PISTOIA. Nell’incontro tenutosi il 17 dicembre scorso presso la Confindustria di
Pistoia la Direzione di Radici Yarn ha dichiarato la chiusura definitiva dello
stabilimento di Pistoia anche in conseguenza della mancanza di certezze sulla
possibilità di utilizzo e rifinanziamento della cigs in deroga.
Si conclude
quindi la vertenza che ha interessato 140 lavoratori della Radici e che aveva
previsto, nell’accordo sottoscritto in sede istituzionale e che rappresentava
uno dei rari casi della provincia, la possibilità di un reinsediamento
industriale al posto della storica fabbrica di nylon.
Gli anni
trascorsi con l’utilizzo degli ammortizzatori sociali infatti avrebbero dovuto
consentire il recupero occupazionale seppur parziale dei dipendenti con la
costruzione di una centrale elettrica a gas. Purtroppo, dopo l’approvazione
della valutazione di impatto ambientale da parte della Regione Toscana, le
Amministrazioni del territorio (Provincia e Comune di Pistoia) hanno deciso di
non procedere con le autorizzazioni di loro competenza e quindi di fare svanire
un progetto industriale che comprendeva oltre 80 milioni di investimento e che
avrebbe consentito, oltre al recupero occupazionale, anche possibilità di
ulteriori posti di lavoro nel cantiere in costruzione.
In quella
fase numerosi furono gli interventi a favore di soluzioni alternative alla
costruzione della centrale, anche sostenute dai comitati contro la costruzione
dell’ impianto e da altre associazioni e forze politiche locali, che avrebbero
comunque potuto produrre gli stessi posti di lavoro.
Ricordiamo
infatti come per esempio la Coldiretti, che anche formalmente al Sindaco di
Pistoia aveva manifestato la volontà di assorbire parte del personale nelle
aziende associate, non abbia poi proceduto a collocare nessun lavoratore al
lavoro, nonostante la consegna di circa 40 curricola. Constatiamo oggi, in un
periodo di estrema difficoltà, quanto le promesse di determinate associazioni
siano state solo una cinica scelta per ottenere uno scopo (la bocciatura del
progetto) illudendo nuovamente le persone più deboli coinvolte nella vicenda.
Rimane l’amarezza
per gli oltre 70 lavoratori che saranno licenziati a fine anno, sia per le
opportunità che si potevano creare ma soprattutto per il fatto che ottenere un
posto di lavoro oggi risulta essere quasi impossibile nonostante i numerosi
corsi di formazione effettuati dai lavoratori stessi durante il periodo di
cassa integrazione fra i quali ricordiamo quelli di caldaisti, alimentaristi,
raccolta differenziata etc.
Con la
chiusura della Radici, che è stata la prima di una lunga serie di chiusure di
siti produttivi nella nostra provincia, si perde un pezzo importante della
storia manifatturiera del territorio confermando un processo di
desertificazione industriale in corso che viene vissuto dalla comunità e dalle
istituzione locali come ineludibile ed inarrestabile.
Filctem Cgil, Femca Cisl, Uilcem
Uil, Rsu Radici Yarn
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[Venerdì
20 dicembre 2013 | 18:38 - © Quarrata/news]
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