di LUIGI SCARDIGLI
Domani sera scocca per la 34esima volta
l’ora X – È tutto pronto per una cinque giorni di grande musica
PISTOIA. L’augurio è che stasera, nella prima delle cinque serate
della 34esima edizione del Festival Blues, in piazza del Duomo, qualcuno della
sicurezza non chieda alle migliaia di spettatori, gentilmente quanto si voglia,
di stare seduti.
Perché sarebbe un vero e proprio
paradosso visto e considerato che sul palco ci saranno Ben Harper e Charlie
Musselwhite, una coppia tutto sommato inedita, ma rodata per sangue, a
presentare e portare a spasso in giro per il mondo l’ultima incisione del
chitarrista creolo afro-ebreo, Get Up
(alzati!).
Coppia inedita, ho detto, non tanto per
gli oltre venti anni di differenza che separano i natali dell’uno dall’altro,
quanto per cultura. Ben ha iniziato giovanissimo a suonare perché non avrebbe
potuto fare diversamente: figlio di separati, è cresciuto con i nonni materni,
che gestivano un negozio di strumenti musicali. Un destino segnato, una
piacevole e meravigliosa predestinazione che ha portato Harper a diventare uno
dei rappresentanti più illustri e temuti
della blackmusic, soprattutto sotto un profilo di impegno sociale.
Certo, è un soulman, un bluesman, che
si diverte e diverte anche nel reggae, che si porta nella sacca ematica della
sua discendenza ed è proprio in virtù di questa poliedrica tradizione che Ben
Harper ha deciso di mettersi a collaborare con uno dei più vecchi e meno
inflazionati armonicisti al mondo, un’icona dello strumento a fiato, tanto che
Big Joe Williams, nel bel mezzo delle correnti del Mississipi, lo battezzò alla
pari di Sonny Boy, subito dopo il suo assassinio.
Charlie invece è uno di quelli che ha
suonato per non morire di fame, ma si è andato così impreziosendo che dopo aver
superato indenne i morsi più atroci è diventato un cult, dello strumento. Sì,
suona anche la chitarra, ma è l’armonica a bocca, quella che ho avuto il
piacere di riascoltare giorni fa da Guitar Crusher, a La Degna Tana, a Pistoia, è il suo mezzo di comunicazione
preferito, prediletto, universale, quello che lo distingue e contraddistingue
ovunque, nel mondo.
Il popolo del blues, almeno fino a ieri
in tarda serata, non si è visto; d’accordo, sono le bancarelle e i loro effetti
collaterali più immediati a scatenare l’atmosfera, ma credo che con il
trasformarsi del blues, siano cambiati un po’ anche i suoi fruitori.
Il tempo, del resto, passa: il
Festival, per fortuna, resta!
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Martedì 2 luglio 2013 | 17:21 - © Quarrata/news]
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