di Alessandro Romiti
In tutto
l’iter burocratico sembra che non ci sia cosa che torna – Nessuno ha mai
avvertito la popolazione di non consumare cibi e verdure prodotte nell’àmbito
della ricaduta delle emissioni – La disattesa perizia richiesta dal Procuratore
dottor Raganella
PISTOIA-PIANA. Una delegazione di cittadini del
Comitato per la chiusura dell’inceneritore di Montale, guidata da Giacomo De
Lucia, ha incontrato i vertici di Asl 3, nelle persone dirigenziali di vari
dipartimenti: prevenzione, epidemiologia e ufficio legale.
Argomento dell’incontro
è stata l’emergenza sanitaria consolidata nel territorio della Piana e le
indagini epidemiologiche avviate, ma sùbito stoppate
per questioni burocratiche inossidabili e ineccepibili: tali indagini
epidemiologiche sono da sempre promesse, da tutti richieste ma, nessuno, sa
dire quando saranno concluse.
Ciò non è
successo a Taranto dove, per la drammatica emergenza Ilva, in pochi mesi sono
stati pubblicati inquietanti e drammatici dati epidemiologici dell’Ispo (Istituto
Superiore Prevenzione Oncologica) purtroppo dimostrativi della diretta responsabilità
dell’inquinamento (vedi
1 – vedi 2)
sulla salute di cittadini, indistinti per età, appartenenza politica e stato
sociale.
La delegazione
ha espresso il proprio compiacimento nell’aver ottenuto considerazione e
attenzione che, come ricordato dal responsabile dell’ufficio legale dott. Fini,
è un atto sempre dovuto essendo che i cittadini sono – seppur indirettamente – i “datori” di lavoro: tale condizione è
purtroppo sistematicamente negata dalle amministrazioni proprietarie del Cis,
come dimostrato dal mancato accoglimento della partecipazione dello stesso
Comitato alla sessione straordinaria convocata urgentemente dal sindaco
Scatragli il 27 febbraio scorso e ciò nonostante la richiesta notificata (vedi
allegato 1). Evviva la partecipazione!
Ciò riguardava la
“mai risolta” vicenda di modificazione sostanziale all’Aia (Autorizzazione Integrata
Ambientale) denunciata dallo stesso comitato e sfociata in una surrettizia e
faziosa dichiarazione congiunta di Asl e Arpat, di alto contenuto politico, vuota
di ogni soddisfazione di carattere argomentativo (vedi).
Non meno severa la sindaca Ciampolini, altra paladina della “democrazia
partecipata” che recentemente ha inoltrato alla Provincia le osservazioni al
“piano dei rifiuti” che – senza dubbio alcuno – andrà a ipotecare la sua
carriera politica nel Pd.
Il tavolo era composto
dai dirigenti di Usl 3, Pietro Gabbrielli (veterinario), Roberto Biagini, Wanda
Wanderlingh (medici), Simone Fini (avvocato) e Maurizio Rapanà (epidemiologo).
Il Comitato – rappresentato
da Giacomo De Lucia, Settimio Sorbi, Angela Canelli, Maria Crabu e chi scrive – ha esordito richiamando l’attenzione
sulla paradossale vicenda esplosa a Taranto, sfociata in questi giorni in una
indegna e clamorosa polemica con strascichi di querele tra gli ambientalisti e
il Ministro, e così proponendo una drammatica riflessione/considerazione: in
quale paese si vive, se i cittadini devono attendere l’intervento della
Magistratura per la tutela della Salute? (vedi
1 – vedi 2).
Il Comitato ha
predisposto un dossier con documenti che sono stati oggetto di contestazione
per il metodo adottato dalle autorità sanitarie tutte sulle verifiche dei
parametri ambientali sottesi alla vicenda dell’inquinamento della piana e, tra
i vari punti, non poteva mancare la vicenda dell’inquinamento accertato sul
pollame da cortile e sulla ricaduta nella catena alimentare.
