martedì 15 gennaio 2013

GRILLO AI POLITICI CHE VERRANNO: «SMETTETE DI PARLARE E INIZIATE A FARE QUALCOSA»


di LUIGI SCARDIGLI

«Non so quanti saremo e dove, ma accenderemo le luci, i riflettori e le telecamere e porteremo fuori dalle stanze della politica quello che succede dentro: i ladri agiscono di notte; quando c’è luce, preferiscono non muoversi».

PISTOIA. Non ha rivali, Beppe Grillo; è ancora il più grande, nonostante l’età (65 anni a luglio) incalzi e le disillusioni, chimiche, croniche e circoscritte a questo Paese sempre più piccolo, avanzino inesorabilmente.

E anche oggi pomeriggio, in piazza del Duomo, a Pistoia, il Comico – con la C maiuscola, perché è immenso – genovese, degno erede del maestro Gilberto Govi, ha dato nuovo lustro alla propria vis, incantando la platea, migliaia di persone accorse ad acclamarlo, sostenerlo, tributargli l’àncora della salvezza.
La gente, quella normale, che è la maggior parte della popolazione che è costretta a subire soprusi, furti, angherie, violenze morali e fisiche da parte dei pochi tiranni che detengono il potere, non ne può più; l’unica voce fuori dal coro, che arriva direttamente dalle piazze e non dagli studi televisivi, del resto, è la sua e allora, sotto con Grillo e con il suo Movimento 5 Stelle, un manipolo che cresce con impressionante frequenza geometrica ogni giorno e che corre davvero il rischio di soppiantare, del tutto, il vergognoso assetto sul quale, da circa mezzo secolo, questo agglomerato pseudo urbano alimenta se stesso e i suoi indegni privilegi.
«Non so quanti saremo e dove arriveremo – ha detto il funambolo ligure durante il comizio-spettacolo –, ma sicuramente accenderemo le luci, i riflettori e le telecamere e porteremo fuori dalle stanze della politica quello che succede dentro: i ladri agiscono di notte; quando c’è luce, preferiscono non muoversi».
Grillo – lo ribadisco per quelli con i quali non ho mai parlato negli ultimi dieci anni – sostiene quello che dovrebbe, ancestralmente, appartenere alla politica e a chi decide di farla, i politici: essere al servizio di, essere anello di congiunzione tra la base e i vertici, occupare i vertici, renderli pubblici, in modo che nessuno possa sentirsi autorizzato a fare qualcosa che la base ignori o detesti, essere artefici temporanei e passeggeri di un’idea che non si concluda al nostro mandato, ma che sia fonte di ispirazione e onesta per quelli che ci sostituiranno e che lo faranno dopo due legislature al massimo, non di più, per un servizio che non avrà alcun riconoscimento monetario, ma solo morale di aver fato, fino in fondo, il dovere di chi ha creduto in te.
Succede esattamente il contrario, tanto di qua dal Tevere, quanto sopra l’Adda e il Mincio, come alle falde dell’Etna e del Vesuvio.
Lo ha ribadito anche stasera, il Grillo acclamato come un Messia, più dai giornalisti che non lo facevano scendere dal Camper, per calca, che dal suo popolo, per l’ennesima volta, che il nostro ex Belpaese è ormai alla frutta. L’ovvio di Grillo ha tanto il sapore e il colore dell’uovo di Colombo: così normale che chi di dovere si è sistematicamente dimenticato di osservarlo, conducendo 65 milioni di italiani sull’orlo del baratro. Già aperto e che sta solo aspettando di vedere la salma rotolarci dentro affinché i becchini di turno possano finalmente sigillare la bara e sotterrarla.
Ma il Grillo-pensiero lo conosciamo tutti, nonostante il suo megafono non sia privilegiato da Vespa e Santoro, da Mediaset o dalla Rai, dalle emittenti nazionali più accreditate a quelle con le frequenze più modeste; voglio raccontarvi ancora della sua inarrestabile carica esplosiva, quella di un pensionato che ha ancora voglia di suggerire agli amici un po’ più giovani di lui di aprire gli occhi e guardare con maggior attenzione quello che sta succedendo, con le Banche che si mangiano e si riproducono l’una con l’altra all’ombra e al riparo di una terminologia semplicemente incomprensibile e intraducibile, ma che decreta false crisi e veri indebiti appropri.
Ha parlato un quarto d’ora abbondante con la stampa che lo ha aspettato, giù dal camper, come se avesse pezzi di pane da distribuire agli affamati, e ha ribadito quanto raccontato da vero leader (lo è nel sangue, che lo voglia o meno) ai colleghi, alla piazza osannante; una volta sul palco però ha perso quell’aplomb che gli darebbe solo ragione e non plebisciti e appalusi a scena aperta; e ha indossato i suoi abiti, quelli fatti su misura solo per lui, da onemanshow inimitabile, che ha deciso di rendere parte di quello che ha guadagnato, con pieno merito, quando le piazze lo aspettavano solo per ridere.
E ridere fa ancora, mettendo alla berlina le vittime di turno, che sono, indistintamente, quelli di qua e quelli di là, senza distinzioni di sorta. Ora però, al posto dei personaggi immortalati dalla sua telecamera ai tempi di Te la do io l’America e Te lo do io il Brasile, o di Fantastico 7, la trasmissione che gli valse la cacciata dalla Rai, ci sono quelli con i quali siamo costretti ad imbatterci quotidianamente aspettando di sentire, con le nostre orecchie, pronunciate dalle loro bocche, parole che non siano progetti vacui a lunga e inverificabile distanza.
Ha sei figli, Beppe Grillo: due avuti dalla prima moglie e due dalla seconda, che era a sua volta già madre di due pargoli. Li ha presi tutti e sei, se lo può permettere, del resto e ha provato ad insegnare loro come vivere nel miglior modo possibile: non ci sono istruzioni d’uso paterno; un padre ha solo una possibilità, dare esempi. È quello che chiede Grillo ai politici che verranno, di smettere di parlarne e di iniziare a fare qualcosa. Ha ragione, lo dico perché sono padre.
Ah, dimenticavo. Su questo blog curo la pagine della cultura e degli spettacoli, Beppe Grillo.
Qualora il tuo progetto-idea non dovesse andare a buon fine o esser meno di quello che lasciavi presagire, ti prego, anche se con meno irruenza, torna a ripopolare le piazze e i teatri, a pagamento, anche perché non è da escludere che il Pd, presto, chieda aiuto a Roberto Benigni e se anche lui dovesse iniziare a leggere la Costituzione o recitare a mente la Divina Commedia per qualche deputato in più, siamo nella cacca.
Anzi, nella merda, siamo onesti.

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Foto di Luigi Scardigli.
[Martedì 15 gennaio 2013 | 22:12 - © Quarrata/news]

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