di Luigi
Scardigli
È una delle sette vittime – speriamo che il numero dei
decessi si fermi qui – del terremoto che ieri notte, alle prime luci dell’alba,
ha messo sottosopra parte delle province di Modena e Ferrara.
Non è che gli altri sei non meritino il dolore, la commozione
e la solidarietà di tutti, ma Tarik era marocchino e visto che in questo paese
ci si scaglia sempre con troppo facilità, demagogia e un po’ di preoccupante e
strisciante razzismo nei confronti degli extracomunitari – che cosa vorrà dire
mai: di quale comunità parliamo? –, mi
sento in dovere di spendere due parole per la sua memoria.
Tarik Naouch aveva 29 anni. Si era sposato da non molto
tempo e si stava spaccando le ossa per trovare il modo e la maniera per come portare
in Italia, a vivere con lui, anche sua moglie.
Stanotte, quando lo sciame sismico ha parzialmente distrutto
la fabbrica Ursa, specializzata in polistirolo di Ponte Rodoni di Bondeno, dove
lavorava, Tarik non è rimasto sotto le macerie: è riuscito a salvarsi. Ma un
attimo dopo l’apparente fine delle scosse, è immediatamente rientrato in
fabbrica per azionare i sistemi di sicurezza, una precauzione fatale, la sua, perché
una struttura, lesionata dal terremoto di pochi attimi prima, gli è rovinata
addosso.
Non so quale fosse il suo Dio, né se ne avesse uno: io non
ne ho, ma pregherò per lui, perché sia rispettato il suo credo.
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[Lunedì 21 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]
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