazioni dei depositi bancari nelle provincie italiane emerge che a Pistoia negli ultimi quattro anni i risparmi depositati in banca dalle famiglie si son ridotti, in termini reali, del 7,2%, collocando la nostra città all’88mo posto in Italia.
Non incoraggia vedere Prato dietro di noi con un -8,1%.
Vivo a Pistoia da quasi trent’anni e mai avevo visto incombere sulla nostra città lo spettro della miseria. I due più importanti bar storici pistoiesi hanno da poco chiuso i battenti e forti sono i timori che non riapriranno per un lungo periodo. I cartelli di “vendesi/affittasi” si moltiplicano in maniera esponenziale su attività ed abitazioni. Nel commercio al dettaglio, nuove chiusure e licenziamenti sono stati decisi per l’autunno.
Io penso che la prima ragione di questa tragica realtà sia da ricercarsi nel fatto che Pistoia non produce la ricchezza necessaria alla propria sopravvivenza. Una consistente quota delle famiglie pistoiesi vive di stipendi pubblici e/o di pubblico indotto. Poi ci sono dipendenti di banche e assicurazioni, liberi professionisti, medici, commercialisti, avvocati etc. Un terziario sovradimensionato per le necessità di questa città.
Dall’altra parte, quella della produzione, dell’economia “reale”, quella che fa le cose che incorporano capacità, tradizione ed esperienza, se si esclude il vivaismo resta ben poco.
Ho avuto modo di affermare in varie occasioni che il vivaismo è rimasto l’ultimo baluardo della produzione pistoiese, ma per caratteristiche peculiari sia del settore che dell’occupazione generata non è pensabile che possa, da solo, risollevare le sorti della nostra città.
Ricordo che quando, negli anni 80 sono arrivata a Pistoia, esisteva un fiorente settore della biancheria per la casa. Prodotti di grande tradizione che generavano un indotto che arrivava al lavoro a domicilio. Esistevano aziende di abbigliamento per bambini, per uomo e per signora.
Oggi tutto questo è finito per tanti motivi. Responsabilità dei governi centrali che non hanno compreso l’importanza dell’impresa come motore fondamentale del nostro paese. Responsabilità delle amministrazioni locali che non hanno saputo favorire quelle politiche di distretto produttivo improntate ad una prospettiva internazionale. Responsabilità degli imprenditori che hanno lasciato andare la barca finché il vento ha spirato in loro favore per poi arrendersi ad una concorrenza che faceva del prezzo l’unico punto di forza.
Come consigliere comunale di minoranza posso fare ben poco per lenire i malanni che affliggono Pistoia, però come Cassandra, posso anticipare un futuro tragico per la nostra città.
Resta da chiedersi perché chi governa Pistoia continui ad ostentare ottimismo oppure quando proprio non è possibile c’è sempre un Berlusconi fonte di tutti i mali. È vero che bisogna mantenere alto il morale della truppa, ma dire che tutto va bene di fronte a simili evidenze significa vivere su un altro pianeta. Quello dei politici, appunto.
L’unica possibilità per la città, se vogliamo che le future generazioni abbiano ancora radici pistoiesi, sta nella capacità di generare attività che producano ricchezza mettendo a profitto le risorse della città e del territorio. Si badi bene, non bastano le sagre del tortello o le gite all’estero organizzate dai vari “enti di promozione”. Si tratta invece di lavorare tutti insieme ad un progetto ben più ambizioso che generi un terreno favorevole alla nascita di una nuova generazione di imprenditori, liberi da vincoli e condizionamenti, dotati di spirito di iniziativa e di competenze generali e specifiche e con risorse adeguate.
Forse, e dico forse, soltanto così le ricchezze ed i prodotti della nostra terra potranno trovare spazio in un mercato globale e competitivo ma, tutto sommato, che è alla ricerca di quei valori e di quella genuinità che qui da noi sono di casa.
Una sfida epocale che potrebbe veramente essere l’ultima.
Come in un torneo a eliminazione diretta: dentro o fuori.
Daniela Simionato
Capogruppo LegaNordT
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[Sabato 13 agosto 2011 – © Quarrata/news, 2011]
Quel che mi fa sorridere (in senso decisamente ironico) è la natura "progressista" della classe politica pistoiese. Seguo da tempo questo blog e non sono mai intervenuto ma in questo mi sento di dover dire qualcosa. Parlo di esperienze sulla mia pelle: provate a chiedere permessi o autorizzazioni per aprire un'attività o per trasformarne una obsoleta in qualcosa di più moderno. Uno si aspetterebbe entusiasmo e corsie preferenziali per chi, potenzialmente, facendo impresa potrebbe portare posti di lavoro, indotto ecc. Ebbene ci si viene invece a trovare davanti ad un solido muro di gomma che frena e castra ogni entusiasmo o addirittura fa processi alle intenzioni. "Dobbiamo darti questo permesso? Bravo! Così poi anziché fare quel che hai progettato ci speculi vendendo ad un prezzo più alto il..." negozio, il terreno, il fabbricato, scegliete voi. Scontrasi con una mentalità retrograda incapace di comprendere le potenzialità territoriali è snervante. Incapaci d'incentivare iniziative legate ai giovani, incapaci di valorizzare il territorio della provincia che si trova in Toscana! Milioni di persone adorano la Toscana, pagano per viverla e scoprirne i segreti e noi abbiamo un'accoglienza vergognosa, con alberghi vecchi. Parliamo di vivaismo e dei mille vincoli che lo frenano? O del fatto che con la sua storia vecchia di 160 anni non sia mai stato pensato di fare un museo? Molti giovani stanno abbandonando la città perché priva di sbocchi, incapace di offrire lavoro. Adesso cala pure la mannaia della Crisi (lo scrivo maiuscolo per enfatizzarne la gravità) e vorrei sottolineare che i negozi non chiudono solo per questa ma anche per la genialità di chi ha permesso la costruzione di obbrobri commerciali alle porte della città, pensate quante ce ne sono nel raggio di 10 km. Mi fermo qui, con poche speranze di vedere la città riprendersi e con tanto amaro in bocca.
RispondiEliminaComplimenti per il Blog, una vera voce libera che emerge dalla stupidità dei due quotidiani con cronaca locale che da anni contribuiscono a far del male alla città.
Saluti,
Cyber B