sabato 12 ottobre 2013

LA POESIA DELLA SOPRAVVIVENZA


di LUIGI SCARDIGLI

Presentato alla libreria Lo Spazio “L’indice delle distanze”, l’ultima raccolta poetica di Loretto Rafanelli

PISTOIA. Poeti si nasce. Oltre a poter rivendicare, con pieno diritto, i suoi natali artistici, Loretto Rafanelli ha anche saputo ridiscutere il proprio crepuscolo suggestivo, trasformando i suoi versi in una inimmaginabile deframmentazione. Soprattutto per chi conosce e ricorda i versi precedenti.
È un altro Loretto Rafanelli, quello de L’indice delle distanze (Jaca Book, 12 euro), visione affatto metafisica sottolineata, immediatamente, da uno dei due relatori della presentazione, Massimo Baldi, che con il maestro Roberto Carifi, ha animato la serata.

«L’indice delle distanze – racconta l’autore – è anche un verso di una mia poesia, ma è anche e soprattutto veramente un metro di misurazione universale, metri di storie dimenticate, dove il minimo comune multiplo sono la sofferenza e la difficoltà, che diventano poeticamente la cifra della mia raccolta».
Postfato da Roberto Mussapi (uno dei maggiori esponenti contemporanei), la raccolta è un contenitore feroce di dolore, raccolto e scavato durante viaggi veri alla scoperta del malessere, piccoli specchi di luce e vita quotidiana nella quale si immerge la realtà che cammina, che spera, che aspetta, dalla quale ci possiamo separare solo virtualmente, ripartendo per le nostre cose e case che ci riconoscono e ci aspettano, rassicurandoci.

Nel crocevia del nulla

Ha sguardi ciondolanti nell’indice
di un vuoto la muraglia esile
che incalza sulla banchina
lampedusiana. «Dove andremo?»,
chiede Tamin a una guardia che regge
in un fondo cieco la colonna
di cadaveri sospesi
al mare, un’urna che versa
viscere di sconosciute
etnie. Sangue freddo che incalza
la storia e la gente che dice:
«dove andremo tutti?»,
ora che l’Europa è un calice
sventrato, un perduto povero fiato,
un manto di madri dolenti.

Persone

Devi pensare all’acqua che turbina
precisa nel suo corso, che raccoglie
la brina, il fuoco, il cuore, che lava
le radure e il fogliame. Devi pensare
alle cose nel solco del loro solco,
agli orti delle stagioni morte,
ai palpiti sfioriti nelle carezze,
ai giorni che battono i rintocchi.
Allora dici: persone. E puoi dire
ancora: persone. E le ombre
che gravano, le togli
dal fondo che confonde
il mare. Un crocevia di sguardi,
un fragile sentiero ventoso. Indizi.
Ma sui pozzi limacciosi il malfermo
Pane devi conversare.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
Foto di Luigi Scardigli.
[Sabato 12 ottobre 2013 | 20:27 - © Quarrata/news]

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