di Niccolò Lucarelli
Una vasta
panoramica sull’universo degli oggetti – ‘Leila’s Cast Bronze’ ispirato all’operazione
militare condotta su Gaza dall’esercito israeliano fra il dicembre 2008 e il gennaio
2009
PRATO. Ogni oggetto, nella sua più profonda
identità, è una testimonianza del passaggio dell’uomo sulla Terra, e ne
conserva, dopo la sua morte, la memoria. Un oggetto ha a che fare con l’eternità,
è scrigno di passaggi ed esperienze che i posteri possono conoscere proprio
attraverso di esso.
È questo il fil rouge che lega l’esperienza
artistica di Massimo Barzagli, la cui mostra Grandezza
Naturale è visitabile presso il Centro per l’arte contemporanea
Luigi Pecci dal 30 settembre al 2 dicembre 2012. Una rassegna che documenta
venti anni di carriera e di confronto con il mondo dell’arte, con particolare
attenzione alle opere del periodo 2008-2012, un lungo percorso contrassegnato
dall’impronta come mezzo espressivo principale, e che pone l’oggetto al centro
dell’indagine artistica.
Barzagli è un
artista che fa arte non con
ma per l’impronta,
ovvero utilizza un procedimento artistico non come mezzo ma come fine,
applicandolo a tutte le tecniche espressive che l’arte, oggi, ha a
disposizione.
Il titolo della
mostra vuole subito chiarire la natura tecnica delle opere esposte: per creare
un’impronta si manipola lo spazio occupandone una superficie pari, in linea di
massima, a quella dell’oggetto che abbiamo fra le mani. Queste tracce colorate,
ottenute per contatto diretto con la superficie, affrontano la realtà di un
immaginario a noi molto vicino, costituito da fiori, animali, oggetti d’arredo,
persino esseri umani, un immaginario che non necessita di spiegazioni o
mediazioni; un naturalismo, quello di Barzagli, che, contrariamente alle
apparenze, non è scontato, poiché concentra tutta la tensione artistica sul
momento in cui si produce l’impronta, un momento che è una sorta di salto nel
buio, nell’attesa di conoscere cosa apparirà sulla superficie.
L’impronta non è
una tecnica artistica moderna, risale addirittura al Quattrocento, e ha in
Donatello un illustre iniziatore. La modernità di Barzagli sta, da una parte,
nel rapporto con cui si pone nei confronti dell’oggetto, e dall’altra nelle
modalità di rappresentazione alle quali ha aperto il concetto dell’impronta
stessa, che spaziano dalla pittura, alla scultura, alla fotografia.
Impressioni
di fiori su vetro,
(nella foto) è forse l’opera più conosciuta dell’artista, una serie del 1993 oggi
esposta per la prima volta nella sua interezza. Su circa un centinaio di lastre
di vetro, altrettante impronte a olio di fiori, che ci appaiono come tante
nature morte di gusto liberty, che, nella leggerezza dei colori e della
trasparenza del vetro, racchiudono il connubio fra Eros e Tanatos, ovvero fra
la sensualità che i fiori da sempre suggeriscono, e l’idea della caducità
associata non soltanto alla natura, ma anche all’uomo.
L’allestimento,
che riserva a quest’opera un’intera sala, permette al visitatore di godere
appieno la bellezza di quello che può essere definito un giardino virtuale.
Nell’occasione
della mostra, quest’opera entra a far parte della collezione permanente del
Centro Pecci.
Accanto alle
tecniche pittoriche tradizionali, Barzagli utilizza l’impressione luminosa su
carta fotografica, come nella serie Maybe
one night, del 2005. Qui il soggetto è l’interno domestico, ma l’attenzione
è catturata dallo sfondo luminoso, declinato in giallo e in rosso, sul quale le
impronte degli oggetti appaiono in negativo: poltrone, sedie, tavoli,
soprammobili, lampade. Centro focale dell’opera è la tecnica con cui si ottiene
l’impronta, ovvero, in questo caso, l’impressione cromatica riprodotta sulla
carta in seguito all’esposizione alla luce.
Particolarmente
suggestiva l’installazione fotografica Leila’s
Cast Bronze, il cui nome è ispirato a Cast Lead, l’operazione militare condotta su
Gaza dall’esercito israeliano fra il dicembre 2008 e il gennaio 2009. Oggetti
della vita quotidiana che sembrano fluttuare nell’aria a seguito dell’esplosione
di una bomba. Un’opera a suo modo politica, che prende le mosse dal pamphlet Quattro ore a Chatila scritto
da Jean Genet nel 1982, all’indomani di un altro sanguinoso episodio del
conflitto mediorientale. “Punto di fuga” dell’installazione, il calco di due
stivali femminili in bronzo, dai quali il presunto corpo sembra essere stato
strappato via con violenza. Immagine emblematica di una guerra assurda.
Non mancano,
nell’arte di Barzagli, escursioni nel linguaggio del cinema: molto
interessante, un breve video, visibile sullo schermo di un telefono cellulare,
in cui un gatto nero attraversa una strada, come se in realtà stesse
attraversando uno spazio artistico nel quale lascia l’impronta di sé stesso. La corsa, è invece una serie
pittorica, immaginata come una serie di fotogrammi, che “proiettano” la corsa
di una lepre.
Vogliamo
chiudere questa breve recensione spendendo alcune parole sulla serie Philadelphia’s
Rain, realizzata fra il 1990 e il 2010.
Qui, l’artista
si confronta con un soggetto impalpabile, la cui impronta è impossibile
catturare. Emerge quindi l’idea della “menzogna” dell’arte, che ricrea una
realtà in tutto simile a quella effettiva. Barzagli “ferma” le gocce di pioggia
nel momento della loro caduta, per linee verticali, con la tecnica dell’acrilico
su tela.
Grandezza
Naturale è una vasta
panoramica sull’universo degli oggetti, che, con rara sensibilità, l’artista ha
ripensato per noi, indagandone quell’eternità che continuamente ci sfugge, ma
che invece è lì davanti a noi.
Cliccare sull’immagine
per ingrandirla.
[Sabato 29
settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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