venerdì 21 settembre 2012

PISTOIA CELEBRA ANTONIO PACINOTTI

di Andrea Mazzei (*)

PISTOIA. Ricorre quest’anno il centenario della scomparsa di Antonio Pacinotti (17 giugno 1841 – 24 marzo 1912), uno scienziato italiano nato a Pisa e adottato dalla nostra città di Pistoia, che nella seconda metà del’800 ha reso possibile lo sviluppo della “macchina reversibile in corrente continua” grazie alla sua invenzione dell’anello (1).
La “macchina” funzionava sia come generatore in corrente continua che, come motore, alimentando in corrente continua i conduttori dell’indotto, sempre attraverso “spazzole metalliche”; le varie possibilità d’alimentazione del sistema induttore (con dei poli induttori, fissi nello statore della macchina), consentivano una gestione molto flessibile della coppia motrice e della velocità, come motore.

Sicuramente, l’invenzione di Pacinotti ha contribuito in modo importantissimo allo sviluppo delle applicazioni dell’elettricità, in particolar modo per l’industria e nell’ambito dell’automazione.
I motori costruiti secondo i suoi princìpi, hanno permesso lo sviluppo della trazione elettrica ferroviaria che ha sostituito la trazione a vapore in certi casi fin da prima della seconda Guerra Mondiale; anche nell’ambito dei bagni galvanici nell’industria, nella conversione da corrente alternata a corrente continua prima della nascita degli attuali convertitori statici (inverter) e per l’automazione in genere: la macchina reversibile in “corrente continua” è stata una fondamentale applicazione.
Nonostante questi meriti, il centesimo anniversario della sua scomparsa è passato quasi inosservato, fatta eccezione per gli ambienti accademici della sua città natale, Pisa.
Forse si dovrebbe ricordarlo con più gratitudine e anche con l’orgoglio che si deve a un cittadino italiano – adottato dalla nostra città – che ha veramente fatto qualcosa d’importante per la storia dell’umanità intera.
A Pistoia, poche persone conoscono l’esistenza della residenza dello scienziato: “Villa Pacinotti” si trova in località Caloria, sopra l’abitato di Candeglia, in prossimità della nota Pieve di Valdibure ed è oggi curata da un discendente dell’illustre scienziato, il Prof. Gianni Malatesta, che gestisce l’attività di produzione olearia derivata dalla coltivazione del secolare podere annesso alla Villa (vedi).
L’ingresso alla casa di Pacinotti è davvero suggestivo per la presenza degli arredi originali dell’epoca e di alcuni strumenti di laboratorio utilizzati per le sperimentazioni. Oggi è peraltro possibile soggiornare nel riservato e incantevole residence, realizzato nelle case che prima erano dimora dei contadini che coltivavano il podere di proprietà di Pacinotti (vedi).
L’auspicio del curatore e proprietario della casa è che si riesca a trovare un modo che permetta ai cittadini di Pistoia – così come a studiosi o turisti – di poter conoscere i luoghi dove ha vissuto l’illustre scienziato, che permetta il restauro e il mantenimento degli arredi e delle suppellettili presenti nella casa, senza che gli oneri gravino solo sugli attuali proprietari.
«Forse – afferma il prof. Malatesta – basta veramente poco per ricordare degnamente questo grande personaggio, che ha dato così tanto all’intera comunità mondiale. L’attività dello scienziato Pacinotti è stata di grande impulso per lo sviluppo dell’Italia del periodo post-risorgimentale e credo che sia giusto ricordarla ancorché all’epoca sia stata incompresa e soggètta a qualche probabile frode nella distrazione di alcuni brevetti», quella, ad esempio, del brevetto della macchina da parte di un perito francese, Zenòbe Gramme, di cui il professore può illustrare le motivazioni (n.d.r.).
Una targa in marmo – apposta dal Comune di Pistoia nel 1960 sulla facciata della villa – rievoca l’opera dell’onorabile concittadino, raffigurato nelle fotografie d’epoca e presente con i suoi carteggi e con documenti tecnici autobiografici disponibili all’interno della residenza. L’auspicio è quello che il patrimonio non vada perduto e che resti fruibile a chi voglia consultarlo, nel rispetto del luogo e della conservazione del prezioso materiale.

1. L’anello consisteva in un disco di metallo ferromagnetico facente parte del rotore della “macchina” dove i conduttori dell’indotto rotante erano collegati in serie e disposti secondo una sequenza angolare tale per cui funzionando come generatore, e quindi con l’indotto mosso da un motore primo, la “macchina” generava corrente elettrica di fatto raddrizzata, continua, prelevabile attraverso dei contatti striscianti (le “spazzole”).
(*) – Ingegnere elettronico e professore di fisica.

Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Venerdì 21 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]

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