A cura del Centro Culturale “J. Maritain” – Giovedì 24
maggio 2012 alle 21, Aula Magna del Seminario Vescovile – Il dibattito sarà
introdotto dal professor Franco Cardini dell’Università di Firenze
Oltre
che una generale tendenza verso la modernità, il termine “Modernismo” indica
anche un movimento di rinnovamento interno alla Chiesa, volto a rendere la
riflessione teologica, la pratica dell’esegesi, l’apologetica e lo stesso
comportamento socio-politico più in sintonia con la cultura attuale.
Il
movimento ha la sua origine in terra di Francia. Se i grandi ispiratori sono
Henry Bergson e Maurice Blondel, il manifesto può essere ricondotto al libro
dello storico delle religioni Alfred Loisy L’evangelo
e la chiesa (1902), che ha l’intento dichiarato di trasformare e superare
le categorie neo-tomiste, con cui la Chiesa allora preferibilmente si
presentava, sostituendole con un linguaggio e principi più vicini ai problemi
dell’essere umano moderno.
Tra
i contenuti su cui i modernisti tornano con particolare calore sono da
sottolineare il primato della coscienza, con una forte rivalutazione dell’immanenza
nella comprensione del messaggio religioso, e con un conseguente ridimensionamento
del ruolo delle istituzioni ecclesiastiche; il valore dell’azione o dell’esperienza
pratica, che immette il divenire nel cuore della concezione della divinità
stessa e della religione; la natura dei dogmi, espressione simbolica ed
imperfetta della vera rivelazione; il rigore nell’indagine filologica sulla
Bibbia, che conduce ad un ritorno alle fonti, con la forza creativa e
rivoluzionaria che esse promanano.
La
prima reazione della Chiesa non fu proprio di accogliente apertura. Papa Pio X
espresse a più riprese la sua intolleranza verso il modernismo che culminò con
l’enciclica Pascendi del 16 settembre
1907 contro gli errori filosofici, l’interpretazione del concetto di fede e i
principi della metodologia storico-critica del movimento. Tre anni dopo, il
contrasto si fa ancora più esplicito con la formulazione e l’imposizione del
cosiddetto “giuramento anti-modernistico”. Il modernismo assurgeva a “sintesi
di tutte le eresie”.
Superate
le turbolenze, subentra poi l’immenso potere risanatore dell’interpretazione
storiografica. Fino all’attuale lettura secondo cui le condanne che il
pontefice formulò erano corrette contenutisticamente, ma indirizzate
erroneamente, dato che nessuno degli autori modernisti aveva mai sostenuto le
tesi incriminate.
A
voltare pagina, poi, ci pensò il concilio Vaticano II.
Il
ruolo, le suggestioni, le eredità che il movimento modernista ha lasciato sono,
tuttavia, ancora oggetto di ricerca e discussione. La serata del Maritain
offre, sull’argomento, un’occasione di sintesi e di aggiornamento.
[A.V.]
[comunicato]
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[Lunedì
21 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]
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