di LUIGI SCARDIGLI
Emozioni e desideri diversi guidati da Sara
Balducci e Romina Breschi al Funaro
PISTOIA. Pensavo che gli ombrelli aperti e disposti parallelamente
sul palco fossero un modo per come rassicurare tutti gli attori che, Se piove ci vuole l’ombrello.
No, non avevano alcun bisogno di essere
tranquillizzati i dodici protagonisti della recita di fine anno andata in
scena, nel pomeriggio, al Funaro,
perché era delle loro emozioni e dei loro desideri che le due registe, Sara
Balducci e Romina Breschi, gradivano si parlasse.
E se ne è parlato. E pianto, anche.
Perché i dodici attori che hanno allegramente, ma non anarchicamente, riempito
la scena sono dodici ragazzi diversamente abili che godono comunque di
proiezioni emotive degne ed abili come le nostre: è solo una questione di
orizzonte, che si allontana se ci incamminiamo in avanti e regredisce se
facciamo un passo indietro.
«Da ottobre a dicembre – racconta Romina Breschi a spettacolo
terminato – ci siamo unicamente preoccupate di eseguire un lavoro laboratoriale,
sul copro, sulla voce, sulle emotività. Da gennaio, sezionando, selezionando e
lavorando sul patrimonio artistico ricevuto, abbiamo iniziato ad operare sul
testo che hanno, in definitiva, scritto loro: abbiamo solo guidato i loro
desideri, li abbiamo scenicamente ordinati, ritmati, musicati, ma sono stati
loro gli artefici, gli iniziatori della trama, che si è avvalsa di immagini
fantastiche, come quelle suggestive di Mary Poppins, un accidente teatrale che
è solo servito per ambientare una scena già ricca, anzi, ricchissima, delle
loro passioni».
«Il rapporto artistico comunque – tiene a precisare Sara
Balducci – è quello che abbiamo privilegiato: se così non fosse, questo lavoro
non avrebbe alcuna ragione d’essere: non è volontariato, non è un’alternativa
farmacologica, ma una vera e propria sezione culturale figlia di abilità
diverse, diverse dalle consuete e ordinarie percezioni».
Abilità diverse. Bisognerebbe
rifletterci un po’ su questa terminologia che non è soltanto il frutto della
totale e indispensabile trasformazione linguistica che intercorre tra la
normodotazione e quell’altra: è la prima volta, ad esempio, da quando seguo il
teatro, che gli attori protagonisti dello spettacolo mi abbiano dato la licenza
di poterli fotografare durante la scena addirittura con l’uso del flash. La
loro concentrazione e la loro tensione non sono certo minori rispetto a quelle
di chiunque altro faccia teatro e spettacoli. Ma loro erano sul palco per
sognare e i desideri viaggiano comunque, in religioso silenzio o in un caos
babelico, con o senza flash.
Quando sono diversi, poi, non ne
parliamo proprio.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 18 maggio 2013 | 20:31 - © Quarrata/news]
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