di Luigi
Scardigli
PISTOIA. È ancora profondamente marxista, ma da quando gli hanno
diagnosticato un tumore alle vie biliari, inoperabile, dalla politica attiva si
è dovuto necessariamente allontanare un po’; è tempo di chemio, dal luglio
dello scorso anno, di speranze, di nuove visioni, di diverse percezioni, con la
solita identica convinzione: «Voglio essere cremato e le mie ceneri desidero
che vengano sparse sul Montalbano, dove mio padre combatté da partigiano».
È ancora vivo, comunque, Marco Vettori, ex operaio Breda,
sindacalista convinto che l’amianto fosse cacca e che lo sapessero tutti, i
dirigenti, in fabbrica, quanto male facesse.
Appena appesa la tuta al chiodo ha iniziato la sua lunga
sorda battaglia politica: sempre dalla stessa parte, fino al prestigioso ruolo
della Presidenza del Consiglio comunale di Pistoia. Poi, da quando gli hanno
diagnosticato questa malattia, troppo
avanzata per essere operata e sconfitta, Marco ha dovuto per forza di
cose cambiare le sue abitudini. Il mercoledì, giovedì e venerdì sta a Carrara,
dove gli stanno sperimentando una cura innovativa; oltre alla chemio, quando il
dolore si fa irresistibile, gli somministrano anche morfina e rinasco.
«Mi sono fatto una lista di appuntamenti a breve scadenza –
mi racconta Vettori in piazza del Duomo, dove ci siamo incontrati nel
pomeriggio, e ne ho approfittato subito per scambiare due chiacchiere –. La
prima è a dicembre, quando nostra figlia Valentina discuterà la tesi di laurea
in Scienze della comunicazione».
Quanta paura
ti fa, la morte?
«Abbastanza. Ma ho deciso di non pensarci e ho comunque
deciso di non farmi condizionare. Vivo da tempo alla giornata, ringraziando non
so chi, tutte le sere, che posso coricarmi, con le mie forze e con la mia
coscienza».
Non sarai uno
di quelli che scopre Dio quando la morte inizia a soffiargli sul collo?
«Sono sempre stato un cattocomunista e sono ancora del tutto
convinto che ogni momento storico abbia bisogno dei suoi accadimenti: dalla
rivoluzione d’ottobre alla presa della Bastiglia, compresa la ricerca,
spasmodica e alcune volte timorata, che ogni singolo essere fa del
soprannaturale».
Hai imparato
qualcosa da questa letale precarietà?
«No, a onor del vero. Ho sempre privilegiato i sentimenti
più genuini, autentici: gli amici che non mi hanno mai abbandonato, mia moglie
Saveria che non è mai scesa in corsa, mia figlia che da quando mi è stata
diagnosticata la malattia è diventata impeccabile, ineccepibile, imbattibile».
E i medici
che ti dicono?
«È un ambiente straordinario, quello di Carrara, anche
perché primario e vice primario sono due grandi musicisti e hanno deciso di
mettere a disposizione dei loro pazienti, molti dei quali nelle mie stese
tragiche condizioni, la loro vena artistica. Non solo, perché spesso, nel
reparto, arrivano musicisti di spessore internazionale a deliziare noi pazienti».
Non mi hai
risposto, però, Marco…
«Non mi dicono nulla: chemio per cercare di circoscrivere le
cellule malate e morfina quando il dolore si fa insopportabile. Se dovessi
essere fortunato potrei vivere ancora sei, sette anni e chissà, in questo lasso
di tempo potrebbero trovare quella pillolina che la medicina cerca da anni
capace di trasformare il tumore in un’influenza. Non mi faccio illusioni, per
natura, per ideologia, e vivo con tutta la dignità possibile ed immaginabile».
E tutto il
resto?
«È un gran regalo, Luigi. Sì, sono cambiato anch’io, ma
poco: sono dimagrito un po’ e sono decisamente più stanco di prima. È anche
questione di età, lo so benissimo, ma questa malattia mi ha messo in ginocchio:
non ne ho approfittato per pregare, ma per continuare a credere, questo sì».
Squilla il cellulare. È la moglie Saveria che lo cerca, per
chiedergli come sta e se se la sente di rincasare, da solo, a piedi.
«Non sono solo. Sono con un vecchio amico, un vecchio amico
di tante battaglie: passeggio ancora un po’ in sua compagnia e intanto mi
avvicino a casa: se dovessi avvertire di non farcela, ti chiamo, altrimenti,
aspettami a casa, non dovrei tardare».
Una risposta normalissima, che chiunque altro darebbe alla
propria compagna.
Marco invece lo sa che una di queste volte potrebbe non
riuscire a rispondere al telefono o a rientrare.
Ma chi ha paura muore tutti i giorni, chi non ne ha muore
una volta sola.
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[Sabato 29 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
Caro Marco,
RispondiEliminahai vinto tante battaglie nella tua vita e oggi sei a lottare con la più difficile con il coraggio e la dignità di sempre. Forza Marco ti voglio bene sei un maestro di vita e generosità per me, ma non solo, Pistoia ti vuole bene.
un bacio, Alessandro