di LORENZO CRISTOFANI
OSSERVIAMO ancora il caratteristico impianto architettonico della
chiesa di San Giovanni Fuorcivitas ma questa volta da una angolazione
inconsueta, quella che ci permette di ammirare esternamente i grandi finestroni
aperti, in luogo dell’abside, dietro l’altare maggiore.
Come ci mostra il dipinto, c’era, addossata alla fiancata
settentrionale, un’orribile bancherella che vi veniva posta ogni giorno, per la
fabbricazione e la vendita dei cosiddetti “milani”. Quando ci si accorse – dopo
molti anni – che il fumo provocato dal fornello a carbone usato per sfilare lo
zucchero anneriva i candidi marmi del prospetto architettonico – decorativo, la
bancarella fu fatta sloggiare, ma ahimè!, era troppo tardi, come è facile
osservare anche adesso.
Ancora una tavola della rassegna
figurativa Pistoia. Com’era, dove il
maestro Ireneo Biagini cattura e commenta con argute didascalie la città nel primo Novecento. Si trova
prigioniera, come tutte le altre del catalogo, nell’ufficio tecnico del Comune,
in via dei Macelli, per lo più nella trasversale indifferenza dei pistoiesi e
delle istituzioni preposte alla valorizzazione della cultura in senso lato.
Eppure la collezione dei dipinti,
donata al Comune di Pistoia dagli eredi del prof. Biagini, costituisce un patrimonio
collettivo capace di mettere in comunicazione le generazioni di oggi con quelle
di ieri, da reinterpretare e rendere vivo. Inserendolo, come minimo edittale,
in un contesto più opportuno.
Nelle scene dei quadri sono
rappresentati i veri beni comuni di una società, common goods, che, diversamente da oggi, non erano fumose
astrazioni lessicali ma un qualcosa di percepito e autenticamente vissuto da
tutti: le conversazioni nelle piazze, i giochi nei parchi, la partecipazione in
tutti i contesti pubblici, le fonti e i lavatoi, le passeggiate in campagna e
lungo la Brana, i vialetti degli innamorati… Una serie di modi di vivere, in
definitiva, trasparenti al pil, che, pur rappresentando il livello di benessere
e di qualità della vita sono stati inesorabilmente spazzati via dalla mistica
della crescita economica e del prodotto interno lordo. A cui si è aggiunta,
come corollario, la sindrome dell’acquistismo compulsivo indotto da una vera
propria industria del marketing finalizzata alla creazione artificiale del
bisogno e del desiderio. Consumo ergo sum, direbbe Zygmunt Baumann, venuto anche in piazza del Duomo a
cercare di spiegare le contraddizioni di queste logiche fallite e fallimentari
ma così apollineamente salde nell’orientare le scelte dell’individuo e delle
istituzioni.
Oltre ad un sistema di relazioni e
abitudini, capita a volte che anche i contenitori fisici del passato vengano
cancellati da pretestuosi risanamenti o
subiscano la degradazione dell’incuria. Il retro di San Giovanni Fuorcivitas,
su via Crispi, la via dove c’era la sede del Psi, con la storica e preziosa insegna
col garofano barbaramente smantellata pochi anni fa, necessita di un intervento
di manutenzione. Sul marmo si vede e si tocca un’insopportabile muffa e non si
capisce come mai non venga programmato un accurato trattamento di pulizia e
rafforzamento.
Il Comune vi potrebbe provvedere, in
sinergia con le autorità ecclesiastiche e in attesa di qualche privato o di
qualche ente che creda nell’arte e nel turismo e vi investa risorse, almeno
alla mappatura dei manufatti artistici da sistemare.
Oppure potrebbe provvedervi
direttamente la Soprintendenza dell’architetto Valerio Tesi, a cui è stato
chiesto pubblicamente e privatamente di rispondere di numerose deturpazioni di
beni monumentali e artistici locali, ma che ancora non ha detto niente e si è
trincerato nel più assordante silenzio.
Del resto le Soprintendenze sono
organismi pagati con soldi pubblici e dovrebbe perciò essere normale, per tali
enti, fornire un efficace ed efficiente servizio al territorio…
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 22 dicembre 2013 | 17:20 - © Quarrata/news]
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