di LUIGI SCARDIGLI
Presentato
alla libreria Lo Spazio l’ultimo libro di Achille Occhetto
PISTOIA. È uscito indenne da tutte le fasi dei vari tracolli della
sinistra, Achille Occhetto, un renziano
ante litteram, che nel 1989, a 72 ore dal crollo del muro di Berlino, ebbe il
coraggio di salire su quel treno che le ferrovie
della storia non avrebbero fatto mai più ripassare. Fu lui che a Bologna
pronunciò l’orazione funebre del
Partito comunista italiano, il partito comunista più forte d’Europa, ed è
intorno a quella frase, pronunciata confidenzialmente ad amici giornalisti
durante quelle concitatissime ore, che si snoda e si sviluppa La gioiosa macchina da guerra (Editori
Internazionali Riuniti, 16 euro), il libro presentato in mattinata alla
libreria Lo Spazio, in via dell’Ospizio,
a Pistoia.
Per sapere cosa sia successo in quei giorni, quali furono i
presupposti che obbligarono, più che suggerire, la morte e l’immediata
resurrezione e cosa ne sia soprattutto scaturito, basta aver seguito, nemmeno
tanto attentamente, le vicende quotidiane, prima che politiche, del nostro
Paese ed avere a che fare con un’inflazione figlia di una gestione politica ed
economica scellerata al limite della denuncia. Alberto Guercini, Matteo Grasso
e Francesca Perugi, i tre studenti di Scienze Politiche il primo e di Storia
Contemporanea gli altri, ai quali Sinistra ecologia e libertà, che ha
organizzato l’evento, ha affidato il compito di leggere il libro per poi
intavolare un dibattito, hanno affidato le proprie curiosità speculari alla
storia contemporanea, sì, ma quella trascorsa, quella edita sul volume,
ignorando il futuro, che è quello che ci riguarda. Loro tre, soprattutto.
Perché Occhetto, alla stregua di molti dei suoi colleghi con
i quali ha spartito i momenti più delicati e letali della deriva del pianeta
Italia, i compagni di sinistra e quelli di destra, laici fintamente incalliti e
cattolici dell’occorrenza, è l’incarnazione, tangibile, reale o troppo onerosa del
più grande errore della politica italiana: il vitalizio. A peso d’oro.
Certo, onore allo strappo
della Bolognina, all’inimicizia di D’Alema e Napolitano, all’aver
subodorato che dietro il rapimento e l’omicidio Moro ci siano stati i servizi
segreti deviati, con le maschere dei brigatisti rossi, posizioni rivendicate e
affidate alle stampe nella sua gioiosa macchina da guerra e sbandierate
chirurgicamente in prossimità di consultazioni elettorali, mostruosamente
perdute; ma anche lui, come i suoi nemici giurati e tutti gli intellettuali che
si sono riuniti nei salotti borghesi parlandosi addosso lasciando l’elettorato
in balìa di qualsiasi imbonitore, ha saputo salvarsi dal naufragio. E restare a
galla.
E non su una zattera di fortuna, ma su un panfilo, con il
quale navigherà fino al tramonto.
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Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 19 ottobre 2013 | 18:54 -
© Quarrata/news]
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