lunedì 29 agosto 2011

E FARNE UN LIBRO




Un po’ mi ero sbagliato, ad essere onesto: Barbara Casini non è proprio come la ricordavo.
Sì, certo, il sorriso è quello che mi folgorò venti anni fa al Parterre, a Firenze, come la sua simpatia, immacolata, pura e genuina. Anche la voglia di vivere, non si è affatto sopita. L’unica, piccola, enorme differenza sta nella sua voce: me la ricordavo immensa, profondamente musicale e musicabile, sottile; ieri sera, a Serravalle Jazz, dopo il tributo solitario di Daniele Biagini al piano, solo con i ricordi e gli insegnamenti di Bud Powell, per l’apertura della decima edizione della manifestazione, è arrivata Lei, invitata dall’art director della rassegna, Maurizio Tuci.
Invitata speciale della serata, stella del firmamento del ponte che lega il nostro Paese al Brasile, si è presentata con la sua solita incrollabile discrezione, ha abbassato l’asta per impossessarsi del microfono ed ha iniziato a solfeggiare, raccogliendosi, proprio come è successo venti anni fa, quando ho avuto il piacere di conoscerla, la foltissima chioma corvina tra le mani.
Ma a Serravalle si parla, si suona e si canta jazz; Barbara Casini è profondamente brasiliana, che c’entra?
Tutto, fortunatamente, perché è il suo diaframma, sono le sue corde vocali, la sua disponibilità a mettersi al servizio della causa della musica, che la rendono universalmente piacevole, simmetricamente dotta, musicalmente straordinaria, umanamente replicabile.
Tra i cinque pezzi con i quali si è presentata al folto e attento pubblico, Barbara Casini non poteva certo non mettere almeno un brano del suo repertorio prediletto, quello brasiliano, un piccolo, sincero, intimo omaggio a Jobim, offerto con la grazia di una signora che sembra dover ancora scoprire tutto, nonostante abbia parecchio, se non quasi tutto, da insegnare.
Bisbigliando singulti d’amore, con tutta la tenerezza e la fragilità del dizionario del cuore, quello con il quale ha imparato a verseggiare nelle aule universitarie dell’ateneo padovano e nei numerosi viaggi nella terra verde oro, un mix di conoscenza e caducità che le hanno acuito quell’innato broncio così caro alla nutritissima e colta comitiva della saudade.
«La musica è ancora il timone e la bussola della mia vita – ha detto Barbara Casini, sorridendo, naturalmente, prima di esibirsi –, ma tra un concerto e un altro, tra una rassegna e una registrazione, partirò ancora alla volta del Brasile. E in questa occasione, oltre che cantare a San Paolo e in qualche locale di Rio de Janeiro, inizierò a dare forma e corpo ad una mia vecchia idea: raccogliere le testimonianze di alcuni tra i musicisti più importanti, come Caetano Veloso, Gilberto Gil, Chico Buarque de Hollanda e molti altri e poi farne un libro».
Che leggerò, con la stessa immacolata curiosità con la quale, Barbara Casini, tanti anni fa, seppe leggere i desideri di bellezza ed evasione di chi l’ascoltava, un libro, per fortuna, che né io, né tutti quelli che la conoscono e l’ammirano, hanno finito di sfogliare.

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[Lunedì 29 agosto 2011 – © Quarrata/news, 2011]

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