Ma il documento
davvero dirimente è stata la nota con le osservazioni della Ciampolini sul Piano
Interprovinciale Rifiuti, osservazioni che dimostrano la clamorosa sottovalutazione
delle minacce portate dall’impianto: il sindaco non parla mai in modo
categorico della sofferenza dei suoi concittadini per le polveri fini che incombono
nella intera piana e si propone solo di lamentare l’indisponibilità di “... tutti gli studi relativi all’indagine
ambientale e sanitaria ... dal 2008 ad oggi” (vedi allegato 2 ). Edotti
della effettiva pressione sussistente sull’argomento, i vertici Asl hanno
assicurato il loro massimo impegno alla prosecuzione più sollecita dell’indagine.
La notizia che
ha davvero creato un certo imbarazzo tra i dirigenti Asl, è stata la
presentazione di un autorevole documento, redatto per disposizione della
Procura della Repubblica di Pistoia dall’epidemiologa Elisabetta Chellini (vedi)
nel quale (vedi allegato 3), la studiosa precisa delle necessità e degli obblighi
nient’affatto discrezionali, che sono rispettati ovunque da parte delle
autorità sanitarie dei territori dove sono dislocati impianti di incenerimento,
meno che a Montale.
Alla pagina 42
della perizia redatta, la studiosa specifica che: “...l’esposizione a diossine avviene solitamente per ingestione di
prodotti alimentari contaminati ma eventuali emissioni di diossine dagli
impianti di incenerimento rifiuti è improbabile che possano entrare nel ciclo
alimentare della popolazione residente nelle vicinanze di tali impianti, solitamente allertate a non consumare cibo
prodotto in loco”.
Orbene, l’espressione
“solitamente allertate” è dimostrativa
di una consuetudine, specificata da un’esperta e inserita in un documento
solenne, perché “giudiziario” per il quale le autorità sanitarie, cioè i
sindaci della Piana, avrebbero dovuto ottemperare alla diffida dei cittadini tutti,
dal “consumare cibo prodotto in loco”.
Il periodo, è cifrato nero su bianco: non ammette equivoci o interpretazioni.
Forse a qualcuno
risulta che i pensionati che curano le loro galline o il loro orticelli nei
comuni di Agliana, Quarrata, Montale, Prato Montemurlo e Pistoia, sono stati
diffidati dal “non consumare cibo prodotto in loco”? La domanda è forse retorica,
ma deve essere posta così all’analisi diretta e impietosa per la pretesa
necessità di chiarezza e comprensione.
E dunque “chi”
doveva/dovrebbe fare “cosa”?
I cittadini,
sono stati tenuti scientemente o distrattamente all’oscuro della minaccia data
dall’incenerimento di rifiuti: perché?
Dalla lettura
del documento sembra emergere una carenza di informazione per il potenziale (oggi
però dimostrato dagli stessi atti di Asl 3, pubblicato il 2-3 dicembre scorsi)
inquinamento territoriale causato dall’inceneritore e pervicacemente negato da
tutti i sindaci, Montemurlo incluso. A quali competenze devono rivolgersi i
cittadini indifesi?
Potrà l’Ispo
intervenire prima che gli effetti dell’inquinamento siano causa di un aggravamento
della mortalità per malattie tumorali? Dobbiamo rivolgersi e confidare al
Ministero dell’Ambiente o della Salute –
vedi vicenda dell’Ilva – con
delle posizioni dialettiche quantomeno incomprensibili e per certi versi
paradossali?
Il Comitato, si
riserva di richiedere un altro incontro, auspicando un chiarimento sull’increscioso
quanto rilevante punto oggetto della pesante, quanto sostanziale contestazione,
e confida in una necessaria sollecitazione per la chiusura delle indagini
epidemiologiche sulla popolazione.
La riunione è
stata registrata. Il file audio è scaricabile dal seguente link www.romitilegno.it/doc.
Cliccare sull’immagine per ingrandirla.
[Domenica 23 settembre 2012 - © Quarrata/news 2012]
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