Per l’articolo di oggi vale la stessa
premessa di quello intitolato «Lungo la Bure» (vedi).
Detto questo, vi racconto che stamani
sono andato a Quarrata, dove la terza domenica del mese si tiene un mercato
dell’antiquariato.
È
rimasto un solo banco, quello di un libraio di Firenze che ne ha un altro fisso
in piazza della Libertà.
Sembra che il sindaco abbia promesso di
rivitalizzare il tutto, che è quasi morto da quando hanno chiesto tutte le
abilitazioni, autorizzazioni, visa, certificati e via dicendo, in ordine.
Comunque, il libraio è rimasto. Ho
comprato un opuscolo intitolato «Diavolerie,
magie e incantesimi nella pittura barocca fiorentina» e un «ristretto con tavole», cioè un
compendio, di geografia per insegnanti elementari degli anni 1940, come il
maestro Dino Vailati della saga dei Vallisèra.
Intorno al banco alcuni parlavano dei
due senegalesi ammazzati a Firenze.
Le solite cose.
La gente ragiona per stilemi
sociologici, confortata in ciò da preti e presuli aridi.
Avessero detto, come facevano preti e
suore di una volta, «pregherò per la sua anima».
Niente, solo sociologia.
Uno sciagurato ne uccide altri due e
poi si ammazza. Razzismo, razzismo. Cortei e bande daffori. Fiaccole,
scaldamani, piumini monclair.
Il solito copione. Vi sembra che uno di
questi tanti cortei consolatori abbia cambiato qualcosa? Se ne fanno per ogni
causa: contro la camorra, contro la mafia, contro il razzismo.
Con quale risultato? Zero.
Si butta tutto in sociologia.
Importante è esserci e senza una «più ampia
e pregnante visione sociale» non ci sei proprio.
Ma per piacere!
Sono rassegnato. Ho fatto al computer
tanti rettangolini con su scritto «e chi se
ne frega», li ho stampati e via via li incollerò sugli articoli che recano
autorevoli dichiarazioni.
Lo so, sono un superficiale ma avevo
bisogno di questo piccolo espediente liberatorio.
Autorità d’ogni regno e d’ogni levatura
dichiarate quello che volete, tanto ho le mie etichette; se finiscono, le
ristampo.
Tutto questo è stato provocato da
quanto ho udito la mattina, ma l’idea dei bigliettini mi è venuta al paese
mentre andavo dalla Madonna della Neve alla Pievaccia, dove giocano a golf.
Ero a piedi, con il cane, a piedi pure
lui. La strada attraversa uliveti e quercete. Ci sono anche cipressi «alti e schietti».
L’idea delle etichette anti-retorica mi
ha dato sollievo. Ho camminato un bel po’ e sarebbe andato tutto bene se,
tornato a casa, non avessi acceso il televisore.
Davano il telegiornale.
Arriva Schifani, e passi. Arriva
Casini, e passi pure lui. Ma la manifestazione fiorentina antirazzista, che la
piazza era tutta piena, no, quella no!
Ho fatto in tempo ad appiccicare un’etichetta
anche sul monitor.
Antonio Nardi
[18 dicembre, 2011]
* * *
Dall’assoluto alla retorica sociale
Quando il contenitore è completamente
vuoto e siamo ormai alla consistenza del guscio di cicala, allora si
arriva alla retorica: una forma di cui si vuole fare sostanza, una perfetta e
pura inconsistenza che intende sostituire la persona e l’anima delle persone e
delle anime.
Questo post di Antonio (vedi),
come sempre, colpisce a fondo.
Sono, in buona sostanza, le stesse cose
che ho pensato anch’io.
Anch’io sarò un superficiale, si vede. Asociale
e privo della capacità di capire l’assolutezza della sociologia. Del resto, per
me, l’assoluto è ben altro che le chiacchiere umane.
Di tutta questa faccenda ho fatto appena
tre righe (vedi) e mi sono rifiutato di scrivere qualsiasi altra
considerazione, proprio perché quello che hanno detto tutti è finanche troppo
per essere qualcosa.
Mi sono chiesto se un qualsiasi
che una mattina si alza, ammazza due persone, poi va a mangiare un panino,
ricarica un’arma e riparte per ammazzarne altre, sia un razzista o un folle.
Pensateci bene: è andato – a quel che abbiamo
letto – a mangiare un panino ed è tornato in giro per continuare la sua opera.
Se ne sono dette di tutte. A cominciare
dal fatto che era un silenzioso, un taciturno… E che vuol dire? Lo sono anch’io,
ma non per questo vado in giro a freddare la gente.
Ecco perché Antonio ha ragione.
Troppa sociologia e nient’altro. Fa
male alla salute. Ai cervelli no, perché ce ne sono più pochi in circolazione.
Troppi gusci di cicala in giro. E
frasi fatte senza senso.
Ed ecco in che Italia ci ritroviamo.
e.b. blogger
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[Lunedì 19 dicembre 2011 – ©
Quarrata/news 2011]
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