di LUIGI SCARDIGLI
Ieri sera, 20 dicembre, in rigoroso silenzio e in memoria
dei suicidi da crisi
PISTOIA. La tentazione è quella di voler dare, a questa tribù eterogenea, un nome, una bandiera,
un’identità. Non ne hanno, di quelle che servono a titolare articoli e ad
inserirli in un contesto definito: non sono di destra, né di sinistra, non sono
grillini e non stanno con i nuovi forconi. Rappresentano loro stessi e quella
parte d’Italia, stanca, stufa, praticamente di tutto, ma non ancora avvelenata
al punto da perdere le staffe e trasformare l’indignazione in violenza.
«Vi prego,
non ci attaccate etichette addosso, non ne abbiamo e non ne vogliamo avere –
racconta Marco Poli, che la sparuta, ma motivata, comitiva della fiaccolata che
ieri sera ha silenziosamente percorso le vie del centro pare aver nominato
portavoce ufficiale –. Abbiamo il diritto di indignarci, sentiamo il dovere di
farlo, perché se continuassimo a tacere, finiremmo per essere complici, inermi
e irresponsabili, della deriva che un manigoldo di politici, tutti quelli della
classe dirigente e finta opposizione, che stanno trascinando il Paese e i suoi
cittadini onesti, la stragrande maggioranza, nel baratro».
Sul volantino
distribuito questi giorni in città per reclamizzare l’avvenimento e produrre l’effetto
sensibilizzazione, si legge Una Luce, Una
Speranza…un’Italia, con un gioco di minuscole-maiuscole che non sono
refusi, né distrazioni.
«Ai nostri
cortei, pacifici, silenziosi, civili, vedrete solo e soltanto sventolare la
bandiera tricolore, che è la nostra bandiera e di tutti quelli che hanno a
cuore questo paese: è vero. Ognuno è responsabile di se stesso, non ci sono
linee guida, ma non consentiremo a nessuno di manipolare la nostra protesta.
Solo il tricolore, nessun simbolo, nessuno slogan che possa ricondurre questo
movimento trasversale a qualche altra frangia».
La
fiaccolata di ieri sera l’hanno indetta per ricordare i suicidi di stato,
per colpa dei ladri di stato, contro il regime dei partiti, per il
governo del popolo.
«I
suicidi, ormai, si contano a ritmo quotidiano – aggiunge Marco Poli, un under
40 che lavora in una ditta privata –. Non è esplosa la follia, è implosa la
depressione e qualcuno non riesce a reggere l’urto, la provocazione, l’umiliazione
di vedersi cadere in rovina. C’è un’Italia che lavora e che produce onestamente
che va tutelata: che il nostro grido, muto, ma sintomatico, arrivi fino a Roma
e che tutti, indistintamente, si sentano responsabili del precipizio nel quale
stiamo cadendo».
Con circa
mezz’ora di ritardo rispetto al programma, parte il corteo, da piazza Mazzini.
Al raduno si sono presentati non certo in molti, ma sono quasi tutti
lavoratori, studenti, casalinghe e a quell’ora, le case, le rispettive dimore,
reclamano la raccolta delle famiglie. Quasi tutti, nella mano, hanno un cero,
acceso. Sfilano compostamente verso via Buozzi, giungono in centro e risalgono
fino in piazza del Duomo passando per una delle viuzze che conducono sulla
Sala. Poi, piccolo tratto di via Orafi e piazza del Duomo.
Le luminarie, che campeggiano sulla parete
del Tribunale e che chiedono di venir quanto prima dismesse, stavolta sono
utili: la nostra modesta digitale, senza quel fascio di luce, non sarebbe mai
stata in grado di immortalare il girotondo fisso che inscenano nel bel mezzo
della piazza. Prima e dopo il corteo, oltre ad alcuni vigili urbani che devono,
necessariamente, bloccare il traffico per i minuti che servono al corteo per
transitare, parecchi agenti della Digos.
«Temiamo
che qualche facinoroso sia mosso da cattive intenzioni e voglia destabilizzare
un corteo decisamente civile – dice uno di loro –. Siamo qui onde evitare
qualsiasi spiacevole inconveniente».
Alla
guida della fiaccolata, un pistoiese
con marcato accento tedesco legge una sfilza di nomi e cognomi di uomini
politici condannati: c’è Berlusconi, naturalmente, ma ci sono anche una valanga
di rappresentanti di tutte le altre forze politiche; di destra, di sinistra,
del vecchio e del nuovo centro. Ci sono leghisti e liberali, progressisti e
vecchie faine.
«Siamo
giunti ad un momento di non ritorno – vociferano silenziosamente alcuni di
loro, mentre sfila lento quel corteo
di esistenze apparentemente lisce –. Ci ascolteranno, ci devono
ascoltare e se non ci sentiranno, non alzeremo la voce, ma torneremo a sfilare,
civilmente, nelle vie della città».
Cliccare
sull’immagine per ingrandirla.
Foto di
Luigi Scardigli.
[Sabato 21 dicembre 2013 | 08:46 - © Quarrata/news]
Nessun commento:
Posta un commento
MODERAZIONE DEI COMMENTI
Per evitare l’inserimento di spam e improprie intromissioni, siamo costretti, da oggi 14 febbraio 2013, a introdurre la moderazione dei commenti.
Siamo dispiaciuti per i nostri lettori, ma tutto ciò che scriveranno sarà pubblicato solo dopo una verifica che escluda qualsiasi implicazione di carattere offensivo e penale nei loro interventi.
Grazie.