di LUIGI SCARDIGLI
Presentato alla libreria Lo Spazio “L’indice
delle distanze”, l’ultima raccolta poetica di Loretto Rafanelli
PISTOIA. Poeti
si nasce. Oltre a poter rivendicare, con pieno diritto, i suoi natali
artistici, Loretto Rafanelli ha anche saputo ridiscutere il proprio crepuscolo suggestivo, trasformando i
suoi versi in una inimmaginabile deframmentazione. Soprattutto per chi conosce
e ricorda i versi precedenti.
È un
altro Loretto Rafanelli, quello de L’indice
delle distanze (Jaca Book, 12 euro), visione affatto metafisica
sottolineata, immediatamente, da uno dei due relatori della presentazione,
Massimo Baldi, che con il maestro Roberto Carifi, ha animato la serata.
«L’indice
delle distanze – racconta l’autore – è anche un verso di una mia poesia, ma è
anche e soprattutto veramente un metro di misurazione universale, metri di
storie dimenticate, dove il minimo comune multiplo sono la sofferenza e la
difficoltà, che diventano poeticamente la cifra della mia raccolta».
Postfato
da Roberto Mussapi (uno dei maggiori esponenti contemporanei), la raccolta è un
contenitore feroce di dolore, raccolto e scavato durante viaggi veri alla
scoperta del malessere, piccoli specchi di luce e vita quotidiana nella quale
si immerge la realtà che cammina, che spera, che aspetta, dalla quale ci
possiamo separare solo virtualmente, ripartendo per le nostre cose e case che
ci riconoscono e ci aspettano, rassicurandoci.
Nel crocevia del nulla
Ha
sguardi ciondolanti nell’indice
di un vuoto
la muraglia esile
che
incalza sulla banchina
lampedusiana.
«Dove
andremo?»,
chiede
Tamin a una guardia che regge
in un
fondo cieco la colonna
di
cadaveri sospesi
al
mare, un’urna che versa
viscere
di sconosciute
etnie.
Sangue freddo che incalza
la storia
e la gente che dice:
«dove
andremo tutti?»,
ora che
l’Europa è un calice
sventrato,
un perduto povero fiato,
un
manto di madri dolenti.
Persone
Devi
pensare all’acqua che turbina
precisa
nel suo corso, che raccoglie
la
brina, il fuoco, il cuore, che lava
le
radure e il fogliame. Devi pensare
alle
cose nel solco del loro solco,
agli
orti delle stagioni morte,
ai
palpiti sfioriti nelle carezze,
ai
giorni che battono i rintocchi.
Allora
dici: persone. E puoi dire
ancora:
persone. E le ombre
che
gravano, le togli
dal
fondo che confonde
il
mare. Un crocevia di sguardi,
un
fragile sentiero ventoso. Indizi.
Ma sui
pozzi limacciosi il malfermo
Pane
devi conversare.
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sull’immagine per ingrandirla.
Foto di
Luigi Scardigli.
[Sabato
12 ottobre 2013 | 20:27 - © Quarrata/news]
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