Aldo Moro, quando disse “bisogna vivere il tempo che ci è stato dato, con tutte le sue difficoltà”, sono convinto che non pensasse ai calciatori.
Se invece così fosse stato, farebbe bene, oggi, a rivoltarsi nella tomba, perché i nostri sportivi dei tacchetti (ricoperti a peso d’oro) e i loro rappresentanti politici (ricoperti a peso d’oro) non hanno perso l’occasione, nemmeno stavolta, di coprirsi di merda.
Domenica prossima infatti, il tanto atteso inizio del campionato più bello del mondo (a nostro personalissimo e presuntuoso avviso, però, visto che in Europa ci prendono quasi tutti a pallonate) slitterà; la cordata degli onesti lavoratori del pallone infatti, che ha robustamente minacciato lo sciopero per un non trovato accordo su alcuni commi dell’articolo 7, ha trovato comprensione da parte dell’Aran del cuoio che ha così deciso, onde evitare ripercussioni in borsa e tra gli umori di un popolo pallonaro che domenica non saprà come diversamente masturbarsi, di trasformare l’incrocio delle gambe in una deroga, che sarà probabilmente compensata il 21 dicembre, con un turno buono e natalizio.
È vero, per diventare assi del calcio le scuole si frequentano poco e per pochi anni; si leggono libri con il contagocce e ci si accoppia, abitualmente, con piccole star di una televisione che oltre il calcio sa trasmettere poco altro.
Ed è altrettanto vero che il popolo che assiste a questo sport, non certo decoubertianamente, ma con spranghe e moltov, differisce dai propri idoli solo in termini di remunerazione: ed è infatti solito lamentarsi dei repentini rialzi della benzina e delle forniture scolastiche, ma i soldi per andare allo stadio o per abbonarsi ai pacchetti televisivi riesce puntualmente a trovarli.
Visti i tempi, tragici, bisognerebbe intervenire d’autorità e precettare i calciatori, con un diktat senza altre alternative: o giocate domenica, o quest’anno il campionato verrà bandito e voi, eroi/artefici di questo giocattolo, al minimo salariale, ma quello di un cassaintegrato dell’Ilva di Taranto, beninteso.
I calciatori potrebbero anche essere convinti, o quanto meno derubricati; il problema vero è rappresentato dai tifosi; senza il calcio, domenica, ultrà, fedelissimi e vecchie guardie potrebbero trascorrere 90 minuti a pensare, con effetti collaterali sconosciuti e pericolosissimi.
Abbiate pietà, miei cari calciatori, revocate questo sciopero: può scoppiare la rivoluzione!
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[Venerdì 26 agosto 2011 – © Quarrata/news, 2011]
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