di LUIGI SCARDIGLI
PISTOIA. Ci sono due verità, non scritte, ma difficilmente
opinabili, nella vita: l’onnipotenza dell’amore e la fragilità, che diventa
dabbenaggine, fino alla stoltizia, degli uomini. Questo lo sa benissimo anche
Giuseppe Tornatore, tanto che ha deciso di dedicare, attorno a questo binomio,
la sua ultima pellicola, La migliore offerta, in programmazione, questi
giorni, al multisala Lux di Pistoia. Andatelo a vedere, perché merita, con un
Geoffrey Rush nei panni di Virgil Oldman, uno stimatissimo battitore d’aste che
improvvisamente perde la testa per una fantomatica ereditiera che decide di
consegnargli la stima e la vendita di un’infinità di capolavori custoditi nell’abitazione
dei genitori morti, nel giro di pochi giorni, l’anno precedente.
Un giallo psicologico degno della
miglior cinematografia europea, questo di Tornatore, impreziosito da una
fotografia rapsodica e da un’interpretazione collettiva decisamente eccellente.
Claire Ibetson (Sylvia Hoecks), la
finta ereditiera, è solo un’abilissima truffatrice, che riesce ad intrigare,
fino allo spasmo, l’anziano battitore, fino a quel momento rapito solo e
soltanto dalla bellezza delle donne ritratte sulle tele delle quali si è
impossessato anche con l’aiuto di un vecchio amico complice, Billy Whistler, un
simpatico Donald Sutherland.
Claire –
una falsa agorafobica che scuoterà le stabili ingessate e psicopatiche certezze
dell’anziano battitore, avviato alla professione dai sadici castighi ai quali
era sottoposto, in adolescenza, dalle suore presso le quali studiava – si avvale, in questo ingegnoso raggiro psicologico, della
complicità del giovane Robert (Jim Sturgess).
Il tratto più significativo della
pellicola, comunque, resta quello dipinto attorno alla violenta e inaspettata
improvvisa trasformazione dell’anziano battitore che rinnega e ritratta tutte
le sue cerimonie che lo hanno fino a quel momento contraddistinto al cospetto
di un amore che presume vero, quello di una bellissima giovane donna che saprà
concedersi con parsimoniosa e speculare avarizia quel tanto che basta per
mandare fuori giri la vittima-corteggiatore.
Una profonda e commovente tenerezza che
si esalta e chiude il cerchio, fino alla sua sublimazione, con la scoperta, da
parte del protagonista, del raggiro sofferto e inferto proprio da quella
ristrettissima cerchia di persone che potevano avere contatti e contaminare la
sua riservatissima sfera personale e che raggiunge la stratosfera
cinematografica al suo epilogo, quando l’anziano battitore, prima di impazzire
e finire i suoi giorni in una casa di cura, decide di andare a vivere a Praga,
in una casa che si affaccia sulla piazza dell’Orologio, dove Claire gli ha
accennato, durante le piccole e claustrofobiche confessioni, essere stata in
compagnia dell’unico fidanzato avuto prima del manifestarsi della malattia, un
amore stroncato da una disgrazia avvenuta all’uscita del ristorante Night and
Day, quando una macchina investì ed uccise il suo unico amore.
È lì, in quel ristorante, che Virgil
Oldamn spende i suoi ultimi giorni di lucidità, aspettando seduto ad un tavolo
apparecchiato per due la sua Claire, l’illusione di un amore necessario.
Indispensabile.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 18 gennaio 2013 | 17:42 - © Quarrata/news]
Grande Luigi, ottimo e molto profondo.
RispondiEliminaBarbara