di Luigi
Scardigli
Ce ne parla Francesca Viali, responsabile
pistoiese di Nova, l’associazione che si interessa di adozioni
PISTOIA. Weverton è un diciassette brasiliano che vive da 11 anni a
Pistoia, esattamente da quando papà Alessandro e mamma Francesca hanno deciso
di adottarlo.
Da quel giorno, forse uno dei più belli della sua vita,
Francesca, Francesca Viali, bancaria di professione – come il marito – ha
deciso che quell’esperienza non poteva restare appesa solo alle loro emozioni e
per questo si è iscritta all’associazione nazionale Nova (Nuovi Orizzonti per Vivere
l’Adozione), diventandone, nel tempo, responsabile della Sede di Pistoia.
«È un’emozione così grande, adottare un bambino – racconta
Francesca Viali, da una delle stanze delle Sede, in via Buonfanti, dove nel
pomeriggio si è svolta una delle tante feste che i volontari operanti nel
Centro organizzano spesso e volentieri –, che ho creduto
opportuno mettere a disposizione di chiunque la mia esperienza; perché avere un
figlio in adozione è una gioia immensa, ma bisogna lavorare duro e
sistematicamente, senza mai perdere la tenerezza, per guadagnare il diritto di
diventare mamma e papà, a tutti gli effetti».
Tu e
Alessandro quando avete avuto l’onore di fare questa scoperta?
«Molti anni fa: lo ricordo ancora perfettamente. Adottammo
Weverton quando aveva solo sei anni e capite bene cosa abbia voluto dire per
lui arrivare in una casa e in una famiglia come ne aveva solo sentito parlare.
Siamo riusciti a crescerlo con tutte le cure del caso, senza mai tenerlo all’oscuro
di nulla e un giorno nostro figlio, te lo ribadisco, nostro figlio, decise che era
arrivato il momento di regalarci quell’appellativo magico; mamma e papà. Lo ha
fatto consapevolmente, razionalmente, soprattutto perché è un ragazzo davvero
meraviglioso, con un dna delicatissimo, gentile, allegro, solare, che mio
marito ed io abbiamo soltanto saputo proteggere e non disperdere: Weverton
sarebbe stato così caro ovunque fosse cresciuto».
E Nova come
funziona?
«È un’associazione nata nel 1984 per volontà di un gruppo di
genitori adottivi; originariamente, la Sede, era in una traversa di piazza San
Leone, ma da molti anni, almeno da quando ci sono io, è qui in via Buonfanti.
Il nostro modestissimo, ma prezioso, compito, è quello di accompagnare le
coppie nell’iter adottivo, da come riuscire a districarsi tra i meandri legali
per l’adozione alla fase più delicata, ma entusiasmante, dei primi contatti con
l’adottato. Credo di poter dire che adottare un figlio è essere genitori due
volte, perché all’amore naturale, chimico, morale occorre non disgiungere mai
ogni piccolissima attenzione, in eccesso e in difetto».
Non hai paura
che un giorno Weverton decida di tornare dalla sua gente, nella sua terra?
«Assolutamente no, ma non perché non lo farà mai, ma perché
qualsiasi cosa decida di fare Weverton non ci farà mai paura. Anzi. Essere
madre adottiva ed essere madre naturale è esattamente la stessa cosa: i figli
crescono e imboccano la loro strada; sovente non dista molto da quella dei
genitori, altre volte sì, e parecchio. Bene; Weverton farà quello che potrà e
vorrà fare ed io e mio marito cercheremo, da genitori, di aiutarlo. Un giorno,
Weverton, ci chiese dove fossero i suoi genitori e cosa facessero: lo
assicurammo che quando avrebbe voluto, saremmo partiti con lui, a cercarli e
trovarli. Da quel giorno, di questa cosa, non ne ha più parlato. E se dovesse
farlo ancora, partiremo per il Brasile, una terra meravigliosa, la terra di
Weverton…».
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[Sabato 29 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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