mercoledì 23 maggio 2012

CONTRO LE MAFIE, UNA IRRESISTIBILE ESERCITAZIONE DI RETORICA


AGLIANA. Se c’è un argomento che è destinato a subire gli effetti della più banale retorica è quello della “lotta alla mafia e la difesa della legalità”.
Di questo hanno parlato per anni le amministrazioni più antidemocratiche e antilegalitarie, da Serravalle ad Agliana, passando per Quarrata.
Eppure, anche oggi, ad Agliana, si è riproposto il medesimo argomento, rivestito con la più polarizzante dicotomia: chi non è con noi – contro la mafia e in difesa della legalità – è con la mafia e dunque è un pericoloso asociale.

Le argomentazioni proposte dall’Associazione Caponnetto erano certamente e univocamente “orientate” nel contesto attuale da una logica sostenuta dalla tragedia di Brindisi.
Un esempio: la stessa sindaca Ciampolini ha espresso il suo sdegno, per aver udito che “qualcuno aveva tentato di catalogare l’episodio come un evento di criminalità o il gesto di un pazzo scellerato”: a nulla rileva che questa sia l’opinione di tecnici criminalisti, sollecitati da frenetici e insolenti giornalisti pseudo-necrofili.
Lo stigma cala immediato, accompagnato dal più profondo sentimento di giustizialismo schietto, come hanno dimostrato i cittadini di Brindisi che, senza farsi tante domande, volevano linciare (anzi evirare d’un sol colpo) il povero elettrotecnico già sciagurato perché claudicante, e perciò tragicamente equivocato per il presunto criminale dinamitardo.
I cittadini devono essere delle “sentinelle di legalità” ha detto il moderatore Domenico Billotta, presentando “Nonna Betta” (Caponnetto, perché così presentatasi alla platea con un’enfasi assolutamente friendly e rassicurante, quasi struggente per la sua dimostrata autentica genuinità di persona meravigliosamente informale e quindi legalitaria, compagna di vita del mitico giudice).
Chissà cosa avrebbero detto lui, Falcone e Borsellino, se avessero visto e udito le caramellose note di autentico populismo riversate sui poveri allievi dell’Istituto Capitini di Agliana e altri cittadini.
Gli interventi dei cittadini sono stati interessanti, perché hanno stimolato una riflessione davvero autentica: ma per “combattere la mafia” dobbiamo avere una collocazione partitica determinata ab origine? Dobbiamo essere allineati e coperti? O forse, no?
L’intervento del “semplice cittadino” Romiti ha gettato la platea nel subbuglio emozionale più repentino.
Portando un dossier di estratti delle cronache locali ha proposto ai responsabili della Fondazione di considerare attentamente che la Regione Toscana è davvero afflitta dalla mafia, quella che non spara con la lupara, ma uccide con il silenzio.
Alcuni casi sono davvero esplicativi: l’autovettura del Comune di Quarrata che è stata usata per fare “campagna elettorale” da persone di un certo partito – ancora un caso insoluto; l’incredibile vicenda delle gite madrilene dei sindaci di Serravalle Mochi e Mungai; la nomina della ex-sindaco Sergio Gori all’assessorato più improbabile del mondo in quel di San Marcello; il silenzio dell’Amministrazione aglianese alle richieste di chiarimento legate a denunce provenienti da dam cittadini, il caso davvero spaventoso della frode alla Comunità Montana.
Romiti ha inoltre ricordato che, non solo in Lombardia ci sono degli amministratori che hanno presentato dei comportamenti reticenti, forse favorevoli allo sviluppo della mafia.
Anche qui in Toscana, abbiamo esempi d’autentica testimonianza, proponibile a diversi livelli. In Regione la giunta Domenici-Cioni si portava gli uomini di Ligresti a cena nei ristoranti per parlare dell’urbanizzazione di Sesto Fiorentino e oggi stesso – nella sanità regionale - ci sono stati ben tre arresti eccellenti; a Pistoia un alto Magistrato ha veduto negata la riconferma al suo delicato còmpito con inquietanti addebiti di inerzia dell’azione penale; la stessa Amministrazione di Agliana, propositrice di autentici valori di “legalitarismo”, non sembra essere indenne da incomprensibili comportamenti che esulano dalla legalità, primo fra tutti il mantenimento del Comandate della Polizia Municipale all’incarico conseguito con un concorso che è stato annullato dal Tar.
E dunque, di cosa stiamo parlando?
Il solerte cittadino – che è quello stesso che sta scrivendo questo pezzo – ha consegnato il dossier ai relatori con preghiera di voler mediare loro nei confronti delle diverse amministrazioni, perché finalmente si rompa il muro di gomma dei silenzi che hanno impegnato questo Blog a coniare l’espressione “etica della non risposta”.
Che dire di tutto questo?
Alessandro Romiti
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[Mercoledì 23 maggio 2012 - © Quarrata/news 2012]

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