di LUIGI SCARDIGLI
Il riadattamento di Woody Neri del Gabbiano non plana
MONSUMMANO. L’operazione non è riuscita perfettamente, tanto che
Cechov, di questo dis-adattamento del suo Gabbiano,
divenuto per Woody Neri, GabbiaNo,
ultimo appuntamento teatrale al Montand di Monsummano per questo 2013, non
crediamo se ne sia accorto.
DIVAGAZIONI, DI VAGAZIONI, DIVAG AZIONI, DIVAGA ZIONI
AL MONDO MODERNO manca,
fondamentalmente, una scienza unica e indispensabile, cancellata dal dilagare del 68:
la filologia.
Per
questo nessuno rispetta testi e contesti e nascono opere (???) che sembrano
agnelli partoriti da mucche e/o viceversa, o diavoli della Tasmania da uova
di papero.
Stessa
cosa in politica. Vi pare?
Pensateci…
e.b.
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Ma non per la pratica di decontestualizzazione,
che ha prodotto una riduzione del numero dei protagonisti rispetto all’opera
originaria o alla trasformazione scenografica, che ha fatto diventare il lago
una piscinetta di plastica: è mancato l’umore, nero e satirico, e questo è
dipeso, unicamente, da chi ha voluto trasportare l’opera fino ai giorni nostri,
senza conservane il peso dell’epoca, ma senza riuscire a rivestirla con i panni
quotidiani.
Non bastano la playstation, le pinne e
quattro riviste tutte uguali a far sorridere, né si capisce molto per quale
motivo i protagonisti inizino la rappresentazione come soldatini claustrofobici
e finiscano per essere perfettamente inseriti in un contesto decisamente
surreale, letteralmente scollegato dalla realtà.
La GabbiaNo
che ci illustra il regista, il pesciatino Woody Neri, è un luogo di pena
quotidiana nel quale gli uomini finiscono per auto rinchiudersi, riuscendo così
a sfuggire alle tentazioni esterne e celebrando, all’interno di un angusto
spazio fisico e temporale, la loro esistenza.
Peccato, perché dopo un inizio
decisamente ingessato (cose da teatro, che al cinema non si possono scorgere),
la macchina dei piani sequenza ingrana progressivamente la sua marcia da
crociera e il copione scorre via lieve: gli intrecci morali e semantici delle
rispettive passioni dei protagonisti finiscono per ricongiungersi in un nadir qualsiasi e dare alla morale la
sua immoralità.
Peccato, perché Woody Neri avrebbe
dovuto sfruttare decisamente di più le singole professionalità, specie quelle
femminili, e coprire, perché no, con un telo anonimo, i termosifoni del
palcoscenico: non c’erano nel Gabbiano
e non ci sarebbero dovuti essere nel GabbiaNo.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Domenica 22 dicembre 2013 | 16:22 - © Quarrata/news]
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