domenica 22 dicembre 2013

ČECHOV NON SE NE È ACCORTO


di LUIGI SCARDIGLI

Il riadattamento di Woody Neri del Gabbiano non plana

MONSUMMANO. L’operazione non è riuscita perfettamente, tanto che Cechov, di questo dis-adattamento del suo Gabbiano, divenuto per Woody Neri, GabbiaNo, ultimo appuntamento teatrale al Montand di Monsummano per questo 2013, non crediamo se ne sia accorto.

DIVAGAZIONI, DI VAGAZIONI, DIVAG AZIONI, DIVAGA ZIONI

AL MONDO MODERNO manca, fondamentalmente, una scienza unica e indispensabile, cancellata dal dilagare del 68: la filologia.
Per questo nessuno rispetta testi e contesti e nascono opere (???) che sembrano agnelli partoriti da mucche e/o viceversa, o diavoli della Tasmania da uova di papero.
Stessa cosa in politica. Vi pare?
Pensateci…
e.b.
Ma non per la pratica di decontestualizzazione, che ha prodotto una riduzione del numero dei protagonisti rispetto all’opera originaria o alla trasformazione scenografica, che ha fatto diventare il lago una piscinetta di plastica: è mancato l’umore, nero e satirico, e questo è dipeso, unicamente, da chi ha voluto trasportare l’opera fino ai giorni nostri, senza conservane il peso dell’epoca, ma senza riuscire a rivestirla con i panni quotidiani.
Non bastano la playstation, le pinne e quattro riviste tutte uguali a far sorridere, né si capisce molto per quale motivo i protagonisti inizino la rappresentazione come soldatini claustrofobici e finiscano per essere perfettamente inseriti in un contesto decisamente surreale, letteralmente scollegato dalla realtà.
La GabbiaNo che ci illustra il regista, il pesciatino Woody Neri, è un luogo di pena quotidiana nel quale gli uomini finiscono per auto rinchiudersi, riuscendo così a sfuggire alle tentazioni esterne e celebrando, all’interno di un angusto spazio fisico e temporale, la loro esistenza.
Peccato, perché dopo un inizio decisamente ingessato (cose da teatro, che al cinema non si possono scorgere), la macchina dei piani sequenza ingrana progressivamente la sua marcia da crociera e il copione scorre via lieve: gli intrecci morali e semantici delle rispettive passioni dei protagonisti finiscono per ricongiungersi in un nadir qualsiasi e dare alla morale la sua immoralità.
Peccato, perché Woody Neri avrebbe dovuto sfruttare decisamente di più le singole professionalità, specie quelle femminili, e coprire, perché no, con un telo anonimo, i termosifoni del palcoscenico: non c’erano nel Gabbiano e non ci sarebbero dovuti essere nel GabbiaNo. 

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 22 dicembre 2013 | 16:22 - © Quarrata/news]

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