AGLIANA. Se c’è un argomento che è destinato a subire gli effetti
della più banale retorica è quello della “lotta alla mafia e la difesa della
legalità”.
Di questo hanno parlato per anni le
amministrazioni più antidemocratiche e antilegalitarie, da Serravalle ad
Agliana, passando per Quarrata.
Eppure, anche oggi, ad Agliana, si è
riproposto il medesimo argomento, rivestito con la più polarizzante dicotomia:
chi non è con noi – contro la mafia e in difesa della legalità – è con la mafia e dunque è un pericoloso asociale.
Le argomentazioni proposte dall’Associazione
Caponnetto erano certamente e univocamente “orientate” nel contesto attuale da
una logica sostenuta dalla tragedia di Brindisi.
Un esempio: la stessa sindaca
Ciampolini ha espresso il suo sdegno, per aver udito che “qualcuno aveva
tentato di catalogare l’episodio come un evento di criminalità o il gesto di un
pazzo scellerato”: a nulla rileva che questa sia l’opinione di tecnici
criminalisti, sollecitati da frenetici e insolenti giornalisti
pseudo-necrofili.
Lo stigma cala immediato, accompagnato
dal più profondo sentimento di giustizialismo schietto, come hanno dimostrato i
cittadini di Brindisi che, senza farsi tante domande, volevano linciare (anzi
evirare d’un sol colpo) il povero elettrotecnico già sciagurato perché
claudicante, e perciò tragicamente equivocato per il presunto criminale
dinamitardo.
I cittadini devono essere delle
“sentinelle di legalità” ha detto il moderatore Domenico Billotta, presentando
“Nonna Betta” (Caponnetto, perché così presentatasi alla platea con un’enfasi
assolutamente friendly e rassicurante, quasi struggente per la sua dimostrata
autentica genuinità di persona meravigliosamente informale e quindi
legalitaria, compagna di vita del mitico giudice).
Chissà cosa avrebbero detto lui,
Falcone e Borsellino, se avessero visto e udito le caramellose note di
autentico populismo riversate sui poveri allievi dell’Istituto Capitini di
Agliana e altri cittadini.
Gli interventi dei cittadini sono stati
interessanti, perché hanno stimolato una riflessione davvero autentica: ma per
“combattere la mafia” dobbiamo avere una collocazione partitica determinata ab
origine? Dobbiamo essere allineati e coperti? O forse, no?
L’intervento del “semplice cittadino”
Romiti ha gettato la platea nel subbuglio emozionale più repentino.
Portando un dossier di estratti delle
cronache locali ha proposto ai responsabili della Fondazione di considerare
attentamente che la Regione Toscana è davvero afflitta dalla mafia, quella che
non spara con la lupara, ma uccide con il silenzio.
Alcuni casi sono davvero esplicativi: l’autovettura
del Comune di Quarrata che è stata usata per fare “campagna elettorale” da
persone di un certo partito – ancora un caso
insoluto; l’incredibile vicenda delle gite madrilene dei sindaci di Serravalle Mochi
e Mungai; la nomina della ex-sindaco Sergio Gori all’assessorato più
improbabile del mondo in quel di San Marcello; il silenzio dell’Amministrazione
aglianese alle richieste di chiarimento legate a denunce provenienti da dam
cittadini, il caso davvero spaventoso della frode alla Comunità Montana.
Romiti ha inoltre ricordato che, non
solo in Lombardia ci sono degli amministratori che hanno presentato dei
comportamenti reticenti, forse favorevoli allo sviluppo della mafia.
Anche qui in Toscana, abbiamo esempi d’autentica
testimonianza, proponibile a diversi livelli. In Regione la giunta
Domenici-Cioni si portava gli uomini di Ligresti a cena nei ristoranti per
parlare dell’urbanizzazione di Sesto Fiorentino e oggi stesso – nella sanità regionale - ci sono stati ben tre arresti
eccellenti; a Pistoia un alto Magistrato ha veduto negata la riconferma al suo delicato
còmpito con inquietanti addebiti di inerzia dell’azione penale; la stessa
Amministrazione di Agliana, propositrice di autentici valori di “legalitarismo”,
non sembra essere indenne da incomprensibili comportamenti che esulano dalla
legalità, primo fra tutti il mantenimento del Comandate della Polizia
Municipale all’incarico conseguito con un concorso che è stato annullato dal Tar.
E dunque, di cosa stiamo parlando?
Il solerte cittadino – che è quello stesso che sta scrivendo questo pezzo – ha consegnato il dossier ai relatori con preghiera di voler
mediare loro nei confronti delle diverse amministrazioni, perché finalmente si
rompa il muro di gomma dei silenzi che hanno impegnato questo Blog a coniare l’espressione
“etica della non risposta”.
Che dire di tutto questo?
Alessandro Romiti
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[Mercoledì 23 maggio 2012 - ©
Quarrata/news 2012]
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